| I vini del Franco bevitore. Primitivo, 
				ricchezza di Manduria di Franco Ziliani
 
 Ne è corsa di acqua, pardon, di vino, sotto i ponti, dai tempi 
				difficili quando i vini di Manduria, ed il Primitivo in primis, 
				venivano considerati vini da battaglia, di poco prezzo e scarso 
				livello, utili al più per dare vigore, attraverso la pratica del 
				taglio, a più anemici vini di altre regioni, dove arrivavano in 
				cisterna. Lontani i tempi, umilianti, della guerra del vino, con 
				le navi cisterna di vini italiani (in gran parte vini del Sud e 
				tra loro tanto Primitivo), prese d’assalto dai vignerons 
				francesi nel porto di Sète.
 
 Dopo essere stato per anni letteralmente mortificato e svenduto 
				il Primitivo, questa antica varietà che in terra di Puglia dà 
				origine alle Doc Primitivo di Manduria, Primitivo di Gioia del 
				Colle ed è previsto nelle Igt Puglia e Salento, ha 
				prepotentemente fatto ingresso nel novero di quelle varietà 
				autoctone oggetto di rivalutazione. Oggi non si estirpano più i 
				vigneti di Primitivo per incassare il relativo premio concesso 
				con una politica miope dalla Comunità Europea, ma si è 
				sviluppata una vera e propria corsa alle concessioni per 
				ottenere le autorizzazioni ad impiantarne di nuovi.
 
 Il Primitivo è ritornato ad essere il fulcro dell'intera 
				economia dell’area di Manduria e una parte importante in altre 
				zone vinicole pugliesi. Una ulteriore conferma del grande 
				interesse per questa varietà si è avuta dallo sbarco in Puglia, 
				in gran parte in aree dove il Primitivo era presente, di alcuni 
				tra i maggiori produttori vinicoli italiani: Antinori, Zonin, 
				Pasqua, il Gruppo Italiano Vini a Castello Monaci nel cuore del 
				Salice Salentino. E dalla Franciacorta Barone Pizzini. Se si 
				aggiunge poi il fatto che numerose grosse aziende del Nord, 
				venete e trentine (cito Casa Girelli e Campagnola) hanno 
				ritenuto di inserire nella loro vasta gamma di prodotti anche un 
				Primitivo, il quadro di questa new wave diventa ancora più 
				chiaro.
 
 Per fare in modo che le bottiglie di Primitivo già distribuite 
				in tutta Europa, arrivassero sulle tavole degli americani e 
				perché l’export continuasse a crescere e si parlasse di un “boom 
				del Primitivo”, di una corsa alla certificazione dei vigneti a 
				Doc, da un drastico calo del mercato delle uve sfuse 
				tradizionalmente vendute ai commercianti, e da un vertiginoso 
				aumento dei Primitivo imbottigliati e messi in commercio, sono 
				stati utilizzati molti sistemi. Naturalmente maggiore cura in 
				vigna, vinificazioni più accurate, recupero, laddove possibile, 
				dei cloni più vecchi e dei vigneti più vocati, ma forse il 
				“grimaldello” più decisivo è stato a metà tra la scienza ed il 
				marketing, e cioè porre in rilievo la stretta parentela, anzi, 
				l’identità, accertata da un punto di vista genetico, tra il 
				Primitivo pugliese e lo Zinfandel californiano.
 
 Molti produttori dell’area di Manduria e soprattutto di altre 
				zone, del brindisino e del tarantino, per facilitare lo sbarco 
				dei loro vini negli States hanno pensato bene non solo, come 
				alcuni hanno fatto (a mio avviso con poco orgoglio e scarso 
				attaccamento alle proprie radici), di presentare i loro vini 
				come Zinfandel tout court o con il doppio nome 
				Primitivo–Zinfandel, ma hanno cercato di internazionalizzarli 
				pesantemente caricandoli di legno nuovo (e talvolta rovere 
				americano) nella fase di affinamento, e rendendoli più simili a 
				concentrati di frutta, tutti estrazione, potenza e frutto 
				ostentato, che a vini dotati di sfumature e di un carattere 
				peculiare.
 
 Il Primitivo diventa di moda ed i prezzi 
				salgono
 
 Ma non basta. Diventato ormai un vino cult alla moda, il 
				Primitivo pugliese (targato Manduria Doc o Igt), da vino 
				generoso, facile da approcciare, dal prezzo abbordabile, si è 
				trasformato in numerosi casi in una sorta di Super Puglia red, 
				un vinone importante collocato nella fascia di prezzo, superiore 
				ai 10 euro. Ma con eccezioni, non rarissime invero, ancora più 
				incredibili, rappresentate da vini in vendita a 20-30-40 euro.Un 
				fenomeno preoccupante, quello rappresentato dalla crescita delle 
				quotazioni del vino, che ha indotto il presidente del Consorzio 
				del Primitivo di Manduria Luigi Primicerj ad intervenire 
				pubblicamente affermando che “dobbiamo fare attenzione a 
				controllare i prezzi di vendita perché la nostra forza sta 
				proprio nel giusto rapporto qualità-prezzo”.
 
 Una cantina che non si è mai unita a questo disinvolto processo 
				di spersonalizzazione del Primitivo, ma ne ha sempre rispettato 
				le caratteristiche, sforzandosi di renderle appetibili ai 
				consumatori e ai mercati di oggi, è il Consorzio Produttori Vini 
				e Mosti di Manduria, una valida realtà cooperativa attiva dal 
				1932 che conta su 800 ettari vitati proprietà di 330 soci, 
				piccoli produttori conferitori di uve. Vigneti posti nel cuore 
				dell’area di produzione, i comuni di Manduria e Sava, ed il 
				versante orientale della provincia jonica.
 
 Il Consorzio ha mantenuto saldamente i piedi per terra, sia dal 
				punto di vista dello stile e della personalità dei vini, tutti 
				tenacemente fedeli alla “violenta dolcezza” del Primitivo, al 
				suo carattere un po’ rustico, sia dal punto di vista dei prezzi, 
				che restano tutti lodevolmente sotto i dieci euro, con la sola 
				eccezione delle 25000 bottiglie dell’Elegia, affinato in 
				barrique per un anno.
 
 Naturalmente, accanto all’Elegia e ad una versione intermedia, 
				battezzata Lirica (con passaggio di soli tre mesi in legno 
				piccolo e centomila pezzi disponibili), non poteva mancare la 
				versione Dolce naturale (13,50 + 6,50 gradi complessivi), il 
				Madrigale, giustamente dolce senza essere stucchevole, profumato 
				di fichi secchi e cotognata, di frutta secca e cioccolato, 
				viscoso, avvolgente, ciliegioso, ma con una bellissima 
				freschezza finale, al gusto. Un grande vino da fine pasto da 
				centellinare con pasticceria secca di mandorle, crostate di 
				frutta e frutta secca in genere. Il Primitivo che io però 
				preferisco è la versione base, venduta a 6,50 euro, definita 
				Memoria, il “classico vino della nostra atavica tradizione”, 
				come lo definisce la cantina, da gustare su carni rosse, 
				formaggi stagionati, piatti saporiti e soprattutto 
				piacevolissimo da bere, ed in grado di esprimere l’anima 
				autentica, non addomesticata, non ruffiana, non furbesca, del 
				Primitivo di oggi.
 
 Color rubino violaceo intenso, di buona densità, ma con una 
				vivace unghia violacea, viscoso e ricco di sostanza colorante 
				nel bicchiere, mostra un naso fitto, selvatico, leggermente 
				vegetale all’inizio, che pian piano si apre su note speziate 
				(tipiche dell’uva e non conferite dal legno), di incenso, 
				liquirizia, alloro, mirto, (aromi di macchia mediterranea), di 
				frutta candita e prugna e ciliegie sotto spirito, di cacao e 
				terra accesa dal sole e dal calore, che compongono un bouquet 
				complesso e molto espressivo.
 
 Al gusto, con una perfetta corrispondenza naso–bocca, il Memoria 
				mostra una bella ampiezza, una ricca materia terrosa e una bella 
				dolcezza di frutto succosa, carnosa, consistente, ma sempre 
				viva, un tono leggermente maschio e virile dovuta al corredo 
				tannico e all’alcol sostenuto ma sempre bilanciato, regalando 
				una persistenza lunga, una sensazione avvolgente di calore e di 
				piena maturità e soprattutto una piacevolezza di beva davvero da 
				vino di carattere. Un Primitivo di Manduria, grande, e 
				autentico, anche se costa solo sette euro scarsi ed è 
				disponibile in cinquantamila esemplari.
 
 16 gennaio 2004
 
 bubwine@hotmail.com
 
 Consorzio Produttori Vini e Mosti, via 
				Fabio Massimo 19 74024 Manduria TA. Tel. 099 9735332 fax 099 
				9701021. consvini@libero.it.
 
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