| Narrativa. S. Y. Agnon: storie comuni 
              d’amore e di follia di Carlo Roma
 
 Hershl e Blume sono due ragazzi come tanti altri. Due cugini che, 
              all’improvviso, senza capire e senza rendersi conto di quanto si 
              verifica intorno a loro, si sentono sempre più vicini ed uniti. 
              Mossi dal desiderio di approfondire la loro amicizia, si cercano e 
              si attendono. Mentre a Shibush, piccolo paese dell’Europa 
              orientale, la vita della laboriosa comunità ebraica alla quale 
              Hershl e Blume appartengono fluisce lentamente, nasce una 
              relazione difficile, quasi impossibile. Un rapporto basato su una 
              conoscenza parziale fatta di gesti fugaci e rapidi, sguardi 
              complici e nascosti, ma soprattutto legata a sogni irrealizzabili 
              nella realtà di tutti i giorni. Chi è, però, Blume? E’ una giovane 
              orfana alla quale è morta da poco la madre. Alla fine dei mesi 
              dolorosi del lutto, i vicini l’aiutano a preparare i bagagli e, su 
              un carretto affittato per l’occasione, la mandano dai parenti che 
              vivono appunto a Shibush. “Questo cugino da cui vai - le dicono 
              prima di farla partire - è un uomo ricco e conosciuto nella sua 
              città. Non devi far altro che chiedere dov’è la sua casa - 
              concludono - e te la mostreranno subito”. Di cosa si occupa, cosa 
              sa fare Blume? Mite, silenziosa e remissiva, ricambia l’ospitalità 
              che le offrono gli zii, provvedendo alle faccende di casa. Fin da 
              quando viveva con la madre anziana, infatti, Blume aveva sempre 
              svolto mansioni domestiche. Anche ora, osservata di tanto in tanto 
              dagli occhi inquieti ed interessati di Herschl, si chiude in 
              cucina e si dedica alla gestione della vita familiare. “Cucina, 
              cuoce al forno, fa il bucato e rammenda. Non vi è angolo in cui 
              non sia riconoscibile la sua mano. Blume sa lavorare. Non per 
              niente era cresciuta in una casa di una madre sempre malata”. 
              Blume, dunque, non ha grandi ambizioni e si accontenta di mettere 
              al servizio dei suoi zii le competenze acquisite, giorno dopo 
              giorno.
 
 Herschl, sebbene ancora giovane, invece è destinato ad ereditare i 
              proficui affari del padre, Borukh Meir. Unico figlio di una coppia 
              anziana, Herschl viene indirizzato, fin da subito, verso la 
              conduzione delle attività commerciali sulle quali si fondano tutte 
              le ricchezze della famiglia. Il negozio per Borukh Meir 
              rappresenta davvero una fonte inesauribile di guadagno e 
              prosperità. Con la sua barba folta e lunga, pio ed ortodosso 
              com’è, egli ha già pianificato il futuro del figlio compreso anche 
              quello di natura sentimentale. Herschl deve piegarsi alla sua 
              volontà: deve sposarsi con Mine, la figlia di un facoltoso 
              amministratore. Il matrimonio, combinato da un furbo sensale, non 
              può essere rifiutato. Il destino di Herschl e Blume, allora, non 
              si incrocerà mai più. “Da quando Blume se n’era andata dalla sua 
              casa, Herschl non l’aveva più rivista. Ogni giorno sperava che lei 
              venisse in negozio, ma tutte le sue speranze andarono deluse”. Ad 
              Herschl, tuttavia, resta ancora una strategia di difesa: si chiude 
              in un silenzio profondo che simula la follia ed i suoi occhi si 
              venano di una tristezza solitaria di cui nessuno riesce a 
              comprendere il motivo. Con l’anima oramai consumata da una 
              inspiegabile malinconia, “Herschl passava le sue notti senza 
              dormire e le sue giornate senza dormire”. Fino a quando lo stato 
              di apatia, curato in una clinica, in qualche modo lo rigenera, 
              riconsegnandolo vivo e socievole, impegnato nei suoi traffici, 
              sereno accanto alla moglie. Herschl sembra diverso ma forse, mosso 
              da un’ebbrezza inconsueta, è impazzito davvero.
 
 “Una storia comune”, pubblicata nel 1935 da S. Y. Agnon corre sul 
              filo della semplicità espositiva e dell’immediatezza dell’impianto 
              narrativo. Agnon, nato in Galizia nel 1888 e morto in Israele nel 
              1970, premio Nobel per la letteratura nel 1966, mette in scena una 
              vicenda sentimentale simile a molte altre in cui si respira, però, 
              un’atmosfera intrisa di una forte ed omogenea cultura ebraica. Una 
              tradizione per la quale l’osservanza dei valori condivisi ed 
              accettati dalla comunità assurge a norma di vita fondamentale e 
              imprescindibile. Una tradizione nella quale l’uomo non sembra 
              essere, in alcun modo, padrone di se stesso, del suo destino e dei 
              suoi sentimenti. E’ contro questa innegabile sensazione che si 
              scaglia, con un tono lucido, beffardo ed implacabile, S. Y. Agnon.
 
 11 ottobre 2002
 
 crlrm72@hotmail.com
 
              
              S.Y. Agnon, Una storia comune, Adelphi, pp.292, € 15,50 |