| I vini del Franco bevitore. Un 
              Franciacorta re dei Pinot nero di Franco Ziliani
 
 La sorpresa è stata davvero clamorosa. Nella piccola Bourgogne 
              italiana, nella capitale indiscussa del Pinot noir, in occasione 
              della prima edizione del Concorso del Pinot nero, organizzato 
              dall’Associazione turistica di Egna e svoltasi in Alto Adige, il 
              vincitore, del tutto inaspettatamente, non è stato, com’era 
              prevedibile, un Blauburgunder sudtirolese, ma un vino proveniente 
              dalla capitale del metodo classico italiano, la Franciacorta. Solo 
              per un mezzo punto, nella media dei punteggi espressi in ventesimi 
              da una commissione di degustazione internazionale formata da 
              tecnici, enologi, giornalisti, produttori, che ha preso in esame 
              56 campioni annata 1999 provenienti da Alto Adige, Trentino, 
              Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Friuli Venezia Giulia, 
              Umbria, il Sebino Igt l’Arturo prodotto dall’Azienda agricola 
              Ronco Calino di Cazzago San Martino, ha preceduto il Pinot nero 
              Sanct Valentin della Cantina Produttori San Michele di Appiano. Ad 
              un punto di distanza, fermi a 15,5/20, altri due vini altoatesini, 
              la riserva della Cantina Viticoltori di Caldaro e la riserva della 
              piccola cantina Stroblhof di Appiano, e due vini trentini: il 
              Ritratti della Cantina di Lavis ed il Maso Montalto dei Fratelli 
              Lunelli di Trento.
 
 Il palmarès dei primi 16 vini, gli unici che per espresso impegno 
              degli organizzatori verranno resi noti, (mentre non verranno 
              comunicati, se non alle aziende partecipanti, i risultati ottenuti 
              dai rispettivi vini classificati dal 17° al 56° posto), è 
              completato, a quota 15/20, da altri otto vini, sette targati Alto 
              Adige (il Patricia della Cantina Produttori Cornaiano, le riserve 
              St. Daniel e Schwarzhaus della Cantina Produttori Colterenzio, la 
              riserva Borgum Novum di Castelfelder, il Mazzon di Gottardi, la 
              riserva di Anton Ochsenreiter, ed il vino della Cantina di 
              Laimburg) e uno Trentino (Maso Cantanghel), e a quota 14,5/20 
              ancora da due Blauburgunder della provincia di Bolzano, la riserva 
              Sandlahner della Cantina di Santa Maddalena e lo Schiesstandhof 
              della Cantina Produttori di Termeno. Questo il risultato nella sua 
              lapidaria chiarezza, sorprendente, perché laurea migliore Pinot 
              nero italiano, in un Concorso che si è svolto nella heimat del 
              Pinot nero, con un buon numero di degustatori altoatesini (ma ce 
              n’erano anche francesi, spagnoli, tedeschi, lussemburghesi e di 
              altre regioni italiane), un vino che proviene da una zona che 
              sinora, nonostante gli impegni di alcune importanti aziende, non 
              si era messa in luce come terra ideale per il difficile vitigno 
              borgognone. Ma anche tale, con buona pace degli altoatesini, 
              superati su un prodotto di cui giustamente vanno orgogliosi e di 
              cui pensano di detenere il primato, da fugare ogni possibile 
              sospetto degli osservatori più maliziosi, che avrebbero potuto 
              pensare ad un wine contest ideato e condotto dai produttori 
              sudtirolesi pro domo loro.
 
 L’Arturo, così denominato perché l’azienda agricola comprende un 
              vigneto ed una villa che fu di proprietà di quel genio del 
              pianoforte e della musica tout court denominato Arturo Benedetti 
              Michelangeli, e dove il maestro si recava spesso per riposare e 
              trovare ispirazione, è un Pinot nero, di Franciacorta, e quindi 
              diverso dai vini altoatesini e trentini, degno del massimo 
              rispetto, di forte personalità, di grande struttura. Un vino che 
              fa riflettere sulla liceità o meno dei giudizi, anche del 
              sottoscritto, di chi è convinto che la Franciacorta debba puntare 
              solo sulle sue magnifiche bollicine metodo classico e non “perdere 
              tempo” con i vini rossi. Questo vino testimonia invece, una volta 
              di più, non solo la vocazione alla qualità di questa novella zona 
              vinicola con poco più di 40 anni di storia, ma la sua possibilità 
              e capacità di dire cose interessanti anche su un vitigno 
              estremamente complesso come il Pinot nero. Se per un pelo…martin 
              perse la cappa, in altre parole se per solo mezzo punto l’Alto 
              Adige è arrivato secondo e non primo in questo Concorso, il 
              panorama vitivinicolo altoatesino non deve però ritenersi 
              insoddisfatto o deluso per i risultati che emergono da questa 
              degustazione. Su 32 campioni complessivamente presentati, 13 si 
              sono classificati nei primi 16 posti, e tre nei primi sei. 
              Nessun’altra regione, ad eccezione del Trentino, che ha presentato 
              solo nove campioni, ma ne ha piazzati due nei primi sei, e sei nei 
              primi sedici posti, ha ottenuto, e non solo in virtù della 
              preponderanza numerica dei campioni in degustazione, ma grazie ad 
              un’indubbia costanza qualitativa e stilistica, un risultato così 
              soddisfacente. Pinot nero, lo dicono chiaramente i risultati, fa 
              inevitabilmente rima con Alto Adige, Trentino e Franciacorta, 
              giacché nessun’altra, delle regioni presenti al Concorso, 
              (mancavano, per omessa partecipazione, solo campioni della Valle 
              d’Aosta), è riuscita a collocare un proprio rappresentante nel 
              Gotha dei migliori. Voglio chiudere l’articolo dedicando una 
              parentesi al Pinot nero 1999 che mi ha maggiormente colpito tra 
              quelli degustati. Parlo del Blauburgunder, pardon, del Pinot nero 
              riserva 1999 Sanct Valentin, che il più abile e tecnicamente 
              preparato dei kellermeister altoatesini, il re indiscusso dei 
              bianchisti, il 45enne Hans Terzer, deus ex machina della Cantina 
              produttori San Michele di Appiano, ha tirato fuori, dal cappello 
              del mago, dopo aver progressivamente affinato la mano sul grande 
              enigma borgognone con le versioni 1997 e 1998.
 
 Se la cifra distintiva di un Pinot nero dev’essere rappresentata, 
              in sintesi, da una dolcezza e carnosità di frutto, da una 
              rotondità morbida e vellutata che non sconfina mai nel 
              marmellatoso, ma è sempre sorretta da una calibrata vivacità e da 
              una freschezza d’accento, il Sanct Valentin 1999, (18000 bottiglie 
              e circa 2000 magnum), con la sua eleganza ed intensità aromatica, 
              che evoca un vassoio di lamponi e mirtilli leggermente spolverati 
              di cacao, con la ricchezza di sfumature ed il perfetto equilibrio 
              in ogni sua parte, è il vino che, senza esitazioni, consiglierei 
              ad un vigneron bourguignon il quale, arrivato in Italia, mi 
              chiedesse di fargli assaggiare un esempio di ottimo Pinot noir di 
              casa nostra. Non manca il legno, nella confezione e nel progetto 
              esecutivo di questo vino, giacché Terzer ricorre, come per buona 
              parte della linea Sanct Valentin, all’affinamento in barrique. C’è 
              però una materia così bella e matura al punto giusto, una polpa 
              così succosa e vibrante, una struttura tanto salda, un’armonia e 
              una tale bellezza in questo vino, una gioiosa piacevolezza, sia 
              quando lo si assaggia, da solo o in comparazione con altri vini, 
              sia quando gli s’impone di confrontarsi, esaltandolo e non 
              essendone soverchiato, con un piatto a base di carne (magari una 
              sella di capriolo…), che il legno si riduce, cosa che non sempre 
              accade, in questi mala tempora enologici, ad un puro accidente. 
              Tornando ad essere un semplice strumento di cantina (e non quel 
              volgare, sfacciato ed invadente protagonista, in troppi vini) che 
              il buon senso, l’intelligenza ed il garbo dovrebbero prevedere. 
              Soprattutto nel caso di quel magnifico charmant et charmeur 
              chiamato Pinot nero.
 
 11 ottobre 2002
 
 Bubwine@hotmail.com
 
              
              Cantina Produttori San Michele Appiano, Circonvallazione 17 – 19 
              39050 San Michele-Appiano BZ. € 22. Tel. 0471 664466 fax 0471 
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