Il
volto dell'Islam che l'Occidente non vuole guardare
di Arianna Capuani
Ideazione
di marzo-aprile 2006
Islam e Occidente
AA.VV.
Liberilibri, Macerata, 2005
pp. 136, € 12
Quando
l’11 settembre del 2001 due aerei si schiantarono contro le Torri
Gemelle, il mondo fu colto impreparato. Non soltanto a comprendere la
natura di un terrorismo mai così audace, ma anche solo a definire
correttamente le identità storiche che sottendono a Islam e Occidente.
Abbiamo avuto, e continuiamo ad avere risposte insufficienti, quando non
sono caratterizzate da un “odio di sé” preoccupante.
La spiegazione che va per la maggiore sostiene che l’Occidente è
la vera causa dell’odio scatenato contro di esso, per via della
sua vocazione intrinsecamente coloniale e predatoria. Se si vuole andare
più a fondo evitando un facile determinismo, allora i saggi contenuti
in Islam e Occidente, atti di un convegno del cidas tenutosi tra il 6
e il 7 novembre 2004 a Torino, possono aiutare a fare luce su un rapporto
tra culture storicamente conflittuale e ultimamente declinatosi in modo
così violento.
Il saggio di Vittorio Mathieu, in particolare, ha il pregio di scardinare
i pregiudizi diffusi indicando una doppia natura del terrorismo: strumentale
e apocalittica, ovvero rivelativa. Da questa duplice nozione di terrorismo,
si deduce che nessuna azione di intelligence, o anche bellica, è
sufficiente ad eliminare le cause profonde di un terrorismo che per certi
aspetti imita in piccolo la grandiosità della distruzione divina,
anche se la distinzione concettuale tra le due versioni strumentale e
rivelativa può esserci molto utile per impedire che combinate si
prestino forza l’un l’altra. Affrontando la questione dal
versante teologico, Besançon (che ha il pregio di non affogare
il discorso nel “dialogo”) sottolinea che l’Islam, tradizionalmente
considerato una religione monoteista anche più del cristianesimo,
è in realtà una forma di paganesimo, un’idolatria
del Dio unico.
L’estraneità alla storia delle Alleanze tra Dio e l’uomo
(che fa parte della tradizione giudaico cristiana) rende l’uomo
islamico senza storia, in quanto creato ogni volta come un nuovo Adamo.
Sottomesso, ma non partecipe né dell’immagine di Dio, né
tantomeno dell’esistenza divina nell’aldilà, l’uomo
islamico è un pagano stranamente refrattario alla civiltà
cristiana (come dimostra l’esiguo numero di conversioni). Questo
lascia presupporre un’inflessibilità culturale, più
temibile per un Occidente che, come spiega Pellicani, è per sua
stessa natura contagioso.
Secondo lo studioso, ulteriori problemi, ma anche possibili vantaggi per
il mondo libero possono sorgere dal fatto che il nuovo nemico volutamente
subentrato all’urss, (come testimonia una lettera di Khomeini a
Gorbaciov), è diviso al suo interno tra erodiani, favorevoli all’integrazione
con i valori che l’Occidente sa irradiare così bene, e gli
zeloti, i fautori di quella cultura satura di sacro che l’Occidente
secolarizzato ha saputo superare. Ma questa evoluzione che storicamente
il mondo libero ha subito, come sottolinea Minogue, potrebbe volgere a
nostro svantaggio se un Occidente tutto razionalista prendesse il sopravvento
sul retaggio giudaico cristiano che ha fatto la sua storia. L’argomentazione
dello studioso è però più debole quando si affronta
il tema dei diritti, la cui estensione al di là dei confini del
mondo occidentale sarebbe un’ingenuità destinata ad avere
ben poco successo. Sulla loro estensione, e sul contagio democratico si
mostra più possibilista Jean François Revel, anche se resta
aporetico. È Pascal Salin a fornire invece un’utilissima
esemplificazione dei modelli di società fondamentali: quello collettivista
e quello individualista. Salin sostiene il diritto morale di attaccare
il male, come hanno fatto gli americani nel 2003 con l’Iraq. E senza
essere un neoconservatore nel vero senso del termine, sostiene il diritto
a non relativizzare a tutti i costi i propri principi, in un momento storico
in cui la libertà è diluita e pressoché invisibile
a molti, e ha urgente bisogno di essere difesa e propagata, anche ricorrendo
all’uso della forza.
(c)
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