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              Rock. 
              Il Re dei Cattolici è tornato. E reclama il suo tronodi Andrea Mancia
 
 FRANK BLACK and the CATHOLICS,
              Show Me Your Tears  
              
              
              [●●●●●]
 
 I sudditi fedeli del Re aspettavano questo momento da quasi un 
              decennio: da quando Frank Black, nome d'arte di Charles Michael 
              Kitridge Thompson IV (conosciuto nella seconda metà degli anni 
              Ottanta come Black Francis, leader e chitarrista dei
              
              Pixies) aveva dato alle stampe
              
              Teenager of the Year (1994), da 
              molti considerato come il miglior album della sua carriera 
              solista. In rotta con l'industria discografica americana, esiliato 
              in Europa nella terra dei "cattolici", reduce da un divorzio 
              traumatico e da qualche mese di psicoterapia, Frank Black sforna 
              un lavoro che egli stesso definisce "tristissimo", ma che i suoi 
              appassionati hanno accolto, finalmente, con il più largo dei 
              sorrisi. Registrato "quasi dal vivo" (2 tracce e lavoro di 
              mixaggio ridotto al minimo) come tutti gli album successivi a
              
              The Cult of Ray (1996), "Show Me 
              Your Tears" è stato co-prodotto da
              
              Stan Ridgway, un altro dei grandi 
              outsider del rock a stelle e strisce, già leader dei Wall of 
              Voodoo nei primissimi anni Ottanta, oggi solitario ed inimitabile 
              song-writer di un'America marginale e misteriosa. Aggiungete a 
              questo "fantastico duo" la solidissima formazione di base dei 
              Catholics (David Phillips, Rich Gilbert, David McCaffrey, Scott 
              Boutier), l'inconfondibile pianoforte di
              
              Van Dyke Parks, 
              le tastiere di
              
              Eric Drew Feldman (ex Pere Ubu) e 
              la chitarra allucinata e geniale di Joey Santiago (altro 
              membro-fondatore dei Pixies), miscelate il tutto con i testi 
              spesso visionari e mai banali del dottor Charles Thompson, cuocete 
              a fuoco lento con una serie obbligatoria di ascolti ripetuti. E il 
              capolavoro è servito.
 
              "Show Me Your Tears" si apre con i due-accordi-due di
              Nadine, canzone veloce, abrasiva ed 
              asciutta in stile-Pixies che è stata scelta come il primo singolo 
              estrapolato dall'album, mettendo le cose in chiaro fin 
              dall'inizio. Il ritmo cala, sensibilmente, con
              Everything is New
              
              
              (When the sky is blue / You got everything to do), 
              splendida ballata in cui il contrappunto tra il pianoforte di
              Van Dyke Parks 
              e la chitarra di Joey Santiago garantisce un risultato di qualità 
              elevatissima, proprio come nell'irresistibile
              Jaina Blues. Più influenzate da 
              atmosfere country, invece, le malinconiche 
              My Favourite Kiss
              
              
              (In seven days I'll be in Baltimore / In two more weeks I'll be in 
              Dallas-Fort Worth / In one more minute I'll be gone) 
              e Goodbye Lorraine
              
              
              (We held hands in the temple / But we had no wedding day / Now she 
              sends me perfumed letters / And I throw them all away). 
              Chitarra acustica, armonica e un incedere dylaneggiante sono anche 
              le caratteristiche della triste ma orecchiabilissima
              Coastline (It's 
              good to be back / down on the coastline / we lost contact / and I 
              hope that you don't mind).
 Il pianoforte e la chitarra sono invece le colonne portanti di 
              "New House of the Pope", ballata esistenzialista (ma non troppo) 
              che prepara la strada alla frizzante 
              Horrible Day 
              
              
              (It's a beautiful day / no it's a horrible day / but for the first 
              time in my life / i just don't care), 
              canzone semplicemente irresistibile che diventerà presto una delle 
              preferite dal pubblico durante i concerti. La preferita di tutto 
              l'album, almeno per chi scrive, è invece la cavacata di quasi 5 
              minuti che risponde al nome di Massif 
              Centrale e che sembra direttamente uscita da uno dei due 
              primi lavori solisti di Frank Black. Variazioni ritmiche e 
              melodiche, cambi improvvisi di timbro vocale, una progressione 
              incalzante e un lancinante assolo di chitarra: questo è puro Frank 
              Black al 100%, roba che non si trova in giro a buon mercato. 
              Complesse ed interessanti anche When Will 
              Happiness Find Me Again?
              
              
              (Should I stay here and stumble around / Or head for the woods far 
              away? / I can't make up my mind, I'm drunk all the time / When 
              will happiness find me again?) 
              e 
              soprattutto la stralunata This Old Heartache
              
              
              (So let´s go to Barcelona / We will be noted for our absence / 
              Deep in ocean blues of absinthe / Making love in our coronas), 
              quasi un incrocio tra una ballata di Stan Ridgway e una di Tom 
              Waits.
 
              Veloce e fulminante è The Snake
              
              
              (Well I’m a snake oh yes I’m very smart / I was cruel without a 
              humble start), 
              che con il suo assolo di sassofono introduce, prima di
              Coastline, la canzone finale 
              dell'album, Manitoba, che è anche un 
              altro degli episodi più interessanti di tutto "Show Me Your 
              Tears". 
              
              I have seen the face of God / And I was not afraid / I have seen 
              the face of God / And I have dearly paid, 
              canta Frank Black nel ritornello. Noi, che abbiamo visto di nuovo 
              la faccia del Re in persona, siamo pronti a pagare il prezzo della 
              nostra superbia. E continuiamo a sorridere. 
              
              5 dicembre 2003   |