| Libri. La vera storia di Suss l’ebreo di Carlo Roma
 
 Nel clima arroventato da continue dispute tra Stati rivali in cui 
              si agita la Germania delle tante entità indipendenti, prima 
              dell’Unificazione del 1870, la vita del ducato del Wurttemberg 
              scorre lenta e placida. Tutto appare chiaro e lineare: il potere è 
              distribuito fra una ristretta cerchia di signorotti, cortigiani e 
              ministri. La ricchezza appartiene ai pochissimi fortunati che non 
              disdegnano di assecondare, con una passione fin troppo evidente, 
              Carlo Alessandro, duca e dominatore assoluto dei suoi vasti 
              possedimenti. A corte non ci si affatica molto. Fra un ricevimento 
              galante, una nuova conquista femminile da realizzare anche con la 
              forza pur di soddisfare un desiderio vano, infatti, ci si 
              dimentica delle sofferenze alle quali vengono costretti i sudditi 
              tartassati e soggiogati. Le continue campagne militari, promosse 
              dal gaudente Carlo Alessandro, pesano sulle spalle dei tanti 
              agricoltori e dei piccoli commercianti che lavorano solo per 
              foraggiarle. Gli uomini vengono strappati alle loro famiglie ed 
              inviati nelle caserme al servizio di progetti d’espansione dagli 
              esiti nebulosi. La disparità dei mezzi a disposizione delle 
              diverse classi sociali mette in evidenza, con sempre maggiore
              forza, un divario economico incolmabile. Ci troviamo, insomma, 
              davanti ad un quadro d’insieme dai contorni definiti. Al di là dei 
              capricci e delle vendette coltivate dagli amici del duca, sembra 
              profilarsi il baratro. Il popolo ha fame e cova sentimenti di un 
              rancore sordo e cieco.
 
 Chi ha seminato inimicizia fra i ricchi e i poveri? Chi ha 
              dissanguato, arricchendosi a piene mani, il ceto della media 
              borghesia riducendola sul lastrico? Chi ha fornito a Carlo 
              Alessandro denaro, donne, gioie frivole e passeggere? E’ Reb 
              Joseph Suss Oppenheimer il finanziere che, anno dopo anno, si è 
              guadagnato la fiducia del suo signore fino a diventare 
              indispensabile. Mite e compiacente, umile e cerimonioso, Suss 
              l’ebreo si lascia scivolare - fin dai primi contatti con i nobili 
              che circondano il duca - ogni sorta di invettiva e d’insulto senza 
              che il sorriso di maniera si spenga sulle sue labbra rosse e 
              carnose. Non dà a vedere la sua rabbia, non mostra mai altro che 
              il suo volto più semplice e rispettoso. Ma, al tempo stesso, 
              prepara il terreno per la sua rapida ascesa. Scaltro, 
              intelligente, dotato di un fiuto perverso per gli affari, entra 
              rapidamente nelle grazie di Carlo Alessandro al quale concede 
              onori e introiti.
 
 Una volta che il suo protettore diventa il signore del 
              Wurttemberg, può finalmente coronare il suo sogno. “Ah, ora sì, 
              che gli si aprirebbero tutte le porte, e quelli che prima avevano 
              alzato il piede su di lui, ora gli si inchinerebbero servilmente”. 
              La sua sete si placa ed egli comprende di aver conseguito i 
              risultati di un lungo ed accorto lavoro: “Io voglio mettermi in 
              luce, in piena, completa luce” - continua a riflettere fra sé. In 
              realtà Suss, all’ombra di Carlo Alessandro, assume il ruolo del 
              primo ministro al quale competono le scelte della politica 
              economica, militare e la guida dell’intero sistema burocratico 
              dello Stato. Un compito delicato che conserverà, con inesausta 
              ingordigia, fino allo scioglimento inglorioso della trama.
 
 Non è facile reperire, fra le tante pagine nelle quali viene 
              rappresentata l’icona degli ebrei erranti, l’immagine nitida di un 
              figlio di Israele tanto vincente da trasformarsi in un terribile 
              ed odiato padrone, un dominatore privo di scrupoli e di umanità. 
              In “Suss l’ebreo” Lion Feuchtwanger, autore di testi teatrali e 
              convinto fautore del romanzo storico, disegna a tutto tondo la 
              personalità di un ebreo che agisce, in un certo senso, fuori dal 
              coro. Un personaggio che, staccandosi dalla sua identità di 
              sconfitto e ramingo, è in grado di acquisire gloria e vivere tra 
              gli agi di una ricchezza inseguita da sempre. Il romanzo, come è 
              intuibile, fu oggetto di una spoliazione delle sue caratteristiche 
              e del suo messaggio più vero: fu manipolato dalla propaganda 
              tedesca guidata da Goebbels a partire dal 1940. Nel film che se ne 
              trasse, tutto l’impianto del racconto fu stravolto in funzione 
              antiebraica. La Germania di Hitler stava affinando la spada prima 
              di affondarla nel corpo molle dell’ebraismo europeo.
  
              Lion 
              Feuchtwanger, "Suss l’Ebreo", Corbaccio, pp. 515, € 18,50
 20 giugno 2003
 
 crlrm72@hotmail.com
 
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