L'Islam senza pregiudizi
di Luciano Pirrotta

Ideazione di novembre-dicembre 2006

Il fondamentalismo islamico
Aa. Vv.
  Roma, Isiao, 2006
pp. 130, € 16

Su iniziativa dell’Isiao (già Ismeo), Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, ha preso avvio una collana editoriale (“Il Nuovo Ramusio”, direttore Gherardo Gnoli) meritevole della massima attenzione per il rigore della ricerca e l’autorevolezza degli autori che nei vari ambiti di competenza hanno fornito la loro qualificata partecipazione. Inaugurata l’iniziativa con un’edizione riveduta di articoli dell’eminente orientalista Giuseppe Tucci (Italia e Oriente) e un volume miscellaneo contenente gli interventi dei maggiori esperti di storia delle religioni – da Danielou, a Eliade, Levi-Strauss, Puech, allo stesso Tucci – eccezionalmente riuniti a Roma nel convegno del 1955 (Il simbolismo cosmico), vede ora la luce un’incisiva summa a più mani relativa alla scottante questione del cosiddetto fondamentalismo islamico. L’argomento potrebbe sembrare, vista l’ingente mole di pubblicazioni in materia uscite negli ultimi anni, piuttosto trito, ma basta inoltrarsi nella lettura di poche pagine per accorgersi che non è affatto così: la raccolta di contributi dovuti alla penna di accademici e specialisti del vicino ed estremo Oriente costituisce, oltre che un approccio originalissimo al tema, un’occasione unica di riflessione sul nodo dell’estremismo di matrice musulmana. Non ci troviamo infatti di fronte alle frequenti perorazioni, condanne, disamine politologiche, tavole rotonde, interviste concernenti il problema, ma ad una ricerca ponderata, sempre improntata ad un grande senso dell’equilibrio nel delineare prodromi e sviluppi, supportata da una solida competenza disciplinare ed interdisciplinare. Viene condotta in tal modo un’indagine in profondità circa la scaturigine di certi fenomeni e conseguente dissipazione di equivoci e luoghi comuni diffusi dai media con perniciosa ricaduta sulla pubblica opinione. In apertura l’intervento di Mastrobuoni dal significativo titolo Il caleidoscopio islamico mette in guardia verso le facili generalizzazioni intorno ad un universo composito, ben lungi dall’identificarsi nei semplificatori stereotipi affibbiatigli dagli esperti di turno. Su questa scorta altri relatori non mancheranno di rimarcare la sostanziale differenza fra i termini fondamentalismo ed integralismo, divenuti nella vulgata mediatica sinonimi intercambiabili, mentre si spiega perché sarebbe più esatto «parlare di islamismi integralisti, piuttosto che di integralismo islamico» (Zarmandili, p. 116). Esempi paradigmatici di analisi alle radici della galassia fondamentalista sono le ricognizioni di Ventura ed Allam, laddove il primo – sulla scorta di Roy – chiarisce come l’espressione “Stato islamico” sia un ossimoro, una contraddizione in termini, poiché ovunque ci sia Stato c’è primato del politico e quindi intrinseca secolarizzazione a scapito del religioso che incarna invece l’autentica vocazione dell’Islam, e il secondo mostra quanto inadeguati siano i concetti di integralismo e fondamentalismo e la più consona sostituzione di essi con il lemma “radicalismo”, giacché proprio in tale parola chiave convergono «l’idea di un avversario onnipresente – vale a dire l’Occidente, assimilato a categoria negativa» e «lo sviluppo, nel XX secolo, di una strategia politica e di un’eversione terroristica volte a produrre una nuova forma di totalitarismo». L’influenza che la dimensione esoterica può esercitare sul fanatismo estremistico viene debitamente esplorata nel pezzo di Scattolin dedicato al binomio sufismo/fondamentalismo che illustra i rapporti spesso conflittuali fra mistica musulmana e dettami giuridico-teologici intrisi di rigido moralismo, fornendo anche una precisa definizione di vocaboli quali “legge” (sharî’a), “via” (tarîqa), “verità-realtà” (haqîqa) comportanti l’oltrepassamento della lettura troppo letterale dei testi adottata dai giuristi, principale fonte di legittimazione di atti di criminale esaltazione. Esemplare per acume e rigore appare poi uno dei contributi più estesi (Budelli) – quasi un piccolo saggio – rivolto all’esame del rapporto fondamentalismo-globalizzazione nei nuovi pensatori dell’Islam. Qui viene sviscerata nei suoi tratti salienti «la frattura che la modernità (hadâtha) ha prodotto nelle coscienze delle società tradizionali» e la griglia ostile di decrittazione che da queste procede: da un lato la consapevolezza dell’irreversibilità ed inarrestabilità della sequenza di desacralizzazione che, non priva di seduzioni, sta investendo l’Oriente nel suo complesso a varie latitudini; dall’altro la percezione della globalizzazione (‘awlama) quale atto d’aggressione ad un’identità che si cerca, nonostante tutto, di preservare e difendere strenuamente. Al fondo ultimo un’irriducibilità che permane fra due opposte visioni del mondo: su un versante la distinzione ben netta tra “Casa della miscredenza” (Dâr al-kufr) e “Casa dell’Islam” (Dâr al-islam) stagliati su un “orizzonte assoluto”; sull’altro la pervasività vischiosa e insinuante dei modelli occidentali veicolati elettivamente attraverso la rivoluzione informatica e le moderne tecnologie applicate alle masse.

Scorrendo le pagine del libro ci si accorgerà, al di là del nostro rapido excursus, di non trovarsi dinnanzi a disquisizioni avulse dalla realtà di cattedratici pontificanti dai loro scranni, ma di notazioni pertinenti frutto di esperienze in loco sostenute da approfondita conoscenza di lingue, società, cultura, mentalità delle multiformi aree di fede maomettana. Sebbene non spetti a docenti studiosi delle civiltà vicino-medio orientali avanzare suggerimenti attinenti la sfera della politica, sono qui rintracciabili, in mezzo a riferimenti eruditi, glosse storico-filologiche, osservazioni antropologiche, spunti orientativi che i politici dovrebbero debitamente meditare. Se è vero che, crollato il moloch sovietico insieme alle sue istanze proletarie e agganciatasi l’ambigua Cina al carro capitalista, non resta che il pianeta Islam a contrapporsi ai valori del mercato globale in nome di princìpi anacronistici, è altrettanto vero che negli ultimi trent’anni la predicazione del Corano ha visto un crescendo di proselitismo, dall’Asia all’Africa, sino al cuore dell’Europa medesima. Con tale situazione in crescendo occorrerà volenti o nolenti fare i conti e misurarsi sempre più da vicino. Ma per decidere il da farsi occorre anzitutto comprendere: la conoscenza dell’“altro da noi” emerge come elemento ineludibile, sia che si voglia trovare una qualche forma di intesa, sia che ci si avvii verso quello “scontro di civiltà” drammaticamente vaticinato da Huntington.

Il volume, arricchito in apertura dall’introduzione di due dei migliori esperti italiani di lingue e tradizioni islamiche e in chiusura di un glossario dei termini arabi funzionale all’assistenza del lettore non specialista fornisce, a nostro avviso, uno strumento essenziale per orientarsi ed aver retta nozione in merito alla massima sfida che le società del benessere e le democrazie avanzate dovranno affrontare nei prossimi lustri.

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