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              Teatro. L’omaggio al tango di Haberdi Myriam D’Ambrosio
 
 Occhi scuri come carbone, agitati, perplessi, lucidi, feriti. 
              Pronti alla battaglia e vogliosi di quiete. Vitalità, ricerca di 
              pace e nostalgia del perduto sono espressi dalla fusione della 
              parola nuda, del canto e della musica. Mentre gli occhi tradiscono 
              emozione e creano da soli il loro gioco di luce. Alessandro Haber 
              in “Tango d’amore e di coltelli” è l’incarnazione del tango. “E’ 
              una musica che mi assomiglia, malinconica, irregolare, con una 
              carica sensuale fortissima – ammette l’attore – lo status quo per 
              me è il tramonto”. Il momento in cui il sole si allontana 
              determina la nostalgia feroce del giorno e l’incontro con la 
              notte, tregua temporanea. Il tango è anche questo e la 
              “tanghedia”, prodotta dall’Archivolto di Genova per la regia di 
              Giorgio Gallione che ama le messe in scena dove suono e parola si 
              abbracciano, esprime “patos e ironia, voglia di riscatto di un 
              popolo di emigranti che difende la propria dignità”, aggiunge 
              Haber. I testi proposti di Jorge Luis Borges e di Horacio Ferrer 
              sono accompagnati dalla musica di Astor Piazzolla suonata dalla 
              Banda del Barrio, composta da cinque elementi: Gianvito Pulzone 
              (chitarra), Giovanna D’Amato (violoncello), Salvatore Gebbia 
              (pianoforte), Giuseppe Pascucci (violino) e Maurizio Chiantone 
              (contrabbasso). Cinque musicisti provenienti da ambiti artistici 
              dove la contaminazione tra musica classica, jazz, popolare, 
              etnica, è esperimento costante. Gli arrangiamenti sono di 
              Gianvincenzo Cresta e Jean Claude Asquiè crea il suggestivo gioco 
              di luci e ombre sul fondale del palcoscenico che incide 
              sull’impatto emotivo. La voce di Alessandro Haber passa dalla 
              narrazione al canto.
 
 “E’ il terzo anno che giriamo con questo spettacolo – racconta – 
              abbiamo toccato prima la provincia, ora tocca alle grandi città. 
              Ricordo quando, circa quattro anni fa, Gianvito Pulzone, il 
              chitarrista della Banda del Barrio, mi propose questo omaggio al 
              tango, alla passionalità che ne deriva, fatta di tradimenti, 
              amore, perdita, lontananza dalla terra d’origine”. Troppo spesso 
              questa danza a due argentina è stata ridotta esclusivamente a 
              simbolo di un rapporto a due, conflittuale, impossibile, 
              maledetto. Il tango può essere anche gioco erotico di coppia, ma 
              nasconde una lacerazione più profonda che va oltre la ferita 
              d’amore. E’ il lamento di un popolo che grida dai bassifondi 
              l’ingiustizia, l’abbandono. Significa essere divorati dalla 
              nostalgia di qualcosa che non si conosce nemmeno più fino in 
              fondo, qualcosa di cui è rimasta l’idea, lo spettro. Qui, in 
              questo “Tango d’amore e coltelli”, dove la lama, il pugnale, arma 
              fredda che scotta di passione viene evocata solo dalle parole, non 
              c’è spazio per i ballerini, non si cade in equivoci. “E’ uno 
              spettacolo di grande rigore che ha raccolto presto i suoi 
              consensi. Mi hanno tampinato per farlo e io ho fatto bene ad 
              accettare – continua Alessandro – i Barrio hanno arrangiato i 
              pezzi di Piazzolla che intervallano i momenti di lettura. In 
              un’ora e venti cerco di trovare la mia strada, di dare il massimo. 
              La scena è spoglia. Solo, a un tratto, scendono dall’alto tre 
              lampioni a suggerire un’idea di locanda. Recitare e cantare sono i 
              due mezzi in cui mi esprimo. In questo momento, oltre al cinema e 
              al teatro, voglio propormi come chansonnier. Mi piace mettermi in 
              gioco, in discussione”.
 
 Alessandro Haber parla dei suoi impegni imminenti e futuri: sta 
              preparando il suo terzo cd “Un uomo qualunque”, dopo i primi due 
              “Haberrante” e “Qualcosa da dichiarare”. Lo vedremo nel film 
              diretto da Michele Placido sulla storia d’amore tra Sibilla 
              Aleramo e Dino Campana, affianco a Laura Morante e ancora ne “La 
              vita come viene”, regia di Stefano Incerti, con Stefania 
              Sandrelli. Dall’autunno è impegnato sul set in un film di Pupi 
              Avati, ma non anticipa di più. “Continuerò anche in teatro. 
              Porteremo ancora in giro il tango, ma purtroppo non concediamo il 
              bis alla fine dello spettacolo” dice sorridendo. Niente bis, quasi 
              a sottolineare la necessità della sospensione, dell’incompiutezza 
              e dell’impossibilità di raggiungere il desiderio. Come tango 
              insegna
 
 25 aprile 2002
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