Il futuro del neoconservatorismo
di Antonio Donno
Ideazione
di gennaio-febbraio 2007
Neoconservatism: Why We Need It
Douglas Murray
Encounter Books, New York, 2006
pp.XXIII - 248, $ 25, 95
L’inglese Douglas Murray, in un agile e scorrevole libro, ci presenta le ragioni per le quali il neoconservatorismo americano può rispondere, anche nel futuro, alle esigenze basilari della società e della politica americane. Murray confuta con decisione le critiche che al neoconservatorismo americano vengono mosse non solo dai democratici, ed in particolare dai liberals, ma anche dai conservatori tradizionalisti, legati ad una visione isolazionista della politica americana. Ma, afferma Murray, il pensiero neoconservatore – un pensiero, comunque, non univoco a tal punto da configurare una vera e propria scuola di pensiero – non può essere confinato alle questioni di politica estera, cioè all’odierna lotta al terrorismo ed alla guerra in Iraq, ma è da ricondurre ad un più generale movimento intellettuale che prese le mosse da una critica serrata alle derive ideologiche degli anni Sessanta, compresa la filosofia statalista di Johnson, che aveva dato vita alla più massiccia intromissione dello Stato dai tempi del New Deal di Roosevelt.
Per ritornare ai principi veri del liberalismo originario americano, Murray sostiene che occorre riscoprire e conservare l’ethos che ispirò l’azione dei Padri fondatori, ed il neoconservatorismo «può fornire le soluzioni filosofiche e pratiche a molti partiti politici della tradizione occidentale, perché fornisce le risposte morali e pratiche a molti aspetti della politica, e non solo conservatrice».
Innanzitutto, Murray espone il pensiero di coloro che egli ritiene siano stati i fondatori del pensiero neoconservatore, in primo luogo Leo Strauss, poi Allan Bloom, Norman Podhoretz e Irving Kristol, il quale ultimo ha mosso la più dura critica al liberalism di matrice newdealista, sostenendo che il welfarism, cavallo di battaglia dei liberals, non è la risposta ai problemi della società americana, ma il vero problema della società americana; e lo è perché si fonda sulla più grande e mistificatoria utopia di tutti i tempi: l’uguaglianza. Sul piano pratico, Murray è convinto che le ricette neoconservatrici rispondano pienamente alle esigenze della società americana, perché sono radicate nel comune sentire degli americani, nella loro tradizione, in una parola nella “filosofia pubblica” americana, per usare una celebre espressione di Walter Lippmann. Al di là della riproposizione dei valori morali insiti nell’individualismo americano – valori che possono riemergere soltanto se si pone un freno all’invasione dello Stato nella vita dell’individuo e della società – è il relativismo etico che minaccia le fondamenta dell’Occidente e degli stessi Stati Uniti, soprattutto dopo l’11 settembre e di fronte alla crisi mediorientale, in cui gli aggrediti diventano gli aggressori e le vittime diventano i carnefici, in una confusione morale ed intellettuale che Murray definisce una “nuova controcultura”. «Nessuno – afferma Murray – considera la difesa dell’Occidente e del suo stile di vita come una grave priorità. Essi [gli esponenti della “nuova controcultura”] considerano gli spaventosi e pressanti problemi del nostro tempo come una sorta di cortina fumogena creata ad arte da George Bush e Tony Blair. [...] Il movimento combina l’antipatia verso la società occidentale con – nel migliore dei casi – l’apatia verso il terrorismo ed i tiranni che sostengono il terrorismo». Una controcultura nichilista favorita dalle posizioni dei liberals.
Il libro si chiude con pertinenti considerazioni sulla staticità politica e morale dell’Europa di fronte alla crisi del modello occidentale e sull’inerzia delle Nazioni unite, sempre più incapaci di intervenire nella scena internazionale a causa della caduta rovinosa del fondamentale principio etico che consente di distinguere chiaramente ciò che è giusto da ciò che non lo è. Una crisi politica che ha le sue radici in ciò che Murray definisce mancanza di «chiarezza morale».
(c)
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