C’è qualcosa di molto più solido nel dato elettorale
che lo scorso mese sembra aver consegnato l’Italia a una fase di instabilità
e incertezza sotto l’egida di una flebile maggioranza parlamentare
dell’Unione. C’è il consolidamento dell’area politica
e culturale di centrodestra dopo tredici anni di transizione istituzionale;
un’area che, presentatasi al voto nelle condizioni peggiori possibili,
è emersa come un incubo per gli avversari, come una sorpresa per
i sostenitori, dalla nebbia dei sondaggi e degli exit poll, passando indenne
attraverso le pagine dei grandi quotidiani nazionali, le rappresentazioni
cinematografiche caricaturali, gli scaffali librari di saggistica e di letteratura,
appesantiti da studi e racconti che non studiano e non raccontano nulla
se non il piccolo mondo antico di una élite autoreferenziale, perduta
tra malinconie esistenziali e presunzioni moralistiche. Dunque, la notizia
uscita dalle urne è che la Right Nation italiana esiste e non è
un’invenzione intellettualistica. È fatta di cittadini, elettori,
schede, umori, passioni, idee, interessi, comportamenti. E anche di riviste,
fondazioni, centri culturali, piccoli editori coraggiosi.
Tutti insieme fanno la metà di questo paese, e sarebbero anche elettoralmente
maggioranza strutturale se solo avessero avuto una rappresentanza politica
migliore di quella che è stata loro fornita. Qualcosa di più,
ad esempio, della straordinaria vitalità di un leader impolitico
che a quasi settant’anni (e dopo dodici anni di scena politica e cinque
anni di logorio governativo) non ha pensato neppure per un momento, in una
campagna elettorale durissima e delegittimante, di cedere di un millimetro,
di mostrare il benché minimo complesso di inferiorità verso
la sinistra, di abbassare il capo di fronte all’ennesima gioiosa macchina
da guerra. Eppure Berlusconi era partito svantaggiato, giacché non
era stato capace di dare senso politico e forma comunicativa a quell’embrionale
e frammentario processo di modernizzazione del paese che, pur tra mille
difficoltà e troppi ritardi, era stato comunque avviato.
Ma adesso che gli elettori possono misurare ogni giorno di più l’arretratezza
del programma prodiano, bocciato da tutti quegli analisti internazionali
– dell’Economist, della Heritage Foundation, del Financial Times
– che la stessa sinistra aveva elevato a giudici definitivi del berlusconismo
e minacciato dalle spinte centrifughe dei suoi delusi alleati, siamo certi
che già rimpiangono il caotico riformismo del centrodestra. Figuriamoci
se fosse stato un riformismo declinato con maggior senso politico, perché
questo, in fondo, chiedeva (e chiede) anche l’elettorato della Right
Nation.
La Right Nation italiana, dunque. Ideazione l’aveva già cercata
oltre un anno fa, sulle orme di quella americana, mirabilmente descritta
da due giornalisti dell’Economist – Adrian Wooldridge e John
Micklethwait, nel frattempo divenuto direttore – in un bel libro tradotto
in italiano con colpevole ritardo (e con un titolo che grida ancora vendetta,
La destra giusta) proprio dalla berlusconiana Mondadori, che in questo modo
ne ha smorzato l’impatto. Misteri del conflitto d’interesse.
Nel primo numero del 2005 avevamo tracciato i confini intellettuali della
Right Nation italiana, evidenziando l’effervescenza caotica ma creativa
dei suoi giornali di minoranza, delle sue riviste artigianali, delle fondazioni
e delle associazioni che producono grandi idee ma piccoli eventi, delle
smilze case editrici che raggiungono a malapena gli scaffali della grande
distribuzione, dei siti on line: mancava solo la descrizione del nascente
fenomeno dei blog, che di lì a un anno sarebbe esploso nel successo
di TocqueVille, l’aggregatore di 800 blogger di area liberale, cattolica,
conservatrice e riformista che rappresenta un laboratorio di idee e passioni
irrinunciabile per il centrodestra del futuro.
Nello speciale di apertura dedicato alle elezioni, Andrea Mancia fornisce
una prima analisi sociologica della nostra Right Nation: un’Italia
assai diversa da quella della “maggioranza silenziosa” che sostanziava
il moderatismo democristiano e anche da quella delle “partite Iva”
sulla quale Forza Italia costruì il suo iniziale successo negli anni
Novanta. È un’Italia più consapevole e dotata di senso
comune, tendenzialmente conservatrice nei costumi e nei comportamenti, ferocemente
riformista e liberale nel campo economico e dei servizi, innovativa e determinata
nel confronto con il mondo e la globalizzazione, ferma nella difesa dei
valori occidentali e per questo pronta a gettarsi nelle sfide del domani.
È, anche e soprattutto, una Right Nation giovane, che sfugge ai cliché
fabbricati a tavolino dall’intellighenzia di sinistra, che non la
frequenta, dunque non la conosce e se la figura a immagine e somiglianza
dei propri pregiudizi. Prendete la descrizione di una coppia tipica della
destra statunitense con la quale Wooldridge e Micklethwait aprono il loro
libro: «Seduti su un divano, con in mano un bicchierino di plastica
pieno di caffè, Dustin e Maura sembrano una coppia di ventenni iscritti
a un corso di scrittura creativa. Indossano felpe leggermente stropicciate,
jeans e scarpe da ginnastica. Dustin ha in testa un cappellino da baseball,
Maura ha i capelli biondi annodati dietro la nuca con un nastro di artigianato
indiano americano. Entrambi sono da poco laureati in lettere in un’università
della East Coast e hanno viaggiato in gran parte dell’Europa […]
Quali sono le loro posizioni politiche? Entrambi hanno lavorato per il Partito
repubblicano a Colorado Springs nel 2002. Entrambi sono a favore della vita
in ogni circostanza. Entrambi hanno subito considerato John Ashcroft, lo
spietato ministro della Giustizia, una persona degna di ammirazione […]
Entrambi vanno in chiesa ogni settimana. Entrambi sostengono con passione
i buoni scuola per chi frequenta istituti privati. Entrambi pensano che
il governo dovrebbe essere ridotto ai minimi termini e che le pene detentive
dovrebbero essere più severe. Entrambi considerano le Nazioni Unite
un’istituzione poco seria e condividono la decisione di non aderire
al Protocollo di Kyoto. Non sono invece d’accordo con la destra su
altri temi: per esempio non sopportano l’intolleranza nei confronti
degli omosessuali e, all’inizio, avevano forti dubbi sulla possibilità
di risolvere in modo unilaterale la questione Saddam Hussein, anche se alla
fine hanno sostenuto l’invasione dell’Iraq […] Secondo
Dustin e Maura, il conservatorismo è un credo progressista. Non si
tratta di vecchi abbarbicati al passato, ma di giovani che cercano di cambiare
il presente».
Nonostante le differenze fra Stati Uniti ed Europa, la descrizione dei due
giovani conservatori americani a noi pare rispecchi quella dei giovani di
centrodestra italiani che conosciamo, soprattutto di quelli non distanti
dall’impegno politico, che negli ultimi tempi si sono iscritti alla
comunità di TocqueVille o che si sono avvicinati alla nostra rivista,
prima come lettori, poi anche come collaboratori. Persone che non si riconoscono
negli schemi cinematografici di Moretti o nei veleni giustizialisti di Micromega
o nei romanzi ammuffiti di Tabucchi o in quelli apparentemente più
freschi della nouvelle vogue letteraria “de sinistra”; giovani
che né il moralismo di Eugenio Scalfari, né l’umoralità
di Furio Colombo, né lo snobismo di Antonio Padellaro riescono a
incasellare.
È una nuova generazione composta da gente che viaggia, che studia,
che non soffre complessi d’inferiorità verso la sinistra anzi
tende a sfidarla sui terreni conformisti del politicamente corretto. Crede
nei valori della famiglia ma non è bigotta, crede nella sacralità
della vita che difende di fronte al vuoto di valori e di senso ereditato
dallo scientismo, crede nella proprietà privata, crede nelle ragioni
di un Occidente fatto di democrazia e libero mercato e sicurezza e tolleranza,
rifiuta il relativismo culturale frutto della smemoratezza delle proprie
radici. È protagonista delle sfide contemporanee e reclama una società
più aperta e dinamica, nella quale vengano valorizzati i talenti
dei giovani e non solo difesi i privilegi degli anziani. Coniuga il desiderio
di meritocrazia con l’attenzione per i deboli in un progetto che sappia,
attraverso la sussidiarietà (una sorta di versione italiana del conservatorismo
compassionevole), tenere assieme e viva una società effervescente
e solidale.
A questa Right Nation, Forza Italia ha dato ospitalità e voce. Non
sempre con l’attenzione dovuta. Ma non si spiega altrimenti la centralità
ritrovata dal partito di Berlusconi, sia in termini numerici (primo partito
italiano) che geografici (prevalenza nelle regioni sviluppate del Nord come
nelle più dinamiche regioni del Mezzogiorno, Puglia e Sicilia) se
non con la capacità di rappresentare, seppur in maniera confusa,
questo vasto crogiuolo di passioni e interessi. E di farlo a dispetto del
logoramento di cinque anni di governo. Ecco perché, al di là
della conta numerica, il centrodestra non ha perso queste elezioni ma può,
a diritto, vantare una sorta di vittoria morale. La Right Nation c’è
e si è consolidata. Ora bisogna fornirle una rappresentanza politica
più adeguata, perché possa consolidarsi anche a livello politico
sul territorio e rilanciare la sfida della modernizzazione del paese. Rinnovando
le strutture dei partiti. Rinnovando la classe dirigente: non è possibile
perdere la guida delle grandi città solo perché sono anni
che non si riescono a trovare candidati adeguati per vincere in città
come Roma o Napoli o Torino o Palermo. Ideazione ha accompagnato in questi
tredici anni di vita l’affermarsi di una Right Nation elettorale.
Da oggi si assume il compito di collaborare per costruire anche una Right
Nation politica, che sia all’altezza del compito che le è richiesto.
Pierluigi Mennitti,
direttore di Ideazione.
(c)
Ideazione.com (2006)
Home
Page
Rivista | In
edicola | Arretrati
| Editoriali
| Feuilleton
| La biblioteca
di Babele | Ideazione
Daily
Emporion | Ultimo
numero | Arretrati
Fondazione | Home
Page | Osservatorio
sul Mezzogiorno | Osservatorio
sull'Energia | Convegni
| Libri
Network | Italiano
| Internazionale
Redazione | Chi
siamo | Contatti
| Abbonamenti|
L'archivio
di Ideazione.com 2001-2006