| Uck, lo strano esercito dei Balcani di Paolo Mossetti
 
 Ammirazione professionale è il sentimento che merita il 
              giornalista Sandro Provvisionato. Da fondatore di Radio Città 
              Futura al Tg5, di tempo ne è passato tanto. Così come sono passati 
              e scomparsi velocemente movimenti politici, parole d’ordine e 
              slogan. Ma il sospetto verso la politica dell’Occidente nelle 
              questioni internazionali rimane. Ne ritroviamo un saggio nella 
              prefazione al bel libro di Provvisionato “Uck: l’armata 
              dell’ombra”; prefazione in cui Tommaso Di Francesco, con una 
              veemenza rifondarola, si accanisce a demolire tutto il possibile 
              di quanto fatto dalla Nato e dagli Usa durante la guerra in 
              Kosovo. Non si contestano i giudizi di valore, ma piuttosto come 
              essi vengono esposti. Come ha scritto recentemente sul Corriere 
              Piero Ostellino, quando si commentano così importanti vicende di 
              politica estera, bisogna fare attenzione e distinguere bene i 
              giudizi di fatto dai giudizi di valore.
 
 Ma superata la prefazione, le cose vanno meglio. E sulla crisi in 
              Jugoslavia il libro di Provvisionato ha il grandissimo merito di 
              fornire una quantità industriale di dati attendibili e precisi, 
              circa la cronaca, le testimonianze e i retroscena di quei 
              drammatici giorni del conflitto in Kosovo (marzo-giugno 1999). 
              Centrale nel libro, come suggerisce il titolo, è la storia 
              dell’Uck, la formazione armata albanese, responsabile di una serie 
              impressionante di omicidi e violenze nella regione appena liberata 
              dalla presenza dell’esercito serbo di Milosevic. I primi capitoli 
              analizzano le radici dell’Uck, e così è inevitabile affrontare un 
              po’ tutta la storia dell’Albania, dal dopoguerra a oggi. Questa è 
              forse la sezione migliore del libro, per chiarezza di esposizione 
              e per le riflessioni che suggerisce: mirabile il ritratto del 
              dittatore Hoxha, così come l’inquadramento storico delle 
              formazioni politiche che in Albania si sono fronteggiate (non di 
              rado con le armi) negli ultimi decenni. Brilla nel libro l’assenza 
              dell’Europa e dell’Italia, che pure sarebbero dovute essere più 
              presenti se non altro per vicinanza geografica.
 
 Ovvio che, partendo dall’ammissione di questa amnesia nei 
              confronti di una realtà tanto vicina, ci si chieda cosa potesse 
              fare l’Europa per impedire un tale massacro. Se gli Usa e la Nato 
              sono ancora i gendarmi del mondo, un motivo ci deve pur’essere. 
              Proprio per questo, quando il saggio ci pone molte domande sui 
              risultati del conflitto, non è possibile abbandonare la strada di 
              un ragionamento più ampio. A guerra finita, non è terminato certo 
              il massacro, questa volta dei civili serbi da parte dell’Uck. Se 
              la guerra dei Balcani è servita a fermare una pulizia etnica, oggi 
              il risultato è un Kosovo etnicamente pulito, ma a parti invertite. 
              Il rischio, pure reale, della nascita di una nuova Colombia 
              (dominata da spietati narco-trafficanti) a due passi dall’Unione 
              Europea, dev’essere discusso e argomentato tenendo conto però di 
              due avvenimenti non trascurabili, di cui libro, per evidenti 
              motivi cronologici, non può tenere conto: la caduta di Milosevic e 
              il disarmo dell’Uck. Ed è forse questo il limite più evidente di 
              questo apprezzabilissimo saggio. Giudizi di valore e giudizi di 
              fatto. Le poche constatazioni, tutte negative, che vengono fatte 
              alla fine dell’opera, non tengono conto anche del progressivo 
              disarmo dell’Uck. Le violenze non sono finite certo, ma sono 
              sempre meno degli ordinari massacri compiuti dall’esercito 
              regolare di Milosevic. Ci saranno le prime elezioni libere nel 
              Kosovo libero, anche se etnicamente uniforme.
 
 Bisogna considerare anche un altro fatto, fondamentale: non c’era 
              alternativa per l’Occidente, al bombardamento di Belgrado. Lo 
              ammettono gli stessi russi, che prima avevano seriamente criticato 
              l’azione della Nato. E gli stessi serbi, che alla fine hanno 
              mandato a casa il loro leader. L’embargo commerciale ed economico 
              non avrebbe sortito alcun effetto, se non quello di consolidare 
              l’isolamento e il risentimento della Serbia. Infine, il non-agire 
              avrebbe lasciato intatta l’ultima dittatura socialista in Europa, 
              l’ultima a compiere platealmente crimini contro minoranze etniche, 
              ricordando terribilmente l’atteggiamento iniziale di Hitler contro 
              i cechi. Stare a guardare? Il dopoguerra è duro, talvolta 
              inquietante, ma è sempre meglio della guerra, per chi la subisce. 
              Ammesso questo, e lasciate a casa ideologie finto-pacifiste, ogni 
              dibattito è aperto. Per chi ama approfondire le grandi vicende 
              internazionali, questo saggio è una preziosa risorsa. Purchè non 
              venga strumentalizzata da chi usa più i paraocchi che il 
              buonsenso.
 
 25 aprile 2002
 
 gmosse@tin.it
 
              
              Sandro Provvisionato, “Uck: l’esercito dell’ombra”, Gamberetti 
              Editore, pagine 295, € 15,20. |