| Cucina. Nozze d'argento per il "Cul de 
              sac" di Roma di Maria Luisa Gualtieri
 
 “Tutta Roma è un’osteria e ci si vive”, scriveva Cesare Pavese nel 
              suo splendido romanzo “Il compagno”. Ed è proprio questa 
              l’impressione che si aveva qualche sera fa a piazza Pasquino dove 
              il ristorante “Cul de sac” ha festeggiato, forse nell’unica bella 
              serata di un piovoso settembre, i suoi 25 anni di vita da 
              ristoratore. Una digressione, quella di questa settimana, rispetto 
              al canovaccio tradizionale della nostra rubrica gastronomica, al 
              racconto di piatti tipici della cultura culinaria italiana e della 
              storia dei nostri prodotti. In piena luce, stavolta, è un locale, 
              il “Cul de Sac” appunto, che rappresenta il capostipite di un 
              filone che, negli anni più recenti, ha conosciuto fortuna e 
              sviluppo con la moltiplicazione di vinerie e wine bar. Ma come 
              spesso accade, nulla riesce a replicare il calco vincente 
              dell’originale, fondato nel lontano 1977.
 
 Ne sanno qualcosa i tentativi di replica, come avvenne qualche 
              anno fa a Berlino, proprio con il “Cul de Sac”, un locale gemello 
              aperto con coraggio e passione nella nuova capitale tedesca, che 
              non riuscì però a replicare i successi del suo omonimo romano. 
              Perché a Roma questo locale è qualcosa di più di una semplice 
              vineria e qualcosa di diverso di una semplice osteria. Lo è 
              nell’ambientazione da vagone ferroviario, recentemente rinnovata 
              nei tavoli ma non nello stile, e nella proposta culinaria alla 
              quale si affianca una pressoché inesauribile scelta di vini 
              italiani ed esteri (si calcolano circa 1400 etichette). Il 
              classico “librone”, dal quale si sceglie la bottiglia preferita, è 
              un cult per i clienti.
 
 Ritorniamo alla festa, a queste meritate nozze d’argento. Piazza 
              Pasquino, negata al traffico, transennata e zeppa di tavolini 
              imbanditi di gente invitata o imbucata che festeggia con i fini, 
              classici manicaretti del ristorante famoso per i suoi stuzzichini. 
              Il tutto innaffiato da vini rossi speciali perché la mescita 
              d’autore è un altro dei fiori all’occhiello del “Cul de sac”.
 
 La festa è iniziata alle venti, anche se già da prima era 
              impossibile attraversare la piazza. E si è tirato fino alle ore 
              piccole, con quell’aria perditempo tipica delle serate romane. E 
              il menu? Tipico del Cul de sac: lenticchie rosse, crema di 
              baccalà, trippa alla romana, melanzane alla calabrese e fichi 
              glassati ripieni e il famoso “topik”, che è uno sformato di ceci e 
              patate lessati, tritati, mischiati a uva passa e pinoli e poi 
              cotti a vapore per venti minuti. Proposte culinarie che troverete 
              fedelmente ogni sera. Se capitate a Roma, non marcate visita, 
              potreste pentirvene.
 
 11 ottobre 2002
 
 mlgualtieri@hotmail.com
 
              
              "Cul de Sac", piazza Pasquino 73 (zona piazza Navona), Roma - 
              06/68801094 |