Otto
grandi paesi che possono parlare di alcune cose, confrontarsi su
altre, alla fine decidere su poco. Questo è ormai il vertice del G8
e quello che si apre oggi in Germania non sfuggirà alla regola.
Nuovi grandi emergono proprio in conseguenza di quella
globalizzazione di cui il G8 è divenuto involontario simbolo: Cina,
India e Brasile. Sono paesi che pongono anche problemi politici (la
Cina autoritaria, ad esempio) ma tenerli fuori dal circolo degli
incontri non può che ridurre la portata delle decisioni prese. Più
avanza la globalizzazione, più lo scenario mondiale si allarga
all’Asia e all’America Latina (l’Africa resta amaramente continente
non protagonista) e più il G8 sembra quasi regionalizzarsi: appunto,
l’incontro di quelle che un tempo erano le uniche, grandi potenze
industrializzate.
Ad
Heiligendamm i temi in questione saranno sostanzialmente
tre. Cambiamento climatico, Africa e Russia. Non
necessariamente l’importanza sarà in quest’ordine. Sul clima
e su una politica comune e concertata di riduzione delle
emissioni inquinanti aveva puntato Angela Merkel. La sua
ipotesi, forse la sua illusione, era quella di portare Bush
sulla posizione europea, che pare condivisa anche da Nicolas
Sarkozy. In Germania le preoccupazioni legate al clima sono
il tema politico del momento, dibattuto in ogni spazio di
discussione. Negli Stati Uniti, no. La Merkel sperava di
sfruttare qualche debolezza d’immagine del presidente
americano ma Bush l’ha spiazzata. Condoleezza Rice ha
strapazzato il collega tedesco Steinmeier nel pre-vertice di
Potsdam, ricordandogli che se l’obiettivo è quello di
ridurre le emissioni di gas inquinati nell’atmosfera, allora
non si comprende perché la Germania abbia rinunciato al suo
programma nucleare che è una delle soluzioni del problema.
Evidentemente, ha ribadito la Rice, al cambiamento climatico
si può rispondere con politiche diverse e ogni paese ha il
diritto di scegliere quella che ritiene più opportuna. E poi
è intervenuto lo stesso Bush, che ha rilanciato la vecchia
idea di un gruppo ristretto di Stati con i quali concordare
politiche efficaci.
La
carta del presidente americano è quella di coinvolgere Cina
e India: inutile pensare di poter fare qualcosa senza questi
due giganti emergenti. La svolta verde di Bush è stata
accolta con composto scetticismo, tanto più che ieri la
Cina, per mezzo del suo governo, s’è di fatto tirata fuori
da ogni sacrificio di tipo industriale sul tema delle
emissioni. A parole Pechino dichiara di voler dare il suo
contributo agli sforzi della comunità internazionale,
dall’altro lato ribadisce di considerarsi ancora un paese in
via di sviluppo e quindi di privilegiare le politiche di
crescita economica a quelle della salvaguardia
dell’ambiente. In un paese industrialmente avanzato le due
cose non vanno disgiunte. La passione per le questioni
ambientali in Germania si collega anche a specifici
interessi dell’industria tecnologica tedesca che negli
ultimi anni ha raggiunto livelli di eccellenza proprio nel
settore delle energie pulite. Brevetti e prodotti sono in
gran parte “made in Germany” e un’accelerazione globale su
questa strada non può che favorire gli interessi delle
imprese tedesche oltre che quelle dell’ambiente. Ma il punto
resta delicato e su questo terreno la Merkel giocherà gran
parte delle sue credenziali diplomatiche, che sono molto
alte.
Sull’Africa la questione è più semplice. Tutti i paesi sono
concordi nel rafforzare il pacchetto degli aiuti, anche
perché qualcosa si sta muovendo a livello istituzionale nel
continente africano. Su questo tema però sono gli Stati
Uniti ad avere le carte più in regola dopo la decisione del
presidente Bush di sanzionare il Sudan per il continuo
genocidio in Darfur. Non basta metter mano alla borsa per
risolvere i drammi africani ma bisogna anche incidere
politicamente per favorire i processi di sviluppo.
Infine
la questione russa, che al momento sarà ricondotta al
problema del sistema missilistico che gli Usa vogliono
estendere in Europa orientale. Il confronto con Mosca ha
raggiunto livelli verbali da guerra fredda ma l’impressione
è che, dietro le accuse roboanti, le diplomazie americana e
russa siano da tempo al lavoro per quadrare il cerchio. Non
ci sorprenderemmo che, dopo aver minacciato di puntare
missili a destra e a manca, i due presidenti si accordino
per sviluppare un piano comune all’interno del rapporto
Nato-Russia. Vedremo nei prossimi due giorni i risultati di
questo vertice, al momento balzato in primo piano
soprattutto per gli scontri tra autonomi e polizia nella
vicina città di Rostock. Da segnalare, tra le curiosità,
l’esordio del presidente francese Nicolas Sarkozy e il
commiato del premier britannico Tony Blair. Se poi qualcuno
ha notizie delle posizioni e delle idee che sostanzieranno
il contributo del governo italiano al vertice, ci faccia
sapere. Ancora ieri non era possibile rintracciare sui siti
web ufficiali né comunicati, né dossier, né paper. Di Prodi,
comunque, è assicurata la presenza ad Heiligendamm.
(c)
Ideazione.com (2006)
Home
Page
Rivista | In
edicola | Arretrati
| Editoriali
| Feuilleton
| La biblioteca
di Babele | Ideazione
Daily
Emporion | Ultimo
numero | Arretrati
Fondazione | Home
Page | Osservatorio
sul Mezzogiorno | Osservatorio
sull'Energia | Convegni
| Libri
Network | Italiano
| Internazionale
Redazione | Chi
siamo | Contatti
| Abbonamenti|
L'archivio
di Ideazione.com 2001-2006