| Cucina. Le grandi abbuffate di carnevale di Maria Luisa Gualtieri
 
 Il Carnevale, festa di passaggio al nuovo anno, segue riti 
              orgiastici e buffoneschi in omaggio all’assunto latino “semel in 
              anno licet insanire”. Deriva dai saturnali romani e dalle 
              antesterie greche, festa quest’ultima di tre giorni che aveva come 
              protagonista Dioniso e i cui caratteri traslocavano dalla 
              tristezza alla gioia. Ancora oggi, nelle sfilate di Carnevale, si 
              è coinvolti in una bufera tragicomica in cui non si può non 
              partecipare, dove i comportamenti carnascialeschi diventano 
              obbligatori: si deve impazzire.
 
 A Carnevale molto ruota intorno al cibo e alla tavola. Ci piace 
              riproporre una significativa pagina di Maria Luisa Minarelli 
              intitolata la rivincita del Carnevale nel suo libro “A tavola con 
              la storia”: “Dicono che la fame sia una cattiva consigliera, ma 
              nella tradizione europea ha ispirato l’antica forma di protesta 
              del Carnevale, che risale alla settimana dei Lupercali romani, 
              quando i sacerdoti, scannate due capre, correvano nudi per le 
              strade percuotendo le matrone come auspicio di fecondità (…) Cibo 
              e vino, almeno una volta, correvano in abbondanza per tutti. Fino 
              a non molto tempo fa il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio, nelle 
              campagne si scannava il porco, animale totemico carico dei peccati 
              del mondo, e si preparavano capocolli, soppressate, prosciutti con 
              l’ultima carne fresca della stagione, prima della lunga astinenza 
              quaresimale. Per Carnevale era ovunque un’orgia di lombate e 
              braciole, ciccioli e sanguinacci, galani e tortelli fritti nello 
              strutto, grassi dolci di tradizione popolare; era il paese di 
              cuccagna, quando una volta l’anno era di rigore scialare e 
              polenta, salsicce, pesce, maccheroni, fagioli si distribuivano 
              liberamente in piazza tra il vino che correva a fiumi. Giorni 
              della giustizia, ma anche della memoria e della protesta”.
 
 Poca pausa, dunque, dagli stravizi di Natale e capodanno, almeno 
              per coloro che non seguono le rogorose diete salutiste dei tempi 
              moderni. Chi vuol lasciarsi andare seguendo i vecchi ritmi della 
              tradizione ha appena il tempo di prendere un respiro per poi 
              rituffarsi nel clima godereccio (anche e soprattutto dal punto di 
              vista alimentare) che il Carnevale ci offre. Una tradizione che 
              affonda nelle grandi carestie dei tempi antichi, alle quali le 
              maschere della commedia dell’arte italica rispondevano con grandi 
              e chiassose abbuffate: appunto i giorni della protesta.
 
 17 gennaio 2003
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