| Cento anni di inquietudine intervista a Margherita Marchione
 
 Giuseppe Prezzolini con un’insolita tenerezza la definì “una delle 
              mie pianticine, quella che ha dato i frutti migliori e 
              inaspettati”, a lei dedicò un capitolo de L’italiano inutile 
              (1964), quello sulle monachine di Morristown. Della giovane suora, 
              del resto, sarà relatore della tesi di laurea alla Columbia 
              University, dedicata a La politica di Giorolamo Savonarola. Oggi 
              suor Margherita non è più la suorina descritta da Prezzolini, 
              all’età di ottant’anni è un punto di riferimento per la cultura 
              cattolica negli Stati Uniti. Professore emerito alla Fairleigh 
              Dickinsons University, con all’attivo la pubblicazione di ben 
              quaranta libri, soprattutto saggi di letteratura italiana e opere 
              sulla figura di Papa Pio XII. Con Giuseppe Prezzolini, suor 
              Margherita Marchione condivise non solo un intenso percorso 
              culturale, ma ebbe una vicinanza umana che la condusse ad 
              assisterlo negli ultimi mesi di vita, quando allo scrittore era 
              mancata anche la moglie. “Quando sono arrivata a Lugano, il 23 
              maggio del 1981, Prezzolini scelse un modo tutto particolare per 
              esprimere la sua felicità per il mio arrivo, scrisse un articolo 
              sulla Gazzetta Ticinese: “Suor Margherita è una delle mie 
              pianticine, parecchie delle quali non attaccarono; ma questa dette 
              buoni frutti, inaspettati. Io le avevo insegnato Machiavelli e 
              Guicciardini. Lei mi sorpassò con Filippo Mazzei che era un 
              toscano e scriveva bene”. Margherita Marchione è stata la 
              testimone diretta della vivacità culturale di Giuseppe Prezzolini 
              che seppe mantenere intatta fino agli ultimi mesi della sua lunga 
              vita. Lo “sdoganamento culturale” di questo significativo 
              intellettuale avvenne solo alla fine della sua lunga vita, in quei 
              mesi in cui suor Margherita gli rimase accanto.
 
 Prezzolini rimase lucido negli ultimi anni?
 
 A cent’anni, Prezzolini ancora scriveva otto articoli al mese per 
              riviste e giornali italiani. Inoltre, prima delle morte è stato 
              lui stesso a indirizzare i miei studi sulla sua figura seguendo lo 
              sviluppo di alcuni volumi che avevo già messo in cantiere: Un 
              secolo di attività (1982); Ricordi saggi e testimonianze (1983); 
              L’ombra di Dio (1984); Incontriamo Prezzolini (1985). Fino alla 
              fine della sua vita era intellettualmente lucido, spiritoso, 
              allegro. Invitata a parlare per la festa del 27 gennaio 1982, feci 
              la mia relazione sul tema, L’umanità di Prezzolini. La sua 
              lucidità e chiarezza di mente è ben attestata dalle centinaia di 
              interviste sui giornali e sulle riviste di tutto il mondo e dai 
              numerosi programmi alla radio e alla televisione durante le 
              celebrazioni del suo centesimo compleanno.
 
 Come visse l’approdo alla condizione di 
              centenario?
 
 Prezzolini era contento, finalmente l’Italia cominciava a 
              riconoscere il suo grande valore. Lo accompagnai in aereo a Roma 
              per il premio Penna d’Oro, conferitogli nel mese di gennaio dal 
              presidente Pertini. Eravamo ospiti del governo italiano. All’Hotel 
              Hassler, dove eravamo alloggiati, vi fu una sequenza di visite 
              ufficiali, accademici e politici. Quello più assiduo fu, 
              naturalmente, Giovanni Spadolini, che di Prezzolini era stato 
              sempre un estimatore. Le Poste italiane decisero di emettere una 
              busta commemorativa di annullo con il ritratto dello scrittore 
              fatto dal pittore Luciano Guarnieri. Su una di quelle buste 
              Prezzolini volle farmi una dedica: “Per ringraziarti, cara, ci 
              vorrebbe la penna di un angiolo, non di un demonio domestico, come 
              son io”. Fu un periodo glorioso che aveva come unico neo il 
              ricordo della morte di sua moglie, Jakie, il 28 novembre 1981.
 
 Cosa ricorda del giorno del suo compleanno?
 
 Nel giorno del suo compleanno fu lui stesso a rispondere alla 
              telefonata del giornalista Ed McDowell del New York Times. Con una 
              risata disse: “Non mi chiamo signor Prezzolini; mi chiamo signor 
              Cent’anni!”. Dopo averlo rassicurato sul suo stato di salute 
              espresse i suoi auguri per la sua seconda patria: gli Stati Uniti. 
              Perché Prezzolini fu sempre orgoglioso della doppia cittadinanza, 
              sia italiana che americana.
 
 Dopo il riconoscimento al Quirinale tornaste 
              a Lugano…
 
 Sì, il centenario e il riconoscimento ufficiale del governo 
              italiano innescarono una riscoperta di Prezzolini che fu sommerso 
              dalle richieste d’intervista. In poco tempo furono organizzati ben 
              tre convegni internazionali di studi, con la partecipazione di 
              critici provenienti da tutto il mondo, per dibattere il suo 
              contributo al Ventesimo secolo. Presi parte ad alcuni di questi 
              simposi: Lugano, il 6 febbraio; Pescia il 2 e 4 aprile; Vietri sul 
              Mare, 17-19 aprile. Prezzolini, però, non volle parteciparvi.
 
 Quindi vi separaste…
 
 Avevo già ottenuto una lunga dispensa per restargli accanto, ma 
              nel mese di giugno dovetti partire per gli Stati Uniti dove mi 
              attendevano impegni inderogabili. Sarei tornata presto. Prezzolini 
              non voleva che partissi. Quando mi accompagnò con le sue gambe 
              alla porta, disse: “Non ti vedrò più”. Gli diedi un bacio e cercai 
              di consolarlo: “Tu sai che tornerò ecco il mio biglietto” (il 
              console generale d’Italia in Svizzera, su indicazione del governo, 
              mi aveva dato un biglietto di ritorno per avere certezza del mio 
              rientro). Appena giunta negli Usa gli telefonai per incoraggiarlo. 
              Capivo che non stava bene, e pochi giorni dopo fu ricoverato 
              all’ospedale per complicazioni bronchiali. Intanto, pregavo 
              affinché ricevesse il dono della fede. Dall’ospedale a pochi 
              giorni dalla morte, mi scrisse due lettere, una dettata al figlio 
              Giuliano; l’altra, l’ultima della sua vita, scritta con grafia 
              quasi indecifrabile: “Eccomi arrivato a una chiarificazione che 
              vorrei studiare…”. Parole misteriose e insieme coerenti con ciò 
              che era stato il suo costante travaglio: “Son quasi convinto che 
              riescirò a confermarmi in un punto più avanzato… Cerco, ricerco, 
              mi perdo. Non ti sgomentare, non negarmi ancora un momento di una 
              visita…”.
 
 Giuseppe Prezzolini morirà il 14 luglio 
              1982…
 
 Quando morì non ero fisicamente al suo capezzale. Ma una suora 
              infermiera, che ogni tanto lo aveva assistito in casa negli ultimi 
              mesi, per caso era entrata in camera e rimase con lui. Mentre 
              recitava il santo rosario, Prezzolini morì. Negli ultimi momenti 
              della sua vita terrestre si era reso conto che i suoi giorni e la 
              sua ricerca di Dio stavano per concludersi. Sapeva pure che Dio 
              solo poteva giudicarlo, rivelargli il grande mistero dell’eternità 
              e spalancargli la porta del paradiso.
 
 Rimase un ateo?
 
 Durante la sua vita, Prezzolini si riteneva indegno del dono 
              meraviglioso della fede. Tuttavia vorrei ripetere quello che in 
              una lettera mi ha scritto l’arcivescovo Peter L. Gerety: 
              “Prezzolini si credeva un ateo, ma tu hai notato in lui delle 
              qualità straordinarie di bontà che sono un riflesso del buon Dio”. 
              Forse si può dire che Prezzolini è stato tra coloro che 
              possedevano un’anima naturaliter cristiana.
 
 11 ottobre 2002
 
 (da Ideazione 4-2002, maggio-giugno)
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