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              Tv: passaggio in Indiadi Paola Liberace
 
 Tutto è cominciato con uno spot, che tanto per far qualcosa ha 
              vinto il Mezzominuto d’oro. Subito dopo è arrivata una canzone, un 
              brano dance per essere precisi, a portare anche in Italia da noi 
              una moda che a Londra già dilaga da qualche tempo: quella 
              dell’Indian Style, della contaminazione culturale tra lifestyle 
              occidentale e modi e toni del subcontinente più affascinante e 
              problematico. Una tendenza tempestivamente colta da un’iniziativa 
              televisiva delle reti satellitari Rai, che spazia dalla 
              gastronomia all’arte, dall’architettura alla letteratura, fino al 
              cinema, e che è stata presentata a Roma all’ambasciata indiana un 
              paio di settimana fa.
 
 Il programma delle trasmissioni, nato dalla sensibile inventiva di 
              Stefano Pistolini e Massimo Salvucci, prevede passaggi quotidiani 
              di cultura indo-occidentale su RaiSat Gambero Rosso, su Rai Sat 
              Art, su Rai Sat Show e su Rai Sat Cinema. Da aprile, poi, la 
              scorpacciata diventa anche cinematografica, con la serie 
              “Bollywood party”, che promette i migliori risultati della 
              produzione locale, con titoli come “Ghatak”, “Daraar”, “Mr. 
              Natwarlal”, “Mela” e “Mother India”. Gli strumenti televisivi di 
              questa ricognizione sono interviste (ad esempio a Arundhati Roy o 
              a Majid Valcarenghi, fondatore del primo centro Osho in Italia, 
              nel senese), materiali visivi e filmici (con particolare 
              attenzione al caso “Monsoon Wedding”), servizi su eventi e 
              iniziative dedicate alla realtà indiana, e l’intervento di due 
              testimonial della contaminazione culturale, due sorelle 
              diciottenni nate a Calcutta.
 
 E’ così che una moda passeggera – a dispetto del tentativo diffuso 
              di trasformarla in una costante della storia dei nostri anni – si 
              trasforma in una serie di tracce studiate attraverso una 
              panoramica a 360°. La denominazione di “Curry cultura” per il 
              progetto complessivo è insolitamente azzeccata: i presentimenti di 
              Oriente arrivano a condire il nostro stile, senza mai cambiare la 
              sostanza del piatto; non è necessario sostenere una derivazione 
              più complessa e invasiva, per apprezzarne i risultati. La 
              struttura stessa dei programmi di Pistolini e Salvucci rispetta 
              questo spirito: gli appuntamenti si inseriscono come granelli di 
              spezie nel palinsesto, distribuendosi con continuità tra le varie 
              reti, pervadendole, ma mai invadendole.
 
 28 febbraio 2003
 
 pliberace@hotmail.com
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