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              Tv: quando l’intrattenimento diventa 
              educativodi Paola Liberace
 
 La notizia che a Pietro Taricone sarà affidato una trasmissione 
              che parla di storia e di filosofia avrà fatto, per l’ennesima 
              volta, storcere il naso a molti. Dopo le scenate del Telegatto 
              dello scorso anno, si diranno costoro, ecco un’ulteriore conferma 
              che la televisione italiana - nel suo complesso, dal momento che 
              ancora non si conosce la rete di effettiva destinazione del 
              programma - ha completamente perso il senso del concetto di 
              cultura e di servizio educativo.
 
 Al di là delle polemiche scontate, vale forse la pena di chiedersi 
              cosa intenda la nostra televisione per “edutainment” - il 
              bistrattato termine che congiunge l’informazione/educazione e 
              l’intrattenimento. La vera arma segreta del piccolo schermo, in 
              questo senso, non sono i documentari, che seguono sia sulla Tv 
              pubblica che sulle reti private una formula ormai consolidata, con 
              esiti più o meno felici (l’ottima qualità delle produzioni inglesi 
              trasmesse da La 7 ne è un esempio). Nemmeno i programmi come 
              quello che l’ex del Grande Fratello si appresta a condurre 
              rappresentano un caso degno di nota: prima di lui, già illustri 
              personaggi televisivi e non - Michele Lubrano, Vittorio Sgarbi - 
              avevano provato ad affermare la stessa formula, senza determinare 
              l’inizio di un filone televisivo di successo.
 
 Se si guarda alla fiction, si scopre invece come, nella scelta dei 
              soggetti, delle sceneggiature, delle trame, le produzioni abbiano 
              mostrato negli ultimi due anni di perseguire una vera e propria 
              missione. Attraverso gli sceneggiati, i film Tv, le serie 
              televisive più amate gli italiani sono tornati a conoscere quel 
              tipo di racconto che una volta si definiva “edificante”: 
              incentrato su storie di vita vissuta, ma non troppo, con un eroe 
              positivo, e con una conclusione sempre vincolata all’applicazione 
              di un principio morale riconosciuto. Molte delle fiction di Rai e 
              Mediaset, non a caso, hanno visto come protagonisti personaggi 
              tratti dal mondo delle forze dell’ordine (sia polizia che 
              carabinieri, per non far torto a nessuno) e dei casi giudiziari, 
              con lo scopo duplice di avvicinare i telespettatori a 
              rappresentanti dello stato e tutori della legalità, e di poter 
              contare su una cornice narrativa sperimentata, adatta alla 
              trasmissione di valori consolidati.
 
 Dai medici legali ai commissari, dagli ispettori agli avvocati, 
              dai marescialli agli appuntati; dai presentatori alle vallette, 
              dai giornalisti agli attori cinematografici e teatrali: la 
              macchina della fiction non ha risparmiato nessuno, coinvolgendo 
              tutti, pur di generare nel pubblico il riconoscimento che avrebbe 
              garantito il successo. Un successo che, in effetti, è arrivato, e 
              che spinge a chiedersi se, anziché insistere su format carichi di 
              pretesti pseudoscientifici per proporre agli spettatori qualche 
              (aspirante) personaggio famoso in più, non si possa sposare il 
              pane con i giochi circensi anche semplicemente raccontando delle 
              belle storie.
 
 25 aprile 2002
 
 pliberace@hotmail.com
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