| Libri. Università, le sfide dell’era 
              globale di Paolo Terenzi
 
 In un volume uscito di recente, Giuseppe Are, che è stato per più 
              di trent’anni professore di Storia contemporanea presso la facoltà 
              di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, si interroga sulle 
              riforme del sistema educativo in atto nel nostro paese in 
              un’ottica comparativa (sono presi in considerazione, oltre a 
              quello italiano, i sistemi educativi inglese, francese, tedesco, 
              americano). Nel libro, diviso in sei parti, si parla di 
              educazione, di leggi e di riforme, ma, ancora più radicalmente, si 
              parla dei nodi che la cultura dei paesi occidentali è chiamata 
              oggi a sciogliere. Nella prima parte, sono esaminati i princìpi 
              ispiratori della riforma intrapresa da Berlinguer. I capitoli 
              centrali offrono, invece, analisi storiche sull’università di 
              massa: di questo modello, sono messe a tema la crescita, avvenuta 
              dopo la seconda guerra mondiale, e la crisi, concomitante allo 
              sviluppo della globalizzazione e della new economy. A fronte di 
              queste nuove sfide, si mostra poi l’urgenza di riprogettare tutti 
              i sistemi di istruzione pubblica. Le ultime due parti del libro 
              intendono fare un consuntivo sui tentativi di riforma. 
              Nell’introduzione, l’autore chiarisce che il libro “è stato 
              progettato e costruito come un’indagine di storia contemporanea” 
              (p. 7). Già dalla lettura del primo capitolo si ha una conferma di 
              questo taglio metodologico. Sono presentati in modo dettagliato i 
              lavori delle commissioni di studio e i passaggi attraverso cui si 
              è arrivati alla formulazione della riforma Berlinguer.
 
 Nel secondo capitolo si sostiene che le cause delle lacune 
              accumulate dall’università italiana dagli anni Sessanta agli anni 
              Novanta non sono solo di tipo locale, ma vanno ricercate proprio 
              nel passaggio dall’università di élite a università di massa, un 
              fenomeno che ha riguardato non solo l’Italia ma anche gli altri 
              paesi occidentali (p. 37). L’università si è trovata a svolgere, 
              storicamente, tre funzioni: la ricerca scientifica, lo sviluppo 
              dello spirito critico e la preparazione specialistica alle 
              professioni. L’avvento dell’università di massa e la 
              politicizzazione delle istituzioni educative avvenuta negli anni 
              Sessanta e Settanta ha messo in crisi l’equilibrio e l’armonia di 
              queste dimensioni. Delle realtà considerate, l’Inghilterra è stata 
              quella, secondo l’autore, che ha saputo affrontare nel modo più 
              efficace e meno traumatico l’incremento di iscrizioni nelle 
              scuole, puntando sul rigore dei controlli di qualità e di 
              rendimento. Nella riflessione sulle conseguenze di globalizzazione 
              e new economy sui sistemi educativi, emerge con chiarezza il 
              presupposto di fondo dello studio di Are: “Un discorso adeguato 
              sulle riforme universitarie [...] non può non essere un esame 
              sostanzialmente speculativo sul trapasso di civiltà che, come 
              tutti chiaramente avvertiamo, il genere umano sta affannosamente 
              vivendo. E che, se non adeguatamente compreso e governato può 
              essere causa di danni e regressioni irreparabili per la nostra 
              società” (p. 83).
 
 La scuola dovrebbe essere la sede in cui si preparano e si 
              elaborano una serie di cambiamenti culturali che la 
              globalizzazione richiede. Mai come in questa fase storica è stato 
              messo in gioco il ruolo che le culture nazionali sono chiamate a 
              rivestire: “E’ in gioco insomma la cultura di un popolo, 
              l’adeguatezza dei suoi strumenti intellettuali diagnostici e 
              progettuali ai mutamenti che il mondo sta subendo” (p. 161). Ci si 
              trova oggi di fronte ad una situazione paradossale: da un lato la 
              diffusione di reti telematiche universali sembra aprire per la 
              cultura spazi di libertà e d’emancipazione finora impensati. 
              Dall’altro si è aperta una gara che “genera e consolida giorno per 
              giorno una gerarchia precisa, una gerarchia di valore tra le 
              diverse culture nazionali, e la rende canonica” (p. 108). Are 
              mostra con dovizia di particolari i contorni della “gara” in atto 
              e ritiene che anche il nostro paese debba ripensare in profondità 
              il sistema educativo. In questa impresa, del resto, si stanno 
              cimentando anche gli Stati Uniti che pure possono ancora avvalersi 
              di una posizione di predominio per il grado di sviluppo 
              tecnologico raggiunto. Il compito che spetta all’Italia non è 
              facile. Un paese che voglia rappresentare un polo d’attrazione e 
              d’interesse deve sapersi radicare nel passato e, allo stesso 
              tempo, deve anche procedere con fermezza verso il futuro. Per 
              tutto questo, servono istituzioni stabili, un sistema economico 
              dinamico e una coscienza culturale consapevole del valore della 
              tradizione.
 
 Alla luce di questa convinzione, nel libro sono anche passate in 
              rassegna in modo critico le proposte di riforma avanzate in Italia 
              nella precedente legislatura. Nell’ultimo capitolo, il libro è 
              uscito nel maggio 2002, c’è anche un accenno a quelli che sono 
              definiti il “realismo” e la “vulnerabilità” della riforma Moratti 
              (p. 148). Anche questo progetto deve necessariamente trovare 
              sincronie e parallelismo con società civile e organi dello stato; 
              rispetto ai tentativi precedenti, quello della Moratti è comunque, 
              secondo Are, un progetto più articolato e meno impregnato di 
              posizioni pregiudiziali.
 
 14 marzo 2003
 
 Giuseppe Are, "L’università nella società globale. Sviluppo e 
              culture", Marsilio, Venezia, 2002, pp. 166 - 15,00
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