| Alle radici del realismo: il pensiero 
              politico di Niebuhr di Hans J. Morgenthau
 
 La civiltà del Rinascimento in Italia di Jacob Burckhardt 
              comprende un capitolo intitolato "La riscoperta dell'uomo". Se si 
              volesse ridurre a una formula il contributo di Reinhold Niebuhr 
              alla vita e al pensiero politici degli Stati Uniti, si potrebbe 
              affermare che il teologo americano è responsabile della riscoperta 
              dell'Uomo Politico. Sotto cinque aspetti diversi: ha riscoperto 
              l'autonomia della sfera politica; ha riscoperto il dilemma 
              intellettuale di comprendere la politica e agire nell'ambito della 
              sfera politica; ha riscoperto il dilemma morale dell'azione 
              politica; ha ristabilito il rapporto organico tra pensiero 
              politico e azione politica e, infine, ha riscoperto la 
              drammaticità dell'atto politico.
 
 La riscoperta dell'Uomo Politico
 
 Siamo tutti consapevoli della tendenza della nostra cultura a 
              considerare la politica, sia interna che estera, come un derivato 
              di qualcos'altro, in particolare dell'economia. Su questo punto 
              liberali e marxisti dell'Ottocento si trovavano d'accordo. 
              Entrambi gli schieramenti credevano che la sete di potere, 
              l'animus dominandi di agostiniana memoria, non fosse altro che il 
              sintomo di una fase transitoria della storia umana. I liberali la 
              attribuivano alle istituzioni ataviche del feudalesimo e del 
              governo aristocratico, i marxisti, ovviamente, alla società 
              classista. Herbert Spencer, ad esempio, riteneva che 
              l'aristocrazia ingaggiasse le guerre per soddisfare i propri 
              istinti competitivi, mentre le società industriali soddisfacevano 
              quegli istinti attraverso la concorrenza negli affari, gli 
              investimenti e le speculazioni in Borsa. Niebuhr ha demolito 
              proprio questa negazione ottimistica del rapporto che lega la 
              brama di potere al suo risultato sociale - la sfera politica - 
              restaurando l'idea che stava alla base della concezione dell'Uomo 
              della Bibbia come pure delle antiche civiltà greca e romana: la 
              "sete di potere" - e le configurazioni sociali che da essa 
              derivano - è un elemento intrinseco, una caratteristica innata 
              della natura umana. Non può essere emendata. Non esiste fase della 
              storia in cui non compaia. Non esiste organizzazione sociale che 
              non ne rechi il segno. A mio parere, questa è la prima lezione 
              politica di Reinhold Niebuhr.
 
 Da un certo punto di vista, la comprensione della politica non è 
              altro che la comprensione della storia aggiornata. E' qui che ci 
              troviamo ancora una volta di fronte a una spiccata tendenza della 
              nostra cultura che cerca di distruggere l'autonomia di storia e 
              politica all'interno della sfera intellettuale. In altre parole, 
              cerca di assimilare il processo storico ai processi della natura. 
              Tale tendenza domina la filosofia e la storia come pure i normali 
              lavori di ricerca di molte delle nostre università, di solito ben 
              sostenute da ricche fondazioni. Si afferma "Qui sta la salvezza" e 
              si cerca di applicare i presunti metodi delle scienze naturali 
              alla realtà sociale. Niebuhr ha spesso sostenuto con enfasi che 
              l'area storica, la scena sociale, è sostanzialmente diversa dalla 
              natura e che i metodi intellettuali che sono in grado di studiare 
              la politica e la società in generale devono essere necessariamente 
              diversi dai metodi utilizzati per la scoperta dei segreti della 
              natura.
 
 Ci troviamo di fronte a un problema essenzialmente irrisolvibile 
              che Niebuhr ha spesso segnalato e cioè la concomitanza di 
              uniformità e contingenze. La storia è un cumulo di eventi che, 
              sotto certi aspetti, rivelano uniformità da cui è possibile far 
              derivare alcune leggi e alcuni principi generali. Ma è anche un 
              insieme di contingenze, di eventi unici che si manifestano in quel 
              modo soltanto una volta e mai più. Il problema, che può essere 
              adombrato ma non risolto una volta per tutte, è in che modo 
              determinare il peso dell'unico, del contingente, rispetto al peso 
              del ripetitivo, dell'uniforme. E' a causa dell'impossibilità di 
              risolvere questo dilemma che tutte le filosofie della storia, 
              tutte le previsioni politiche non sono mai approdate a niente. 
              Quando ci chiediamo, ad esempio, quali siano le intenzioni di 
              Krusciov riguardo a Berlino, abbiamo davanti una serie di 
              alternative limitate - che rappresentano l'aspetto razionale della 
              questione - attraverso cui siamo in grado di risalire ad alcuni 
              principi generali e di trarre delle conclusioni. Dall'altra parte, 
              siamo di fronte a delle incertezze, a dei fattori insondabili che 
              ci permettono soltanto di intuire quale di quelle alternative 
              possa verificarsi. Di conseguenza, il problema intellettuale posto 
              dalla politica è essenzialmente irrisolvibile, fatta eccezione per 
              una serie di intuizioni che solo in futuro si riveleranno corrette 
              o sbagliate. Questo insegnamento di Niebuhr ha ovviamente 
              suscitato molte insoddisfazioni e critiche […].
 
 Più di ogni altro problema fondamentale della politica, il 
              problema morale, il dilemma morale della politica, è stato 
              probabilmente quello che la nostra cultura ha maggiormente 
              distorto. Il problema morale della politica è causato dalla 
              inevitabile discrepanza tra i precetti dell'insegnamento 
              cristiano, dell'etica cristiana, e i requisiti del successo 
              politico. E' impossibile, se mi è concesso porre la questione in 
              termini estremi e provocatori, essere un buon cristiano e un 
              politico di successo. Una simile giustapposizione - l'ipotesi di 
              un contrasto inevitabile tra gli insegnamenti dell'etica cristiana 
              e i requisiti del successo politico - è ovviamente sgradevole per 
              l'uomo della strada (e alcune di quelle strade attraversano i 
              campus americani). Per questo la società americana - ma potrei 
              dire la civiltà occidentale in generale - ha escogitato due metodi 
              diversi, due strumenti intellettuali per mezzo dei quali ha 
              tentato di riconciliare i dettami dell'etica cristiana con i 
              requisiti di un'azione politica efficace. O si procede a una 
              reinterpretazione degli insegnamenti dell'etica cristiana in senso 
              "liberale", che contribuisce a giustificare e razionalizzare 
              l'atto politico in modo da restringere il divario tra i due 
              estremi, oppure si fa apparire l'atto politico come qualcosa di 
              migliore, di meno deplorevole di quanto effettivamente sia. In tal 
              modo la sfera politica tende a essere circondata da ciò che si 
              potrebbe definire un alone moralistico. In questa sorta di 
              compromesso tra i dettami dell'etica e le necessità di un'azione 
              politica efficace scompaiono sia la solennità della legge morale 
              quanto la materialità dell'atto politico. E' contro questo 
              moralismo, un pregiudizio così diffuso nella nostra società, che 
              Niebuhr si è battuto spesso e con tanto successo critico.
 
 [Si è] affermato, a titolo di quella che sospetto sia una blanda 
              critica, che il pensiero politico di Niebuhr manchi di visione e 
              che sia talmente legato alle particolari circostanze della nostra 
              scena politica da non avere niente da offrire, per esempio, a chi 
              vive al di là della cortina di ferro. In difesa del pensiero 
              politico di Niebuhr dovrei dire che il rapporto organico tra 
              filosofia politica e una particolare situazione storica o un 
              concreto problema politico non è per niente casuale. A mio parere, 
              è il presupposto del pensiero politico creativo. Perché tutti i 
              grandi filosofi politici, che ricordate appunto per la loro 
              grandezza, hanno sviluppato il proprio pensiero in rapporto a un 
              problema politico reale e pratico. Il modo in cui le nostre 
              università si occupano di filosofia politica, ad esempio, non 
              corrisponde di certo a quello in cui le grandi filosofie politiche 
              sono state effettivamente sviluppate. Si potrebbe affermare che 
              siano state elaborate in un modo controverso: da Platone ed 
              Aristotele fino a Marx e Lenin, il pensiero politico si è 
              sviluppato sulla base di problemi politici concreti in attesa di 
              soluzione. Il federalista, ad esempio, il più celebre documento 
              della filosofia politica americana, fu il risultato di un problema 
              politico estremamente pratico, la ratifica della Costituzione, che 
              i suoi sostenitori perorarono in diversi articoli pubblicati dai 
              quotidiani. Di conseguenza, credo non si possa sostenere in alcun 
              modo che Reinhold Niebuhr non si sia dimostrato un grande filosofo 
              politico perché si è occupato di problemi politici reali in un 
              modo molto concreto.
 
 E' ovviamente vero che quanto Reinhold Niebuhr ha affermato a 
              proposito delle libertà civili o dei rapporti razziali, o di 
              qualsiasi altro problema concreto della politica americana, non 
              contribuisce direttamente alla soluzione dei problemi di Polonia, 
              Cecoslovacchia o Cina. Tuttavia, tale approccio concreto a 
              problemi politici reali si basa su una filosofia politica, su una 
              serie di principi politici generali che l'hanno ispirato e che 
              sono universalmente validi. In altre parole, il metodo di Reinhold 
              Niebuhr filosofo politico non è in sostanza molto diverso - 
              lasciatemelo dire - da quello di Edmund Burke che scrive una 
              lettera agli elettori di Bristol spiegando cosa si propone di fare 
              in qualità di loro rappresentante, ovviamente riferendosi a 
              problemi di natura locale. Tuttavia Burke affronta la questione in 
              modo tale che la lettera diventa la classica esposizione 
              filosofica di uno dei principi fondamentali del governo 
              rappresentativo. Anziché continuare a chiedersi se ciò che 
              Reinhold Niebuhr ha affermato a proposito dei nostri problemi 
              politici abbia una diretta rilevanza per altri popoli, sarebbe più 
              utile valutare il contributo di Reinhold Niebuhr alla filosofia 
              politica secondo questi criteri. Di certo, ciò che Burke ha 
              scritto agli elettori di Bristol aveva rilevanza solo per gli 
              elettori di quella città. Si trattava di una questione locale. Ma 
              alla base e all'interno dell'esposizione concreta di un problema 
              concreto c'era una filosofia politica generale. E a mio parere lo 
              stesso accade con il pensiero politico di Reinhold Niebuhr.
 
 È stato inoltre sostenuto che il pensiero politico di Reinhold 
              Niebuhr non contenga indicazioni sull'azione politica futura, né 
              la visione di un "mondo nuovo" o di un programma politico da 
              mettere in atto domani. Di nuovo, non è un caso e - forse perché 
              concordo con questo genere di approccio alla politica - mi sembra 
              anzi che l'assenza di una visione globale, la mancanza di un 
              programma politico, sia indice di una profonda comprensione dei 
              limiti dell'azione politica. Diversi [studiosi] hanno affermato, 
              abbastanza correttamente, che il pensiero politico di Reinhold 
              Niebuhr ha una natura essenzialmente pragmatica. Ma questa è anche 
              la caratteristica dell'azione politica. L'azione politica procede 
              a piccoli passi, le cui conseguenze sono imprevedibili oppure 
              ipotizzabili in una forma estremamente vaga e indistinta. Nessun 
              gesto politico rilevante è stato compiuto sulla base di una grande 
              visione di ciò che il futuro prospettava, e quando ciò è accaduto 
              il risultato effettivo di quel gesto era del tutto diverso da 
              quello anticipato dalla visione.
 
 Io credo che nel pensiero politico di Reinhold Niebuhr vi sia una 
              sorta di limite autoimposto che è il riflesso stesso dell'oggetto 
              della politica. Per dirla in altre parole, è la consapevolezza 
              della drammaticità dell'atto politico. Noi progettiamo una 
              strategia politica per ottenere un determinato risultato ma 
              questo, troppo spesso, ha soltanto un rapporto remoto con ciò che 
              ci eravamo preposti. Si tratta dell'astuzia della ragione di cui 
              parlava Hegel. E se, ad esempio, si prende in considerazione il 
              più importante tentativo moderno di mettere in pratica una visione 
              politica basata su intuizioni di una certa profondità sulla natura 
              umana e sulla società - mi riferisco, ovviamente al marxismo - si 
              capisce fino a che punto i risultati contraddicono la visione e 
              gli intenti. Vorrei, quindi, ribadire che la consapevolezza 
              niebuhriana dei limiti della mente umana rispetto all'atto 
              politico non corrisponde a una debolezza del filosofo politico ma 
              è piuttosto l'espressione della natura stessa della politica.
 
 Il problema della guerra nucleare
 
 Un'altra critica mossa al pensiero politico di Reinhold Niebuhr 
              […] riguarda la questione della guerra nucleare. Se ho ben capito 
              […], è stato ipotizzato che Reinhold Niebuhr abbia cambiato idea 
              dimostrando una certa incoerenza. Io non ne sono affatto convinto. 
              Ancora una volta, è probabilmente a causa dell'affinità fra il mio 
              pensiero e quello di Reinhold Niebuhr riguardo a questo problema 
              fondamentale che mi permetto di interpretare la sua posizione.
 Vi è una fondamentale differenza tra il lancio delle prime due 
              bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e una guerra nucleare 
              totale. All'inizio dell'era atomica, determinata dai due eventi, 
              esisteva ancora un rapporto razionale tra l'uso della violenza 
              come mezzo e gli obiettivi della politica estera. Tale rapporto 
              razionale è stato radicalmente distrutto dalla possibilità di una 
              guerra nucleare totale perché una guerra - ovvero l'uso della 
              violenza come strumento per gli obiettivi della politica estera - 
              che distrugge le parti in conflitto così come l'oggetto della 
              contesa è una assurdità completa. Non voglio dire con ciò che non 
              saremo costretti a mettere in pratica tale assurdità. Ma rimane 
              comunque un'assurdità. Di conseguenza non è stato Reinhold Niebuhr 
              a cambiare idea ma piuttosto è cambiata l'epoca su cui si basavano 
              le sue intuizioni politiche. E' allora perfettamente coerente 
              difendere, da un punto di vista politico e morale, l'uso delle 
              prime due bombe atomiche come strumento per raggiungere un 
              obiettivo della politica estera e negare la ragionevolezza e la 
              validità morale di una guerra nucleare totale.
 
 Il problema delle ideologie politiche
 
 Infine, voglio accennare al problema centrale della politica su 
              cui The Structures of Nations and Empires di Niebuhr ha gettato 
              nuova luce, ovvero quello delle ideologie politiche. È qui che il 
              travisamento della verità sulla politica e sul degrado politico 
              dei valori etici risulta più evidente, in quanto ha influito 
              negativamente sulla nostra comprensione della politica e sulla 
              nostra valutazione dei principi etici. Poiché - se mi è concessa 
              una sintesi del pensiero di Niebuhr - l'ambizione di potere e la 
              lotta per il potere che derivano da aspirazioni contrastanti hanno 
              una connotazione negativa nella nostra società: coloro che cercano 
              il potere, cioè coloro che sono impegnati nell'attività politica, 
              devono far credere che ciò a cui ambiscono non sia il potere ma 
              qualcosa di più nobile e in qualche modo degno di approvazione 
              morale. Le ideologie politiche, quindi, l'occultamento 
              intellettuale e la trasformazione dell'atto politico in qualcosa 
              di diverso da ciò che in effetti è, sono una concomitante 
              dell'atto politico stesso, costituiscono un presupposto del 
              successo politico. E così scopriamo che al livello più alto 
              dell'organizzazione politica, quello degli imperi e delle chiese, 
              queste ultime assumono l'aspetto di un impero lottando per il 
              potere allo scopo di mantenersi e di espandersi e gli imperi si 
              ammantano di una parvenza di religiosità per giustificare la loro 
              esistenza e le loro politiche in termini di moralità e provvidenza 
              divina piuttosto che di potere. Niebuhr ha dimostrato che questa 
              qualità non appartiene soltanto ad alcuni partiti politici o a 
              certe nazioni, ma piuttosto che il rapporto tra realtà politica 
              occultata ed etica corrotta è la vera essenza della politica. In 
              altre parole, le ideologie politiche sono un'arma della lotta per 
              il potere che tutti i partecipanti devono utilizzare in maggiore o 
              minore misura.
 
 In conclusione, lasciatemi dire che ho sempre considerato Reinhold 
              Niebuhr il più grande filosofo politico vivente degli Stati Uniti, 
              forse l'unico ad aver dimostrato una certa creatività dopo Calhoun. 
              È tipico della politica americana e del nostro modo di considerare 
              le questioni politiche che a meritarsi tale definizione non sia 
              uno statista né un politico e tanto meno un docente di scienze 
              politiche o di filosofia, ma piuttosto un teologo. Perché noi in 
              quanto popolo abbiamo avuto la tendenza - per lo meno dal 
              Settecento - di dare per scontate le nostre istituzioni politiche, 
              considerandole le migliori, ritenendo che esse non necessitino di 
              giustificazioni filosofiche né di elaborazione intellettuale. Non 
              è un caso che proprio in occasione del grande conflitto che portò 
              alla guerra civile sia stata sviluppata una grande filosofia 
              politica per giustificare una particolare posizione all'interno 
              del sistema politico americano. Era quindi improbabile che da una 
              società politica laica, priva di distinzioni di classe 
              stratificate e profonde come pure di conflitti fondamentali e 
              permanenti, nascesse una filosofia politica. Per sviluppare quella 
              filosofia era necessario un uomo che potesse osservare la società 
              americana così com'era dall'esterno, sub specie aeternitatis. Io 
              credo che quell'uomo sia Reinhold Niebuhr.
 
 21 giugno 2002
 
 (da 
              Ideazione 3-2002, maggio-giugno 2002, traduzione dall'inglese di 
              Marcella Mancini)
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