| L'Occidente e il suo Eldorado di Nicola Iannello
 
 Strano destino quello del capitalismo. Abituato ad avere cattiva 
              stampa, ha conosciuto una nuova forma di denigrazione quando ci si 
              aspettava il suo successo planetario; dopo il collasso dei paesi 
              comunisti, l'economia di libero mercato si è vista imputare la 
              colpa di aver disastrato la situazione sociale dell'Europa 
              centro-orientale. Quanto all'America Latina, la crisi 
              dell'Argentina non è che l'ennesima occasione per ascoltare le 
              consuete geremiadi sul fallimento delle "ricette liberiste" a Sud 
              degli Usa. A far giustizia di luoghi comuni e comode certezze, 
              giunge opportuna la tempestiva traduzione italiana - dopo quelle 
              cinese e russa - di questo saggio di Hernando de Soto, "Il mistero 
              del capitale". Peruviano a lungo vissuto in Europa, 
              sessantaduenne, l'autore è diventato un caso anche negli Usa dove 
              politici, filosofi ed economisti fanno a gara a citarlo. Tornato 
              nel suo paese nel 1980, de Soto ha fondato un think tank 
              considerato il più dinamico di tutta l'America centro-meridionale; 
              l'Instituto Libertad y Democracia di Lima esercita una profonda 
              influenza nella vita politica peruviana cercando di iniettare dosi 
              massicce di diritti di proprietà e di libero mercato nel paese. 
              Nel 1986 il primo libro di de Soto, El otro sendero, indicava al 
              Perù che la vera strada per uscire dalla povertà non era quella 
              dei guerriglieri marxisti di Sendero Luminoso ma appunto un'altra, 
              quella del libero mercato. Il libro - poi pubblicato anche in 
              America come The Other Path - attirò le critiche del capo di 
              Sendero Luminoso, Abimael Guzman, e anche una bomba che provocò 
              tre morti e diciannove feriti nella sede dell'Ild (del resto non 
              si è marxisti per nulla).
 
 Dopo tanta letteratura sulle origini del capitalismo - da Marx a 
              Weber, e più di recente da Baechler a Pellicani - è ora il momento 
              di indagare sui problemi della sua espansione oltre le terre e i 
              popoli che lo hanno originato. Chi pensava a un'inevitabile 
              riuscita ovunque dimentica che, al contrario del socialismo che si 
              proponeva come sua negazione, il capitalismo è "positivo" e ha 
              bisogno di condizioni per svilupparsi. De Soto parte dalla 
              domanda: cosa manca ai paesi che imitano l'Occidente per avere 
              successo? La risposta è: un sistema legale dei diritti di 
              proprietà. L'attenzione è focalizzata sui "paesi in via di 
              sviluppo ed ex comunisti", che ospitano due terzi della 
              popolazione mondiale. De Soto studia soprattutto Perù, Haiti, 
              Filippine e Egitto. Le conclusioni vanno contro le banalità del 
              pauperismo terzomondista. Non sono i beni materiali a mancare a 
              questi paesi, ma il capitale. Dalle ricerche condotte dall'Ild 
              risulta che i poveri del mondo hanno accumulato un patrimonio di 
              9.300 miliardi di dollari, una cifra che sorpassa di gran lunga 
              gli aiuti internazionali e gli investimenti stranieri mai 
              ricevuti. Ma questa immensa ricchezza è "capitale morto", valore 
              che non può valorizzarsi in assenza di certezza dei titoli di 
              proprietà. La soluzione risiede quindi solo nel creare per via 
              legislativa un sistema di diritti che possa permettere scambi, 
              contratti, affitti, locazioni, mutui, fidi, ipoteche, accesso al 
              credito. Senza questa infrastruttura, i beni non possono dare 
              inizio a quel processo virtuoso che moltiplica la produttività del 
              lavoro e conduce alla ricchezza delle nazioni. Protagonista del 
              libro è quindi l'economia sommersa che vuole emergere: "Secondo la 
              maggior parte delle stime, i settori informali nel mondo in via di 
              sviluppo occupano dal 50 al 75 per cento del totale della forza 
              lavoro e generano da un quinto a oltre due terzi del totale del 
              prodotto del Terzo Mondo".
 
 Per i paesi che aspirano a partecipare ai vantaggi della 
              globalizzazione, imitare l'Occidente significa comprendere quel 
              lento processo che ha condotto a includere in un unico sistema 
              normativo tutte le attività produttive, anche quelle considerate 
              ingiustamente illegali in precedenza. Interessante a questo 
              proposito il quinto capitolo, dedicato agli Stati Uniti e al loro 
              accidentato cammino di inclusione del mondo della frontiera: solo 
              un quadro giuridico unitario formatosi dalla spinta spontanea 
              delle reali esigenze dei coloni ha portato alla certezza dei 
              diritti di proprietà, all'accumulo di capitale e al più 
              impressionante decollo produttivo di tutta la storia dell'umanità. 
              Il mistero del capitale di de Soto è un libro informatissimo che 
              fornisce al lettore una valanga di dati concreti: cifre, tabelle, 
              statistiche, comparazioni; il tutto solidamente inserito in una 
              visione teorica articolata e convincente. Una buona lettura contro 
              le visioni semplicistiche di chi non si è ancora stancato di 
              ripetere che il capitalismo è la causa di tutti i mali.
 
 24 maggio 2002
 
 Hernando de Soto, Il mistero del capitale. Perché il capitalismo 
              ha trionfato in Occidente e ha fallito nel resto del mondo, 
              Garzanti, Milano, 2001, pp. 251 - € 18,08.
 
 
 
 
 
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