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              James Bond alle prese con l’asse del maledi Mattia Hammeln
 
 Dire che la cosa migliore del nuovo James Bond 007 sia la musica 
              realizzata da Madonna è forse un po’ esagerato. Si farebbe torto 
              al solito dispendio di effetti speciali, esplosioni, scontri 
              armati con armi sofisticatissime, automobili da fare invidia a 
              Diabolik: insomma tutto l’armamentario che ha fatto la leggenda di 
              questa stella dei servizi segreti di Sua Maestà, aggiornato 
              secondo le ultime immaginazioni tecnologiche. Ma la musica è 
              bella, frizzante e dà ritmo alle scene, se pure ce ne fosse 
              bisogno.
 
 “Die Another Day” (tradotto in italiano con “La morte può 
              attendere”) arriva nelle sale italiane tra pochi giorni, con il 
              consueto ritardo che ormai accompagna - chissà perché - la 
              distribuzione nazionale dei grandi successi internazionali: ancora 
              ci chiediamo perché dobbiamo vedere Il Signore degli Anelli un 
              mese dopo rispetto a francesi e tedeschi. I cattivi di turno 
              abitano nei dintorni di Pyongyang, la capitale della 
              comunistissima Corea del Nord, e sono giovani e arroganti: un 
              gruppo deviato dell’establishment rosso, unito dall’età e 
              dall’ambizione e capeggiato dal figlio del presidente che spende 
              di nascosto dal padre miliardi di dollari per entrare in possesso 
              di un’arma micidiale, satellitare, con la quale potrà conquistare 
              il mondo. Il film inizia con uno spettacolare inseguimento sugli 
              hovercraft in un campo minato di una zona demilitarizzata in Nord 
              Corea, si dipana tra i grattacieli affaristici di Hong Kong, le 
              strade dense di fascino vittoriano di Londra e le distese di 
              ghiaccio dell’Islanda, dove i cattivi hanno installato il loro 
              avvenieristico quartier generale, un mega-igloo di ghiaccio 
              sotterraneo. E si conclude in Corea del Nord, chiudendo così il 
              cerchio, con un finale tanto avvenieristico quanto spettacolare.
 
 Non è una di quelle edizioni di 007 che rimarrà nella storia del 
              cinema, altri episodi avevano uno spessore maggiore. Ma la 
              spettacolarità di alcune scene e l’ingegnosità di alcune 
              invenzioni possono valere il costo del biglietto se siete amanti 
              del genere. Il fatto che, poi, i cattivi siano appartenenti a uno 
              degli stati dell’asse del male di bushana memoria, rende se non 
              altro attuale la sceneggiatura, che indugia molto nell’ambiente 
              asiatico così tanto di moda in questi ultimi anni. E se Pierce 
              Brosnan non vi sarà apparso all’altezza delle performance migliori 
              potrete sempre consolarvi ascoltando il singolo di Madonna.
 
 17 gennaio 2003
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