| Libri. 8 settembre: fu “morte della Patria”? di Antonio Carioti
 
 Che l’8 settembre 1943 rappresenti uno snodo cruciale nella storia 
              d’Italia, è unanimemente riconosciuto. Ma sul significato da 
              attribuire a quegli eventi catastrofici, che videro il nostro 
              esercito travolto dalla reazione dei tedeschi, i pareri sono 
              alquanto discordi. La storiografia resistenziale classica vedeva 
              l’armistizio come un punto di rottura, tragico nell’immediato, ma 
              in prospettiva salutare, dal quale le forze migliori del Paese 
              sarebbero ripartite per porre le basi di un avvenire democratico. 
              Nei primi anni Novanta, in coincidenza non casuale con il collasso 
              degli equilibri politici che avevano retto l’Italia per decenni, 
              insigni studiosi avanzarono invece l’ipotesi che l’8 settembre 
              avesse rappresentato un trauma mai più riassorbito, capace di 
              prostrare in modo permanente il sentimento nazionale degli 
              italiani. Renzo De Felice parlò di “sciopero morale”; Ernesto 
              Galli della Loggia, in modo ancora più crudo, di “morte della 
              patria”. A questa visione pessimistica si è in seguito 
              contrapposta la tendenza, autorevolmente patrocinata dall’attuale 
              capo dello Stato, a valorizzare gli episodi di resistenza 
              all’aggressione che pure si verificarono anche nei giorni 
              dell’armistizio, come il sacrificio della divisione “Acqui” a 
              Cefalonia, quali esempi di una virtù civile da coltivare nella 
              memoria collettiva. Quando per esempio l’Associazione dei Comuni 
              lancia un progetto intitolato “8 settembre: la rifondazione della 
              patria”, l’intento polemico verso Galli della Loggia è fin troppo 
              palese.
 
 Questo acceso dibattito, dominato da preoccupazioni relative 
              all’uso pubblico della storia, ha però relegato in secondo piano 
              l’esigenza di un approfondimento circostanziato sull’oggetto del 
              contendere. In sostanza, si è discusso dell’8 settembre molto più 
              che studiarne le vicende, tanto che è stato necessario attendere 
              fino al 1993 per leggere, nel libro di Elena Aga-Rossi, Una 
              nazione allo sbando, una ricostruzione dei fatti basata su un 
              attento scandaglio delle vaste fonti archivistiche, specie quelle 
              anglosassoni, che sono disponibili ormai da parecchio tempo. E la 
              stessa autrice si è poi sobbarcata il compito di ampliare la 
              ricerca, con particolare riferimento al quadro internazionale e 
              alla sorte delle Forze Armate italiane nel settembre 1943, in una 
              seconda edizione del 1998 e infine nella terza uscita quest’anno.
 
 Il risultato è un volume in gran parte nuovo, ben più consistente 
              della versione originaria, che colma altre lacune e ripropone 
              alcuni nodi problematici di grande rilevanza. In primo luogo 
              l’attenzione del lettore viene richiamata sulla necessità di 
              considerare adeguatamente i casi in cui le truppe del regio 
              esercito non si fecero disarmare, ma reagirono con coraggio alle 
              intimazioni dei tedeschi. La regola disonorevole del ”tutti a 
              casa” conobbe significative eccezioni, ben al di là dei terribili 
              eccidi di Cefalonia e Corfù. Inoltre, Elena Aga-Rossi fa 
              riemergere dal dimenticatoio le peripezie delle forze rimaste 
              bloccate dall’armistizio fuori dai confini nazionali: spesso nei 
              Balcani soldati e ufficiali italiani si trovarono fra due fuochi 
              (i tedeschi da una parte, i partigiani slavi o albanesi 
              dall’altra) e anche quando decisero di battersi al fianco della 
              guerriglia comunista locale, subirono spesso un trattamento 
              brutale da parte dei nuovi alleati. Un altro punto su cui 
              l’autrice insiste molto è il contributo dei militari alla 
              creazione delle prime bande partigiane.
 
 Tra lo sfascio del regio esercito e l’avvio della Resistenza non 
              ci fu una cesura netta, secondo la prevalente impostazione della 
              storiografia di sinistra, ma piuttosto una sofferta intersezione, 
              testimoniata dal peso, in genere sottovalutato, che le formazioni 
              autonome di matrice monarchica ebbero nella guerra di Liberazione. 
              In virtù di tali acquisizioni, Elena Aga-Rossi giunge alla 
              conclusione che l’eclissi del sentimento nazionale non fu tanto 
              conseguenza del disastro consumatosi nel settembre 1943, quanto 
              piuttosto dell’egemonia conquistata nel dopoguerra da forze 
              politiche (cattolici e marxisti) portatrici di istanze 
              universalistiche e fondamentalmente estranee allo Stato 
              risorgimentale. Tuttavia il discorso si può anche rovesciare, 
              poiché la prevalenza di quei partiti venne resa possibile proprio 
              dal completo discredito caduto sulle istituzioni dello Stato 
              pre-fascista, in primo luogo la monarchia, e su una classe 
              dirigente che aveva aderito al regime mussoliniano e poi, dopo 
              aver liquidato il duce nel momento della disgrazia, si era 
              rivelata incapace di far uscire il Paese dalla guerra in modo 
              dignitoso. Di fatto la popolazione venne abbandonata a se stessa, 
              con una “totale mancanza di senso di responsabilità”, come si 
              legge nel libro, da coloro che avrebbero dovuto rappresentare la 
              continuità delle istituzioni.
              Forse il termine “morte della patria” può apparire eccessivo e 
              improprio, ma certo fu, come scrive Elena Aga-Rossi, “una delle 
              pagine più tristi e umilianti della storia d’Italia”.
 
 20 giugno 2003
 
 Elena
              Aga-Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del 
              settembre 1943 e le sue conseguenze, il Mulino, Bologna, 2003, pp. 
              324 - € 20,00.
 
 
 |