Cecenia. Elezioni sotto il segno del Cremlino
di Stefano Caliciuri
I rappresentanti delle Organizzazioni non governative della Cecenia hanno dichiarato che boicotteranno le elezioni presidenziali previste per il prossimo 5 ottobre: non presenzieranno quindi come osservatori alla tornata elettorale e chiederanno alle organizzazioni internazionali di fare altrettanto. Alla base della decisione, la convinzione che le forze governative russe abbiano sottoposto ad una pesante censura numerosi dipartimenti amministrativi regionali, oltre alla vasta campagna di violazioni e minacce perpetrata nel paese ai danni dell'opposizione. L’obiettivo è favorire la vittoria dell'attuale capo del governo, Akhmad Kadyrov, di orientamento filo-russo e molto vicino al presidente Vladimr Putin. L'azione più clamorosa è stata sicuramente l’allontanamento di Dislan Gantamirov, l’ex ministro della comunicazione che godeva di grande notorietà nella repubblica indipendentista, e la quasi contemporanea chiusura di una rete televisiva e radiofonica indipendente che trasmetteva da Grozny, creata nello scorso mese di marzo sempre da Gantamirov. Dopo aver fatto irruzione nell’edificio, le forze di sicurezza hanno fatto uscire i dipendenti e sequestrato tutte le apparecchiature contenute in redazione. Anche altri otto quotidiani locali hanno dovuto subire il medesimo trattamento.
Il nuovo presidente eletto avrà l’impegnativo compito di riprendere il dialogo con il governo centrale russo e proprio per questo motivo dalla piazza Rossa giungerebbero costanti e precisi appelli a sostegno di Kadyrov. Per non correre il rischio di una clamorosa sconfitta, l’appoggio governativo è stato pressoché totale, come gli stessi osservatori internazionali hanno più volte rimarcato. Tutto questo, naturalmente, senza contare il manifestarsi di alcune coincidenze dai più definite “strane”, avvenute proprio all’approssimarsi del voto. Episodi sicuramente non consueti per un appuntamento elettorale annunciato come libero e democratico: il direttore della maggiore agenzia russa di sondaggi in Cecenia si è dimesso perché “stanco di subire orientamenti politici od ideologici”; il maggiore candidato dell’opposizione, Aslambek Aslakhanov, si è ritirato dalla competizione perché chiamato a far parte dello staff di consulenza del partito di governo russo; al più ricco imprenditore ceceno, Malik Saidullaiev, è stata vietata la candidatura perché accusato di aver presentato delle firme false; Hussein Dzhabrahilov, importante uomo d’affari, ha ritirato improvvisamente la propria disponibilità in seguito ad una convocazione “urgente” al Cremlino. Inoltre. dopo il voto parlamentare e a poco meno di un mese dalle elezioni, il presidente in carica Aslan Maskadov è stato esautorato dalle sue funzioni ma il governo ceceno lo riconosce ancora. I guerriglieri indipendentisti, infine, ma anche alcune organizzazioni umanitarie russe e la Human Right Watch, hanno dichiarato “illegittima” la data del 5 ottobre, invitando l’Europa a non riconoscerne i risultati.
In sostanza, l’unico candidato “accettato e rispettato” è il filo-putiniano Akhmad Kadyrov. Ad oggi, neppure gli stessi ceceni sanno quando e per chi dovrebbero votare. Tra la popolazione civile cresce nel contempo la paura (anche se per qualcuno può essere intesa come una speranza) di un deciso intervento risolutore della guerriglia indipendentista che potrebbe preludere a un violento ritorno alle armi dell’armata russa.
26 settembre 2003
stefano.caliciuri.est@esteri.it
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