| I vini del Franco Bevitore. La riscossa 
              della Valtellina di Franco Ziliani
 
 Sono lontani, molto lontani, fortunatamente, gli anni Ottanta (e 
              l’avvio dei Novanta) che segnarono il ristagno produttivo e il 
              letargo del mondo produttivo valtellinese. Un mondo produttivo 
              legato per troppo tempo ad antichi criteri qualitativi, dettati, 
              in primo luogo, dalle esigenze del principale mercato estero, la 
              Svizzera, pronto ad assorbire qualsiasi tipo di vino fosse targato 
              Veltliner. Calate in maniera sensibile le quote di vino esportate 
              nella terra dei Cantoni, non si poteva agire che tentando di 
              recuperare un mercato italiano che i vini della provincia di 
              Sondrio considerava come la testimonianza, illustre ma un po’ 
              polverosa, del passato, e che, nel frattempo, mentre i 
              valtellinesi si erano appiattiti sul commercio in terra elvetica, 
              era profondamente cambiato. Il compito non era di certo facile, e 
              nonostante la fortuna di disporre, unici, oltre ai piemontesi, di 
              un grandissimo vitigno come il Nebbiolo (qui chiamato 
              Chiavennasca), comportava un profondo rinnovamento in cantina, 
              nelle tecniche di vinificazione e d’affinamento, con massicci 
              investimenti. Un ripensamento delle caratteristiche dei vini che, 
              rispettando gli aspetti migliori della tradizione, si aprisse 
              intelligentemente al nuovo, a quel consumatore che anche ai vini 
              base Nebbiolo chiedeva una maggiore piacevolezza e la possibilità 
              di essere apprezzati non solo dopo una loro lunghissima permanenza 
              in cantina.
 
 Per i viticoltori valtellinesi si trattava inoltre – operando in 
              una situazione particolarissima come quella rappresentata dagli 
              eroici vigneti terrazzati a forte pendenza, che richiedono cure 
              speciali ed un numero di ore di lavoro per ettaro ben superiore a 
              quella dei normali vigneti di media collina o di quelli di pianura 
              – di sforzarsi di introdurre modifiche che se non potevano 
              riguardare più di tanto il sistema d’allevamento e i sesti 
              d’impianto, dovevano forzatamente estendersi e riguardare da 
              vicino le operazioni vendemmiali. Non potendo, se non in rari e 
              fortunati casi, modificare l’impostazione della vigna, si rendeva 
              indispensabile, per ottenere vini in grado di ben figurare sul 
              mercato e di essere accettati da un pubblico non solo locale, 
              cercare di abbassare le rese per ettaro, ottenendo una maggiore 
              concentrazione e ricchezza dei mosti, e soprattutto di portare, 
              dalle vigne di montagna sino in cantina, uve le più sane ed 
              integre possibile, raccolte al giusto punto di maturazione 
              polifenolica. Altro non era proprio possibile fare, ma tutto 
              questo sforzo, unito ad una decisa assunzione di responsabilità di 
              tutto il comparto produttivo e all’azione intelligente di un 
              Consorzio tutela, molto unito, è stato sufficiente ed ha fornito 
              ottimi risultati.
 
 I vini di Valtellina, lentamente, ma inesorabilmente, soprattutto 
              dalla seconda metà degli anni Novanta, sono rientrati nel circuito 
              virtuoso di quei vini dei quali non solo si parla, si discute, si 
              scrive, con i quali ci si confronta, ma che soprattutto sono 
              frequentati e scelti e bevuti con piacere. Non bastasse 
              l’attenzione italiana, da qualche tempo ai vini di montagna della 
              più settentrionale delle province lombarde, che nel contempo aveva 
              ricevuto il riconoscimento della Docg per la tipologia Valtellina 
              superiore e aveva visto lo Sforzato diventare uno dei rossi più 
              acclamati dalle guide, ha cominciato ad interessarsi anche la 
              stampa specializzata internazionale, dapprima con articoli 
              apparsi, com’era naturale, su testate di lingua tedesca ed in 
              seguito di lingua inglese. Nell’edizione su Internet del 
              quindicinale statunitense Wine Spectator, i vini della Valtellina 
              sono stati oggetto di serie analisi e hanno ottenuto lusinghiere 
              valutazioni da parte del team di degustatori. L’aspetto più 
              significativo del riflettore idealmente puntato da Wine Spectator 
              sui vigneti di montagna di Valtellina, è che ad essere premiata è 
              pressoché l’intera gamma dei vini di Valtellina, dallo Sforzato al 
              Valtellina superiore Inferno D.O.C., al Valtellina superiore 
              D.O.C.G. senza indicazione delle sottozone Sassella, Inferno, 
              Grumello e Valgella, un tipo vino che si potrebbe concepire quale 
              una personale interpretazione della recente Docg fornita dai 
              singoli produttori.
 
 Nemo propheta in patria, verrebbe voglia di dire, perché oltre 
              alla Nino Negri e a Rainoldi, aziende che godono, meritatamente, 
              di un’eccellente immagine, la casa vinicola che Wine Spectator ha 
              premiato con i punteggi più alti è un’azienda che, secondo le 
              varie guide vinicole italiane, non esiste quasi, dimenticata del 
              tutto, o citata rapidamente e non giudicata degna di un’apposita 
              scheda che ne raccontasse storia, produzione e programmi. Sto 
              parlando dell’Azienda Agricola Caven Camuna, 35 ettari di 
              proprietà, creata da Stefano e Simone Nera com’estensione e 
              appendice dell’attività familiare creata dal padre Pietro, con la 
              casa vinicola attiva da oltre 50 anni a Chiuro, ben nota per i 
              suoi vini classici, eppure, a sua volta, bellamente isolata nel 
              limbo triste delle “altre cantine” da Vini d’Italia, recensita con 
              punteggi in centesimi con solo due vini dalla guida Veronelli, e 
              meritevole di una scheda dettagliata per un solo vino dagli 
              espertoni di Duemilavini, guida dell’A.I.S. romana. Tre vini, il 
              Valtellina Sforzato Doc Messere 1997, il Valtellina Superiore 
              Inferno Docg Al Carmine 1998, ed il Valtellina Superiore Docg 
              Giupa 1998, prodotti destinati esclusivamente alla ristorazione e 
              alle enoteche e dallo stile moderatamente moderno, hanno ricevuto 
              punteggi importanti: rispettivamente di 94/100, 92/100 e 91/100. 
              Come per confermare le valutazioni di Wine Spectator, i vini di 
              questi due marchi che per le guide italiche non meritano 
              particolare interesse, sono andati benissimo anche nell’ampia 
              degustazione di vini di Valtellina inserita nel numero 4, appena 
              pubblicato, della rivista A.I.S. Lombardia news, organo 
              dell’Associazione Italiana Sommeliers della Lombardia.
 
 Lo Sforzato Messere 1997 di Caven Camuna ha ottenuto, con 89/100, 
              il punteggio più alto tra i dieci Sforzato Doc, di annate diverse, 
              in assaggio, mentre lo Sforzato 1997 Pietro Nera ha ricevuto 
              un’ottima valutazione di 87/100. Eccellenti risultati hanno invece 
              conseguito, piazzandosi ai primi posti rispettivamente nella 
              categoria Valtellina superiore Docg e Valtellina Doc riserve, il 
              Valtellina superiore Sassella Docg 1998 Caven Camuna (86/100), ed 
              i Valtellina Doc 1995 Signorie e Inferno 1996 Pietro Nera, 
              valutati 84 e 81/100. Pur plaudendo al nuovo che la linea Caven 
              Camuna rappresenta, della casa vinicola di Chiuro mi piace 
              segnalare un ottimo vino che lo stile tradizionale dei grandi vini 
              di Valtellina illustra al meglio e al quale i distratti – miopi 
              genialoidi guru delle varie guide (ma l’anagramma di guida, non 
              dimentichiamolo, è giuda…), non hanno ritenuto opportuno 
              attribuire nemmeno un bicchierino semivuoto, un grappoletto 
              spargolo, o chissà quale altro cervellotico simbolo. Parlo del 
              Valtellina Superiore riserva Signorie annata 1995, un vino 
              prodotto solo nelle grandi annate ed in quantità limitate, ma non 
              virtuali (15 mila esemplari per questo millesimo) da una selezione 
              delle migliori uve Nebbiolo di proprietà, armoniosamente 
              invecchiato per una durata di quattro anni dapprima in grandi 
              botti di rovere di Slavonia, quindi in bottiglia, prima della 
              commercializzazione.
 
 Colore rubino granato splendente, luminoso, intenso, ma senza 
              esagerazioni, il Valtellina Signorie mostra un bellissimo naso 
              inconfondibilmente nebbioloso, carnoso, elegante, caldo e 
              avvolgente, con note di piccoli frutti (lamponi e mirtillo) in 
              evidenza, accenni leggermente speziati e di sottobosco, di rosa 
              passita. La bocca, di buona concentrazione e struttura tannica, 
              con tannini sostenuti, ma soffici e vellutati, mette in rilievo 
              doti di eleganza, la perfetta pulizia, il nerbo minerale (dovuto 
              alla particolare natura dei terreni valtellinesi), la magnifica 
              sapidità ed il grande equilibrio del vino, che non presenta i 
              muscoli dei vinoni oggi tanto alla moda, ma spicca per armonia, 
              finezza, morbidezza vellutata. Non sarà moderno, ma provatelo con 
              arrosti, carni rosse, con formaggi a pasta dura stagionati 
              (soprattutto Bitto e Casera, ma anche Branzi, Montasio, Asiago) e 
              la bottiglia non resterà mai piena sul vostro tavolo!
 
 7 giugno 2002
 
 Bubwine@hotmail.com
 
              
              Casa vinicola Pietro Nera, via IV Novembre 43, 23030 Chiuro – 
              Sondrio. Tel. 0342 482631 fax 0342 483796. Prezzo: € 9,00. E-mail 
              Info@neravini.com
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