| Un percorso bio-bibliografico 
 La storia di Robert Nisbet fa parte della tradizione più profonda 
              del popolo americano. Nacque nel 1913 a Los Angeles, ma visse 
              tutta la sua giovinezza in un paesino della California del sud, il 
              profondo sud degli Stati Uniti, dove più radicato e sentito era un 
              anti-statalismo non ideologico ma pragmatico, le cui origini si 
              perdono nelle guerre per l'Indipendenza. La famiglia, di bassa 
              estrazione piccolo borghese, visse la stagione burrascosa della 
              Depressione usufruendo poi della campagna di sussidi promossa dal 
              New Deal roosveltiano. Nel 1932 Nisbet approda alla prestigiosa 
              Università di Berkeley, un ambiente che lui definì "un'enclave di 
              diritto intellettuale nella società democratica" e che 
              sostanzialmente divenne la sua casa adottiva per i successivi 
              vent'anni, prima da studente talentoso, poi come discepolo dello 
              storico della cultura Fredrick Teggart, infine da professore. 
              Furono anni decisivi, che Nisbet ricordò proprio in conclusione 
              della sua fortunata carriera (Teachers and Scholars, 1992) 
              dedicati allo studio (soprattutto del medioevale) che non 
              disdegnarono però incursioni nella politica studentesca, 
              portandolo a costeggiare per brevi periodi circoli giovanili di 
              dichiarata impostazione socialista.
 
 Il 1946 segna l'inizio della sua carriera accademica. Dopo aver 
              passato tre anni sotto le armi che lo videro anche nello 
              scacchiere militare del Pacifico, segue un periodo di scoperte 
              intellettuali, che aprirono la strada alla pubblicazione di "The 
              Quest for Community", la sua opera più celebre pubblicata nel 
              1953. Anni in cui Nisbet studiò il cosiddetto "pluralismo inglese" 
              (Maitland, Barker, Figgis, Lasky), ma soprattutto in cui prese 
              contatto per la prima volta con i suoi grandi maestri 
              intellettuali: Edmund Burke e Alexis de Tocqueville che segnò 
              maggiormente la sua fase di formazione e dunque anche The Quest. E 
              forse, proprio per l'influenza congiunta di questi autori la 
              produzione nisbettiana può essere giudicata e definita in modi 
              spesso contraddittori. Alla fine degli anni Cinquanta, comunque, 
              Nisbet definiva se stesso un "dissidente liberale pluralista".
 
 La passione principale di Nisbet, trasmessagli dalla famiglia, fu, 
              comunque l'educazione. Educazione come trasmissione di una storia 
              e di una tradizione, innanzitutto. Per questo, subito dopo la 
              pubblicazione del suo primo lavoro, per almeno un decennio si 
              dedicò totalmente alla creazione e all'amministrazione di un nuovo 
              college dell'Università della California, a Riverside, che 
              rispecchiasse le sue certezze e che, facendo seguito alle sue 
              sferzanti critiche rivolte al modello organizzativo delle 
              università americane, si proponeva per le dimensioni assai ridotte 
              di evitare eccessi burocratici e aiutare il contatto diretto tra 
              studenti e professori. Unica pausa tra il 1956 e il 1957, quando è 
              visiting professor in Italia, all'Università di Bologna. 
              L'avventura di Riverside lo tenne così per un po' lontano dalla 
              produzione di nuovi testi, fino al 1963, anno della svolta in cui 
              si ritirò per un periodo sabbatico a Princeton. Il tempo che segue 
              sarà il più prolifico e creativo della sua vita. Tra il 1966 e il 
              1971 pubblicò "La tradizione sociologica" (uno dei manuali di 
              storia del pensiero sociologico più diffusi in America ma anche in 
              Italia, tradotto undici anni dopo), "Tradition and Revolt" (1968), 
              "Social Chage and History" (1969, tradotto in Italia nel 1977), 
              "The Social Bond" (1970) e "The Degradation of Academic Dogma". A 
              ben vedere, tutta la sua produzione di questi anni non fece che 
              approfondire ed ampliare la traccia seminale originariamente 
              presente in The Quest for Community. Un lavoro assai approfondito 
              su cui peseranno maggiormente, nel corso del tempo, i suoi studi 
              su autori direttamente definibili nell'ambito della tradizione 
              conservatrice. Non solo il già citato Burke, ma anche (e 
              soprattutto) Russell Kirk, il cui "The Conservative Mind" fu senza 
              dubbio decisivo per la formazione di alcuni concetti-chiave 
              dell'impianto nisbettiano.
 
 Fu soprattutto il problema del rapporto tra autorità e potere, 
              insieme alla critica sempre più forte alla rivoluzione francese e 
              alle dottrine illuministe, che guidarono il suo cammino, che negli 
              anni Settanta lo portò prima all'Università dell'Arizona e poi 
              alla Columbia University (in sodalizio con una delle figure 
              principali della sociologia americana dell'epoca, Robert Merton). 
              Sono di questi anni altri testi importanti come: The Social 
              Philosophers (1973), The Sociology of Emile Durkheim (1974) e 
              soprattutto The Twilight of Authority (1975). Dopo aver assunto la 
              carica di resident scholar all'American Enterprise Institute, si 
              ritirò a vita privata, fino al suo ultimo (e importante) lavoro, 
              The Present Age: Progress and Anarchy in the Modern America, 
              doloroso atto di accusa delle degenerazioni determinatesi nella 
              sua patria, pubblicato nel 1988. L'ultimo libro di Nisbet, 
              nell'attesa della morte che lo colse il 9 settembre 1996. Il 
              contributo critico che pubblichiamo in questo dossier è di Charles 
              Forcey jr., giovane storico delle idee alla New York University ed 
              è la traduzione del saggio "Robert A. Nisbet: Architect of Postwar 
              American Traditionalism", presentato dall'autore il 4 maggio 1996 
              alla Princeton University nell'ambito della conferenza "Fron 
              Redemption to Reaganism". Il testo di Nisbet è invece la 
              traduzione parziale del saggio "Hannah Arendt and the American 
              Revolution", pubblicato sul numero 44 - del 1997 - della rivista 
              Social Research.
 
 10 maggio 2002
  
              
              (da Ideazione 2-2002, marzo-aprile)  
              
 
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