Lezioni
per la sinistra del futuro
di Maurizio Serra
Ideazione
di settembre-ottobre 2006
Supplique
aux nouveaux progressistes du XXI siècle
Régis Debray
Gallimard,
Parigi, 2006
pp. 72, € 5,50
Le
plan vermeil. Modeste proposition
Gallimard, Parigi, 2004
pp. 55, € 5,50
Annunciato
dalla fascetta editoriale quale manifesto «per una nuova sinistra»,
questo libello di Régis Debray può apparire esile rispetto
all’obiettivo che si prefigge. Ma così non è, e lo
si avverte sin dalle prime righe. Autore di una quarantina di opere che
spaziano dalla letteratura alla filosofia, dall’antropologia alle
scienze religiose, dal cinema alla “mediologia”, suo ultimo
e prorompente interesse, Debray è un uomo ancor giovane che si
muove agilmente nell’appartamento colmo di libri a pochi passi dal
teatro dell’Odéon, uno dei luoghi storici del maggio francese.
Difficile pensare che sono passati più di quarant’anni da
quando “debuttò” accanto a Castro e Che Guevara nelle
insorgenze dell’America Latina. Intellettuale autenticamente impegnato,
che reca sulla pelle le tracce del carcere e della tortura nell’inferno
boliviano di Camiri (non per un giorno: dal 1967 al 1971) e dribblava
i plotoni di esecuzione mentre molti odierni ribelli cercavano di non
sporcarsi il grembiulino al caldo delle cellule e delle sacrestie, Debray
irride ormai da anni una classe politica pseudo-progressista, in Francia
e fuori, sempre più dogmatica, moralista e saccente. Ma il divertimento
è acre, come lo sguardo che questo figlio dei lumi smarrito nelle
battaglie terzomondiste e nell’eterno romanticismo dei perdenti
della storia, rivolge al mondo d’inizio secolo e millennio.
Alla sinistra in cui, dopo tante prove – e nonostante tali prove
– tuttora si riconosce, Debray rimprovera in fondo una sola cosa,
ma pesante come un macigno: di non credere in nulla, di non essere autentica,
di aver rinunciato alla tutela dell’uomo incerto e smarrito del
nostro tempo. Potrebbe sembrare il grido di dolore di un nostalgico del
buonismo vetero-marxista, che ha il sapore dei romanzi ottocenteschi di
Alphonse Daudet, equivalente d’Oltralpe di De Amicis. Ma con i buoni
sentimenti non si fa la rivoluzione, né si mettono le basi di una
società evoluta e Debray lo sa benissimo. Non ha sostituito i fumi
della giungla con quelli del pensiero astratto. Esponente di una vocazione
culturale tipicamente francese, con un piede dentro e uno fuori le istituzioni,
già consigliere per gli Affari internazionali nella prima presidenza
Mitterrand e segretario generale del Consiglio del Sud Pacifico, ha svolto
numerosi incarichi al Consiglio di Stato e alla Scuola nazionale dell’informazione
e delle biblioteche. Itinerario complesso, nel corso del quale è
sempre rimasto fedele a se stesso, spina nel fianco di una sinistra reazionaria,
incapace di confrontarsi con le angosce e i valori della modernità.
Se l’accusa può sembrare in parte scontata, è sul
fronte dei doveri della politica che Debray ci invita a fare i conti.
Nelle pagine centrali del libro, egli definisce la sua sinistra ideale
in termini impegnativi, ormai caduti in disuso: adulta, agnostica, tragica,
«l’antitesi esatta della sinistra divina, sale della terra
e luce del mondo, plenipotenziaria della Morale nella nostra valle di
lacrime, a condizione di andare una volta all’anno alla Bastiglia
per fare scudo del proprio corpo contro la bestia immonda». Nell’era
del dialogo interculturale e interreligioso, la distinzione pervicace
tra bene e male assoluti giustifica e non smaschera le forme peggiori
di fanatismo, annulla la possibilità di conoscere e riconoscere
le ragioni dell’altro. Dopo Auschwitz e Hiroshima, e di nuovo dopo
la fine della guerra fredda e la scomparsa del rischio di olocausto nucleare,
è stato facile credere al ritorno dell’etica nelle relazioni
internazionali come balsamo per lenire le piaghe dell’umanità.
Si è dimenticato che il diavolo eternamente si nutre di buone intenzioni.
Quante illusioni create dagli anni Novanta in poi intorno al cosiddetto
diritto umanitario, ancora largamente virtuale, invocato con particolare
fervore da chi più lo manipola e lo infrange!
Il prezzo da pagare è lo svuotamento dei concetti, l’omologazione
dei significati, la decontestualizzazione dei fenomeni storico-politici.
Così, parlare di “ritorno alla terra”, slogan adottato
nel 1940 dal tradizionalismo anti-industriale di Maurras e della Francia
sconfitta di Vichy e usato oggi, con poche o nulle varianti, da molti
antiglobalizzatori e ambientalisti doc. O ancora, l’ossessione del
politicamente corretto, per cui «Che Guevara, figura eroica se mai
ce ne furono, verrebbe bollato a Parigi da macho retro e infrequentabile.
Neanche la quota riservata ai latinos basterebbe a salvarlo». Per
non parlare di quel tormentone dell’opinione pubblica progressista
per cui i presidenti americani democratici sono tutti “colombe”
(dimenticando che hanno deciso tutte le guerre americane del Novecento)
e quelli repubblicani tutti “falchi”. Non cessa di sorprendere
ad esempio l’invocazione iconica alla presidenza Kennedy, omettendo
di precisare alle giovani generazioni che è stata una delle più
militantemente anticomuniste e interventiste della storia americana. Debray
si toglie un sassolino dalla scarpa, ricordando che è sotto l’amministrazione
del «liberale e multilateralista Clinton, non quella dell’unilateralista
e bellicoso Bush» che egli è stato espulso dagli Stati Uniti
nel luglio 1999 – lunga pezza prima dell’11 settembre e del
Patriot Act – per presunte collusioni con i terroristi del Chiapas.
Per Debray, il «disseccamento spirituale» della Francia e
dell’Europa (due entità per lui largamente coincidenti) si
accompagna al ritiro dalla storia, determina «l’amnesia nazionale»,
la perdita della consapevolezza identitaria. Donde le continue messe in
guardia contro la globalizzazione a senso unico, lo strapotere degli organismi
finanziari, i «dogmi liberali» dell’Unione Europea.
La conclusione è nel senso di una minima moralia della resistenza,
col richiamo gramsciano all’alleanza tra pessimismo della ragione
e ottimismo della volontà, «una sinistra tragica sarebbe
una sinistra capace di assumere la propria parte di ingiustizia, pronta
a condividere intelligenza ed errori con gli altri, perché sa che
anche i suoi avversari hanno ragioni da vendere».
Utile a questo punto richiamare un precedente pamphlet di Debray, che
annunciava questo: il “piano vermiglio”. È un apologo
alla maniera di Swift o di Wells, patinato nel linguaggio di un rapporto
amministrativo diretto all’immancabile comitato economico-sociale,
in cui l’autore formula una “modesta proposta” per risolvere
il preoccupante problema dell’invecchiamento nel mondo sviluppato,
quindi produttivo, quindi giovanilista per interesse economico ed ideologia.
Non siamo molto lontani da quanto scriveva anni fa il compianto Philippe
Ariès nei suoi studi sull’espulsione della morte dalla cultura
occidentale, o Simone de Beauvoir in quel denso saggio sulla Vieillesse
che annunciava la loro ghettizzazione genetica. La Bioland immaginata
da Debray è una sorta di fortezza del bio age, «per riempire
il fossato tra il dalai-lama e Disneyland, la preghiera e lo svago»,
consentendo di pianificare le alternative tra l’accanimento terapeutico,
per chi ha ancora qualcosa da “dare” o la morte “dolce”,
per chi meriti ormai soltanto di essere rottamato. Una minuziosa casistica
regola l’accesso, il funzionamento e le modalità di quest’istituzione
lombrosiana, fino alla conversione in musei e luoghi di svago degli ormai
inutili cimiteri monumentali come il Père Lachaise o la Recoleta.
Al termine della lettura, viene in mente quel romanzo di Aldous Huxley
in cui un vecchio miliardario in cerca dell’elisir di gioventù
e lunga vita viene trasformato da uno scienziato pazzo in uomo preistorico.
Il tentativo di conquistare l’avvenire si risolve in un salto all’indietro
un po’ brutale, ma l’importante è che non turbi la
coscienza felice dell’homo faber.
(c)
Ideazione.com (2006)
Home
Page
Rivista | In
edicola | Arretrati
| Editoriali
| Feuilleton
| La biblioteca
di Babele | Ideazione
Daily
Emporion | Ultimo
numero | Arretrati
Fondazione | Home
Page | Osservatorio
sul Mezzogiorno | Osservatorio
sull'Energia | Convegni
| Libri
Network | Italiano
| Internazionale
Redazione | Chi
siamo | Contatti
| Abbonamenti|
L'archivio
di Ideazione.com 2001-2006