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            | Punto diplomatico. Si entra nelle due settimane 
        decisive 
 Giorni contati. Secondo il settimanale italiano L’Espresso, i giorni 
        contati sono quelli della pace. Secondo noi, sono quelli di Saddam. Sul 
        sottile distinguo che separa la teoria euro-continentale (Francia e 
        Germania) di conservazione dello statu quo nel Medio Oriente dal 
        progetto americano di ridisegnarne i confini politico-istituzionali 
        proprio a partire dall’Irak, si gioca l’ultima offensiva diplomatica 
        della Casa Bianca alla vigilia della nuova riunione del Consiglio di 
        sicurezza dell’Onu. Da New York a New York, da Hans Blix ad Hans Blix. 
        Dopo quindici, intensissimi giorni di missioni diplomatiche che hanno 
        coinvolto i leader di tutto il mondo, il pallino della crisi è ritornato 
        al palazzo di vetro. Blix ha consegnato in anticipo rispetto ai tempi 
        previsti (28 febbraio) il nuovo rapporto degli ispettori: ancora una 
        volta una relazione interlocutoria, nella quale si riconosce che Saddam 
        non ha sinora preso la "fondamentale decisione" di disarmarsi, ma che 
        bisogna tenere conto che le ispezioni sono riprese a novembre dopo anni 
        di interruzione. Forse, secondo Blix, non è giunto il momento di 
        chiudere la porta.
 
 Il rapporto sarà presentato da Kofi Annan al Consiglio di sicurezza 
        entro sabato 1 marzo. Giornata decisiva anche per poter valutare la 
        prima promessa di Saddam: distruggere i missili fuorilegge ritrovati 
        dagli ispettori nelle scorse visite che, secondo il vice iracheno Tareq 
        Aziz, sarebbero strumenti vecchi e ormai privi di alcun valore 
        strategico. Se le autorità di Bagdad tergiversassero ancora, la buona 
        fede che il capo degli ispettori vuole riconoscere per un altro po’ di 
        tempo al dittatore potrebbe vacillare. Il dibattito sul rapporto è 
        previsto per il 7 marzo. Siamo dunque entrati nella settimana decisiva 
        per le sorti del conflitto (e, come è già avvenuto nei precedenti 
        quindici giorni, Ideazione.com aggiornerà il punto diplomatico – e 
        quello militare - ogni qual volta eventi straordinari lo imporranno). 
        Chi considera la metà del mese di marzo come la probabile data per 
        l’avvio dell’attacco all’Irak valuta esattamente questo percorso: nella 
        prima settimana del mese sarà completata l’attività diplomatica; nella 
        seconda lo spazio sarà solo per il completamento del dispositivo 
        militare. Poi l’attacco.
 
 In questi giorni il centro dell’interesse diplomatico sarà, comunque, il 
        Consiglio di sicurezza dell’Onu. Le trattative, a tutti i livelli, sono 
        frenetiche. Le voci che si rincorrono sono le più disparate. Si sono 
        ormai ufficialmente consolidate due linee: quella anglo-americana, con 
        il supporto della Spagna, stretta attorno alla bozza di una seconda 
        risoluzione che dia il via libera all’azione militare. E quella 
        franco-russo-tedesca coalizzata attorno a un memorandum depositato 
        all’Onu nei giorni scorsi che enfatizza l’obiettivo del disarmo di 
        Saddam da raggiungere con un’intensificazione delle ispezioni. Le 
        posizioni in seno al Consiglio sono però ancora aperte. Da un lato i 5 
        membri permanenti (Usa, Gran Bretagna, Russia, Francia e Cina) che 
        possono utilizzare il diritto di veto, dall’altro gli 8 membri 
        temporanei (Spagna e Germania per l’Europa, Angola, Camerun e Guinea per 
        l’Africa, Messico e Cile per il Sud America e Pakistan per l’Asia) 
        oggetto di forti pressioni da parte delle due fazioni.
 
 Tutti trattano con tutti, anche trasversalmente. Indiscrezioni (non 
        confermate dagli interessati) rivelano che la stessa Francia, da un lato 
        lavorerebbe per rafforzare l’asse anti-guerra (come testimoniato dalla 
        convocazione a Parigi dei capi di governo dell’Africa francofona, 
        oggetto anche di qualche imbarazzo per il presidente Chirac), dall’altro 
        starebbe mercanteggiando con gli Usa i contratti per lo sfruttamento 
        delle risorse petrolifere dell’Irak postbellico. Ogni indiscrezione 
        nasce e muore nei corridoi del palazzo di vetro dell’Onu, mai come in 
        questi giorni tanto simile a una casba araba dove si promette, si 
        stipula, si stringono mani pronti però ad ascoltare le offerte del 
        prossimo interlocutore. Una situazione dalla quale la Casa Bianca 
        vorrebbe uscire: una seconda risoluzione dell’Onu – hanno dichiarato i 
        portavoce di Bush – non è comunque necessaria. L’America e i suoi 
        alleati sono pronti ad agire comunque. L’unica cosa che spaventa più di 
        una guerra è la conservazione dello statu quo. (p.men.)
 
 28 febbraio 2003
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