|  
              
              
              Cinema. 
              Una fotografia lunga un'oradi Patrizio Li Donni
 
 Fotografare è come cacciare, ogni scatto è uno sparo, ad ogni shot 
              corrisponde la cattura di una preda, gli attimi fuggenti della 
              nostra vita. Dopo aver visto "One Hour Photo", vi sentirete 
              spaesati, non capirete più se siete stati cacciatori o prede, e 
              soprattutto ripenserete a tutte le vostre foto fatte sviluppare al 
              negoziante vicino casa. Nel film c'è tutta l'angoscia dei tempi 
              moderni, si ritrovano la solitudine e la prevaricazione di questo 
              inizio secolo, l'algida atmosfera dell'ipermercato, l'acida follia 
              e l'ingenuità di un giustiziere di celluloide. Uno straordinario 
              Robin Williams, vi accompagnerà nell'angosciante backstage di un 
              laboratorio fotografico, così asettico e impersonale da freddarvi 
              al primo fotogramma, in una vicenda dove normalità e perbenismo si 
              confondono con tradimento e violenza, come un'ultima foto 
              sovrapposta, in cui un dito indice maligno, aprendo l'obbiettivo, 
              ha impresso una svolta alla vita dei protagonisti.
 
 La normalità, sembra essere nel mirino dell'obbiettivo del regista 
              Mark Romanek, lo stesso di The Truman show. Una normalità fatta di 
              apparenze, di sorrisi di circostanza, come nelle foto appunto. 
              Dietro la pellicola e anche dietro la macchinetta fotografica, 
              reflex o compatta che sia, si nasconde l'amara verità di tutti 
              quei turbamenti della nostra coscienza trattenuti nella carta per 
              la stampa. Ed è la maniacalità iconografica, rituale di 
              rappresentazione, che aiuta il personaggio interpretato da 
              Williams ad uscire dalla sua solitudine, ma anche a perderlo per 
              sempre, nell'illusione che, sublimando la realtà con le stampe 
              fotografiche, ci si possa costruire la vita e la famiglia che si 
              desidera.
 
 In un ritmo incalzante, scandito da continui apparizioni del 
              marchio Agfa, (salvo scoprire poi nei titoli di coda che il film è 
              realizzato su pellicola Kodak), scatto dopo scatto, sviluppo dopo 
              sviluppo, la trama vi porterà nell'ultima illusione, quella della 
              metafora che fa della fotografia un'arma di giustizia. Ed il 
              finale a sorpresa vi rivelerà che la differenza tra una foto ed 
              una scatto sta sempre tra la volontà ed il risultato, tra potenza 
              ed atto di aristotelica memoria, in cui Williams pecca ma 
              "sviluppa" la sua angoscia ed insieme il suo riscatto. Mi 
              raccomando, non uscite dalla sala con l'idea fissa di vendicarvi 
              del vostro negoziante, potrebbe infatti farlo prima lui per tutto 
              quello che è stato costretto a vedere, specie le vostre ultime 
              vacanze.
 
 8 novembre 2002
 
 freccia@libero.it
 
 "One Hour Photo". Usa 2002. Genere: Thriller. 
              Regia: Mark Romanek. Con: Robin Williams, Connie Nielsen, Michael 
              Vartan, Gary Cole, Eriq La Salle. Distribuzione: 20th Fox. Durata: 
              98'. Sito ufficiale: www.foxsearchlight.com/onehourphoto.
 
 
 |