| Occitania: un nuovo Piemonte che cresce di Renato Tubére
  
              Un 
              tempo gli abitanti delle regioni di confine rappresentavano 
              l’ultimo baluardo per la difesa della nazionie e, allo stesso 
              tempo, introducevano i prodotti e le novità provenienti dalle 
              terre limitrofe. Oggi, invece, mentre l’Italia insegue vanamente 
              le chimere della globalizzazione, queste popolazioni vivono quasi 
              emarginati dal resto del paese. Volete un esempio? Nelle valli 
              Maira e Varaita,in provincia di Cuneo, dove da due anni è in 
              vigore la Legge 482/99 (“Norme in materia di tutela e promozione 
              delle minoranze linguistiche storiche”), Telecom decise un anno fa 
              di eliminare nel giro di due settimane una dozzina di cabine 
              telefoniche pubbliche. Vane furono le proteste degli abitanti 
              defraudati di questo servizio: con la sensibilità che la 
              contraddistingue, Telecom non ha nemmeno ritenuto di dover loro 
              una risposta. 
 Ma chi sono questi figli di un dio minore, questi italiani di 
              confine che si definiscono con orgoglio Occitanos? Secondo Rosella 
              Pellerino, dinamica filologa di Espaci Occitan, in Italia vive una 
              comunità di circa 180mila persone, distribuite in 120 Comuni del 
              Piemonte, della Liguria e persino della Calabria (Guardia 
              Piemontese, nell’Alto Tirreno) che si definisce occitana. Il loro 
              idioma, erede del latino tardo-imperiale contaminato dalle lingue 
              dei Visigoti e dei Franchi, nacque in epoca medievale nella 
              regione a cavallo fra Italia, Francia e Pirenei spagnoli. La 
              nascita degli stati nazionali e la repressione delle eresie 
              religiose dei Catari e degli Albigesi, emarginarono la cultura di 
              questa popolazione che, chiusa fra le montagne, custodì quasi in 
              segreto le proprie tradizioni, tramandandone l’uso fino ai giorni 
              nostri.
 
 Oggi questi montanari, fieri della propria identità, vogliono fare 
              della lingua d’oc il motore del proprio sviluppo economico e forse 
              ci sono riusciti con Espaci Occitan. Il progetto transfrontaliero 
              Interreg II, approvato dall’Unione Europea, permetterà di usare la 
              lingua d’oc per promuovere attività turistiche, artigianali, 
              agricole e culturali del territorio. Rinascono manifestazioni 
              culturali locali: da due anni si svolge a Roccavione, in provincia 
              di Cuneo la Festa de la Lei (Festa delle Legge) e si organizzano 
              competizioni sportive con discipline ormai perdute.
 
 Come sottolinea il presidente di Espaci Occitan, Teresa Totino, 
              gli occitani sono europei abituati da sempre a combattere per la 
              loro sopravvivenza. Questa associazione si batte per affermare con 
              orgoglio l’identità di un popolo che non vuole scomparire, ma 
              vuole proporsi come antidoto all’omologazione culturale odierna. 
              Un esempio concreto di questa nuova cultura è il primo libro 
              tradotto in lingua d’oc: “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean 
              Giono.
 
 6 giugno 2003
 
 renatotubere@email.it
  
              
              
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