| Nicoletti e 
              Prezzolini, amici ritrovati di Marco Nicoletti
 
 Avvocato, giornalista, storico del pensiero politico e scrittore, 
              Gioacchino Nicoletti, mio nonno, nacque a Castel di Tora (Rieti) 
              il 4 novembre 1897 da una famiglia della borghesia locale che 
              vantava tra gli antenati Santa Veronica Giuliani, dottore della 
              Chiesa canonizzata nel 1839 da Papa Gregorio XVI. Dopo gli studi 
              liceali, appena maggiorenne, partì volontario per la “grande 
              guerra” nel corpo del Genio militare con il grado di sottotenente, 
              rimanendo ferito ed ottenendo varie decorazioni al valor militare. 
              Dall’esperienza del conflitto ricavò l’ispirazione per un denso 
              libro di ricordi di trincea – Sotto la cenere – pubblicato nel 
              1927 dall’editore Treves (ristampato nel dopoguerra da Sansoni). 
              Tornato alla vita civile, nel 1922 divenne redattore della 
              Rivoluzione Liberale di Gobetti e del Foreing Press Service di 
              Giuseppe Prezzolini, nella sede romana della celebre agenzia. 
              Contemporaneamente studiò giurisprudenza e scienze politiche, 
              sempre a Roma, nell’antica sede universitaria di Sant’Ivo alla 
              Sapienza. Cultore del pensiero politico di Mazzini, autore al 
              quale ha dedicato numerosi ed importanti studi, dopo alcuni 
              soggiorni di studio in Inghilterra, iniziò l’insegnamento 
              universitario in vari atenei italiani (Roma e l’Università 
              Cattolica di Milano). Dissidente nei confronti del regime 
              fascista, continuò l’opera di Salvemini (che era riparato in 
              Francia dopo l’assassinio di Matteotti) scrivendo su La Giustizia 
              di Firenze. Per questa sua attività, nel 1927 venne condannato al 
              confino politico in quel di Marina di Pietrasanta. Qui conobbe 
              Giovanni Gentile il quale, figurandogli l’essenza del fascismo 
              come il naturale proseguimento dell’idea risorgimentale, lo 
              convinse ad abbandonare l’opposizione e gli presentò Mussolini. 
              Gli fu consentito di riprendere l’insegnamento presso l’Università 
              di Pisa e presso il Collegio Mussolini.
 
 Combattente in tutte le campagne d’Africa fino al 1943, al fianco 
              di Rodolfo Graziani, fece rientro in Italia dopo l’8 settembre. 
              Aderì – da repubblicano mazziniano – alla Repubblica sociale 
              italiana, ricevendo dallo stesso Mussolini l’incarico di prefetto 
              a disposizione. Stabilitosi nella sede di Villa Angelini a Salò, 
              svolse numerosi incarichi di estrema delicatezza. Fu, inoltre, 
              direttore di Volontà Repubblicana, un foglio da lui fondato nel 
              quale l’avventura nel fascismo repubblicano veniva interpretata in 
              una prospettiva “sociale” e nazional-repubblicana. Nell’autunno 
              del 1944, quando ormai si andava profilando la disfatta, fu 
              incaricato da Mussolini di adoperarsi affinché alcuni complessi 
              industriali del Nord, tra cui l’Ansaldo e il porto di Genova, 
              venissero risparmiati dai tedeschi in ritirata. Qualche mese 
              prima, sempre su indicazione diretta di Mussolini, aveva svolto un 
              ruolo di primo piano nei diversi tentativi, tutti peraltro 
              destinati al fallimento, che avrebbero dovuto portare ad una pace 
              separata. In quell’occasione ebbe contatti con alleati e 
              partigiani durante la cosiddetta “Operazione ponte”, portata 
              avanti principalmente dal filosofo Edmondo Cione. Conclusasi 
              tragicamente l’avventura repubblicana, Nicoletti trascorse alcuni 
              giorni di prigionia in un carcere del Nord Italia. Ebbe salva la 
              vita per intercessione del comandante del Patriot Branch alleato, 
              il conte Eros Compagnucci Compagnoni, il quale testimoniò presso 
              il Cnl dell’opera svolta da Nicoletti, nella sua qualità di 
              prefetto a disposizione, in favore di numerosi detenuti politici, 
              che proprio grazie alla sua intercessione presso il “duce” avevano 
              avuto salva la vita. Il suo ritorno alla vita civile fu ovviamente 
              difficile. L’adesione alla Rsi gli costò l’epurazione. Nel 1950, 
              dopo una breve collaborazione come legale presso la casa editrice 
              Garzanti, lasciò Milano e si trasferì a Perugia, con la moglie e i 
              sette figli. Nel capoluogo umbro ottenne, presso l’università 
              locale, l’incarico di Storia delle dottrine politiche, ma per 
              alcuni anni dovette occupare quella prestigiosa cattedra, che era 
              stata di Carlo Curcio, senza percepire alcuno stipendio.
 
 Giunto a Perugia, Nicoletti riallacciò, poco alla volta, i 
              contatti con gli ambienti letterari ed artistici frequentati nella 
              Roma degli anni Trenta e nella Milano dell’immediato secondo 
              dopoguerra (nel capoluogo lombardo era stato commissario del 
              Premio Bagutta con Vergani, Bacchelli, Sacchi, Novello e Vellani 
              Marchi). Grazie a queste sue conoscenze, contribuì a rendere meno 
              provinciale l’ambiente intellettuale perugino ed umbro. Negli anni 
              Cinquanta e Sessanta, grazie al suo interessamento, a Perugia 
              vennero numerose personalità. Ad esempio, tra i primi, Curzio 
              Malaparte. Ma anche e in più occasioni Riccardo Bacchelli. 
              Ricordo, ancora bambino, le pantagrueliche mangiate di quell’amico 
              di famiglia la cui mole occupava l’intero vano di una porta. Anche 
              Arturo Benedetti Michelangeli venne più volte nella nostra casa. 
              Era solito arrivare con la sua Ferrari argentata. Se non era per 
              qualche impegno legato alla Sagra Musicale, era solito mettersi al 
              pianoforte a suonare per pochi fortunati. I grandi, ovviamente, lo 
              ascoltavano estasiati. Noi bambini, innocentemente indifferenti, 
              continuavamo invece i nostri giochi. Molto legato a mio nonno fu 
              anche Ezra Pound, che lo ha immortalato in alcuni versi dei suoi 
              Cantos. Anch’egli venne qualche giorno a Perugia: “Caro Nic – 
              scriveva il poeta in una lettera del 18 luglio 1959 – potresti 
              assicurarmi tre camere separate, o al Rosetta o dovunque che non 
              sia il Brufani? Basta un letto per camera. Siamo tre in famiglia e 
              vogliamo pernottare in pace, solitudine, ecc.”. Esattamente dieci 
              anni dopo una lettera dello stesso tono annunciava l’arrivo a 
              Perugia di un altro grande amico, Giuseppe Prezzolini, che come 
              Pound era amante della riseratezza: “Desidero un albergo che non 
              sia l’Hotel Brufani, che so caro ai letterati in giro per la 
              Penisola”. Con Prezzolini, conosciuto negli anni Venti, mio nonno 
              Gioacchino ebbe un lunghissimo rapporto, intellettuale e 
              d’amicizia, testimoniato da un’intensa corrispondenza, risalente 
              in gran parte al secondo dopoguerra. I due – come testimoniano le 
              lettere pubblicate in questo fascicolo di Ideazione – erano soliti 
              scambiarsi pubblicazioni ed informazioni, commenti sull’attualità 
              politico-letteraria, impressioni sul tempo presente e ricordi.
 
 Gioacchino Nicoletti è morto a Perugia nel 1983, all’età di 87 
              anni. Ha lasciato, oltre ad un ricco epistolario, numerose 
              pubblicazioni, a cavallo tra storia, politica e letteratura. Tra 
              le più significative, meritano di esser ricordate le seguenti: 
              Sotto la cenere (Treves, Milano, 1927), Tra scienza ed eresia 
              (Sansoni, Firenze, 1935), Lezioni di Storia delle Dottrine 
              Politiche (Politica italiane dell’Ottocento) (G.U.F. di Pisa 
              Sezione Editoriale, 1940), Socialismo (Giulio Vannini Editore, 
              Brescia, 1946), Testimonianze di Dottrina Politica e d’Azione 
              (Sansoni, Firenze, 1965), Motivi laburisti (Sansoni, Firenze, 
              1965), Variazioni e scandagli di politica, di storia e di cultura 
              (Sansoni, Firenze, 1965), Ragguagli di pensiero politico e di 
              storia (Sansoni, Firenze, 1965). Come giornalista, ha collaborato, 
              con articoli di storia, costume e politica, a numerosi quotidiani 
              nazionali (Il Tempo, Il Mattino, La Voce Repubblicana, La 
              Nazione), a periodici (Il Borghese, La Lettura, il Campano) nonché 
              a riviste di filosofia, di storia del pensiero politico e di 
              politica.
 
 11 ottobre 2002
 
 (da Ideazione 4-2002, maggio-giugno)
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