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				Lirica. Il Dedalo cyberspaziale di Maurizio 
				Squillantedi Giuseppe Pennisi
 
 Tra i compositori italiani della “giovane scuola”, Maurizio 
				Squillante ha una tecnica compositiva tutta sua – distante dagli 
				sdolcinati neo-romanticismi di Marco Betta o dai raffinati 
				calligrafismi di Paolo Furla. Squillante premia il rapporto tra 
				i cantanti e il compositore medesimo il quale induce e guida in 
				scena una serie di sessioni di trance. La voce dei cantanti 
				subisce invece dal vivo una trasformazione elettronica del suo 
				stesso contenuto timbrico, mentre l’intenzionale assenza 
				dell’orchestra offre allo spettatore una nuova esperienza 
				sonora. Diplomato in Composizione Elettronica e Computazionale 
				al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Ha studiato canto e 
				flauto all’Accademia Filarmonica Roma, composizione, musica 
				elettronica e analisi musicale alla New York University e al 
				Manne’s College of Music; tecniche di registrazione 
				all’Institute of Audio Research di New York. Tra i suoi lavori 
				le opere “A Spasso nel Parco di Cosimo” rappresentata 
				nell’ambito del RomaEuropa Festival e “Spiritus Mundi” messa in 
				scena a Spoleto.
 
 Nel suo ultimo lavoro (“The wings of Deadalus”-“Le ali di 
				Dedalo”), Dedalo è diventato un cyborg, metà uomo e metà robot, 
				quel che più si addice ad una combinazione tra musica 
				elettronica e sessioni di ipnotismo tra compositore - regista e 
				cantanti. Co-prodotta dall’Associazione Italiana Opera Lirica 
				Contemporanea (Aiplc) e dalla casa di edizioni musicali francese 
				Namasté, con il contributo della Commissione Europea e dei 
				Ministeri dei Beni Culturali di Francia ed Italia, ha iniziato 
				un lungo viaggio dal Teatro Ventidio Basso (un gioiello del 1850 
				circa) di Ascoli Piceno, dove, dopo la prima mondiale il 28 
				novembre, ha un ciclo di rappresentazioni; dall’Adriatico 
				arriverà in dicembre sulle scene liriche di Grenoble e di Metz. 
				Nei primi mesi del 2004 approderà a Rotterdam e a Utrecht. Dopo 
				questi impegni, già definiti, varcherà il Reno e giungerà nel 
				vasto mondo della lirica contemporanea tedesca. Per tornare in 
				Italia (forse a Roma) nelle ultime settimane dell’anno prossimo. 
				Oppure all’inizio del 2005 (dopo una puntata oltre Atlantico - 
				in Canada e negli Usa).
 
 Il libretto di David Haughton e Fabio Squillante, ha due atti 
				piuttosto tradizionali e rispettosi del mito, pur se collocati 
				in un quadro da guerre cibernatico-stellari. Sulla scena, 
				abbiamo ballerini con movimenti indotti da elettrodi applicati 
				sul corpo, un sistema di dolby surround che avvolge lo 
				spettatore, esperimenti di ipnosi tra compositore e cantanti, la 
				trasformazione elettronica della voce dei cantanti, una regia 
				video-artistica dal vivo mediante l’utilizzo di micro-camere, 
				cantanti coadiuvati nei movimenti da protesi motorie attivate 
				dal computer. Ce ne è abbastanza per scioccare i piceni, usi a 
				tradizionali “Bohème” e “Barbiere di Siviglia”. Per la “prima”, 
				al “Vintidio Basso”, i piceni presenti in sala tanti quanti le 
				vergini osannanti alle processioni per il Santo Patrono: pochi e 
				dubbiosi. Numerosi i critici anche stranieri. Presenti le radio 
				nazionali di Germania e Spagna, interessate a mandare il lavoro 
				in onda. Dedalo è il soprano canadese Pauline Vaillancourt; il 
				mezzosoprano Fides Krucher è la figlia di Cocalo, il quale è 
				interpretato da David Haughton. Il Fato è il contralto Loretta 
				Liberato; il tenore Philip Brown Apollo; ed il controtenore 
				Alessandro Carmignani Perdice. Un plauso speciale a Stefano 
				Pirandello per le luci.
 
 5 dicembre 2003
 
 gi.pennisi@agora.it
 
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