| L'identità delle comunità regionali di Ludovico Incisa di Camerana
 
 Riproponiamo un estratto della prefazione dell'ambasciatore 
              Ludovico Incisa di Camerana al libro di Karim Mezran "Negotiating 
              national identity".
 
 Proprio in relazione ai processi d'integrazione in corso il 
              dibattito sull'identità nazionale si è fatto in Italia e altrove 
              in Europa ancora più vivo ed intenso. Appare infatti chiaro che le 
              comunità regionali non annullano l'identità dei membri ma le 
              presuppongono. Le organizzazioni regionali non sono riunioni di 
              fantasmi. L'anonimità non è precondizione dell'integrazione. Al 
              contrario: l'identità precisa di ciascun attore definisce più 
              chiaramente, nell'ambito delle strutture comunitarie, gli 
              interessi e le vocazioni di ciascuno dei membri, garantisce 
              soprattutto la sua attendibilità come interlocutore in quanto 
              assetto politico-istituzionale, ossia in quanto Stato. Uno Stato 
              non è Stato se non è Stato nazionale, se, cioè, non ha un'identità 
              nazionale precisa. Ciò premesso è evidente che il problema 
              dell'identità nazionale non si ponga per quegli Stati che 
              presentano una continuità storica plurisecolare ben collaudata nel 
              tempo. […] Non si pone neppure per quegli Stati, nati da 
              rivoluzioni che si proponevano un'identità propria, ad hoc […] Il 
              problema si pone, viceversa, per quegli Stati nati 
              dall'aggregazione di Stati preesistenti, che hanno assunto come 
              identità un riferimento storico come l'Impero, il Reich, per la 
              Germania o un riferimento culturale per l'Italia. […] Persino 
              nell'ambito delle potenze occidentali, l'identità nazionale non 
              solo è un problema di "essere" ma un problema di "divenire".
 
 L'identità in molti casi va scelta ed assunta. E' questo il tema 
              che hanno dovuto affrontare i paesi ex-coloniali. In America 
              Latina fattori e pressioni esterne hanno impedito, salvo nel caso 
              del Brasile, il mantenimento delle grandi strutture amministrative 
              dell'Impero spagnolo. Sono stati i caudillos, i capi degli 
              eserciti che avevano condotto l'indipendenza ed i loro successori 
              a disegnare i nuovi Stati, ad alzare le nuove bandiere, a 
              suscitare nuove realtà nazionali. Non vi è dubbio che oggi, a 
              parte le affinità sul piano linguistico e culturale, una certa 
              solidarietà diplomatica verso l'esterno e tendenze di principio 
              verso l'integrazione a livello regionale e subregionale, l'America 
              Latina si presenti, ricalcando l'Europa, come un insieme di Stati 
              Nazionali. Ciò non è accaduto nell'Africa subsahariana, anche se 
              sembrava incamminata verso una transizione analoga, verso una 
              forma locale di caudillismo: i capi carismatici, che si troveranno 
              alla testa dei nuovi Stati in dipendenti, si valevano infatti, 
              salvo qualche eccezione come Nkrumah in Ghana e Kenyatta in Kenia, 
              di posizioni militari o politiche acquisite pacificamente durante 
              l'ultima fase coloniale, non erano a differenza dei caudillos 
              legati né ad élites né a un popolo. Dopo la loro scomparsa o 
              eliminazione sono emersi i mali di fondo: la frammentazione etnica 
              e confessionale e l'assenza di una società civile in grado di 
              esprimere élites sia pure concorrenti. Questi fattori negativi 
              spiegano la mancata formazione in diversi casi di autentici Stati 
              nazionali, la debolezza strutturale di altri e il fenomeno dei 
              failed States.
 
 Rispetto al resto del continente il Nord Africa è un caso a sé e 
              nell'ambito della stessa regione ogni Stato parte da una 
              condizione postcoloniale diversa per giungere attraverso percorsi 
              diversi a risultati non sempre tra loro omogenei. Colpisce 
              certamente la somiglianza tra due estremi, l'Egitto e il Marocco, 
              per una continuità statuale interrotta solo episodicamente dal 
              potere coloniale e per un centro di gravitazione permanente la 
              monarchia in Marocco, l'esercito (o l'élite militare) in Egitto. 
              In entrambi i paesi il ruolo centrale della monarchia e 
              dell'esercito non è stato contestato dalle élites politiche e 
              confessionali in quanto sia la monarchia marocchina sia il corpo 
              ufficiali egiziano hanno offerto nell'esercizio del potere un 
              punto di equilibrio che ha scaricato e neutralizzato le tensioni 
              interne e conciliato tradizione e modernizzazione. Lo stesso 
              obiettivo è stato raggiunto con una centralità militare in Libia e 
              con una centralità politica, quella di un partito "nazionale", in 
              Tunisia. In questi quattro paesi lo Stato nazionale ha mantenuto o 
              trovato un'identità di base, una rifondazione permanente, vale 
              dire quella piena legittimazione, che è finora mancata al quarto 
              paese, l'Algeria. D'altronde, la situazione di partenza, il 
              raggiungimento della piena indipendenza, non conferisce di per sé 
              legittimità alle strutture a cui formalmente viene concesso o 
              restituito il potere: la reggenza in Tunisia verrà eliminata, 
              altrettanto accadrà al Senusso in Libia. La transizione non porta 
              di per sé alla fondazione dello Stato nazionale, ma implica un 
              negoziato tra le diverse élites espresse dalla società civile e il 
              potere centrale.
 
 Karim Mezran esamina appunto il caso di quattro paesi, il Marocco, 
              l'Algeria, la Tunisia, la Libia. Affronta questi temi valendosi di 
              una approfondita e convincente attrezzatura teorica ed esponendo 
              chiaramente lo scopo del proprio saggio: quello di presentare the 
              emergence of national identity not only as the product of elites' 
              conscious actions, but as the outcome of negotiations (or lack 
              thereof) between opposing visions within the elites at the 
              national movement stages and subsequently at key historical 
              moments. Si tratta, come specifica, di esaminare quattro fasi: la 
              decisione di élites tra loro concorrenti di negoziare la 
              definizione dell'identità nazionale, il modo di gestire il 
              negoziato, i tempi del negoziato, le sue conseguenze positive o 
              negative. […] Su un piano generale, partendo dall'analisi dei 
              quattro paesi menzionati, compiutamente realizzata da Karim Mezran, 
              si comprende come i tentativi per creare nell'area una comunità 
              regionale siano periodicamente falliti. In effetti, l'identità 
              nazionale di alcuni di essi appare ancora troppo sfuggente e 
              confusa per inquadrarsi in una piattaforma comune, che implica, 
              come ha implicato e implica in Europa, un'omogeneità di fondo 
              istituzionale e politica oggi (luglio 2002) del tutto assente nel 
              Nord Africa. Il saggio di Mezran da parte sua ha il merito non 
              solo di fornire un'acuta interpretazione di una storia che occupa 
              mezzo secolo delle nostre cronache mediterranee, ma anche di 
              offrire un punto di partenza e una guida alle élites dei paesi 
              interessati per identificare gli interessi più compatibili e 
              impegnarsi nel nation building in una prospettiva non angusta e 
              settaria ma aperta ad una visione comunitaria, l'unica che può 
              facilitare il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo.
 
 8 novembre 2002
 
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