La pubblicazione nel 2002 del corso di lezioni tenuto da Heidegger alla Philipps-Universität Marburg durante il semestre estivo del 1924 ha cambiato il significato della retorica nella filosofia dell’autore di Sein und Zeit.
Il volume 18 della Martin Heidegger Gesamtausgabe (= HGA) è intitolato Grundbegriffe der aristotelischen Philosophie [Concetti fondamentali della filosofia aristotelica]1 e trae origine dalla collazione e dalla ricomposizione unitaria di molteplici fonti testuali, sulla scorta dei discutibili criteri filologici adottati dall’editore Klostermann per la pubblicazione degli inediti di Heidegger: il manoscritto incompleto di Heidegger (con il titolo del corso e gli indici) e le sette diverse trascrizioni, talune delle quali incomplete o lacunose, effettuate da uditori e da allievi2.
Il testo si suddivide in due parti ed è preceduto da una breve introduzione in due paragrafi. La prima parte consiste di tre capitoli rispettivamente di otto, quattro e dieci paragrafi. La seconda parte è in due capitoli rispettivamente di due e di quattro paragrafi.
“Die philologische Absicht der Vorlesung und deren Voraussetzun-gen” [“L’intento filologico del corso e i suoi presupposti”] è il titolo della introduzione.
“Vorverständigung über die Bodenständigkeit der Begrifflichkeit auf dem Wege einer Explikation des Daseins als In-der-Welt-sein in der Orientierung an aristotelischen Grundbegriffen” [“Comprensione preliminare del terreno di base della concettualità sulla via di una spiegazione del Dasein come essere-nel-mondo secondo l’orientamento dei concetti fondamentali aristotelici”] è la titolazione della parte prima.
“Betrachtung der Definition als des Ortes der Ausdrücklichkeit des Begriffs und Rückgang zum Boden der Definition” [“Trattazione della definizione come luogo della espressività del concetto e ritorno al terreno della definizione”] il titolo del primo capitolo.
“Die Aristotelische Bestimmung des Daseins des Menschen als zoe praktike im Sinne einer psyches energeia” [“La determinazione aristotelica del Dasein dell’uomo come ‘vita pratica’ nel senso di una ‘azione dell’anima’”] il titolo del secondo capitolo.
“Die Auslegung des Dasein des Menschen hinsichtlich der Grund-möglichkeit des Miteinandersprechens am Leitfaden der Rhetorik” [“L’interpretazione del Dasein dell’uomo per quanto riguarda la possibilità fondamentale del parlare-assieme guidati dalla retorica”] il titolo del terzo capitolo.
“Wiederholende Interpretation aristotelischer Grundbegriffe auf dem Grunde des Verständnisses der Bodenständigkeit der Begrifflichkeit” [“Seconda interpretazione dei concetti fondamentali aristotelici sul fondamento della comprensione del terreno di base della concettualità”] la titolazione della parte seconda.
“Der Dasein des Menschen als die Bodenständigkeit der Begrifflichkeit” [“Il Dasein dell’uomo come il terreno di base della concettualità”] il titolo del primo capitolo.
“Intepretation der Ausbildung des Begriffs der kinesis als eines radikalen Ergreifens der Ausgelegtheit des Daseins” [“Interpretazione della formazione del concetto di ‘movimento’ come di una presa radicale della interpretabilità del Dasein”] il titolo del secondo e conclusivo capitolo.
Il
“parlare-assieme” aristotelico
Già da questa elementare ricognizione degli indici delle lezioni
heideggeriane, la Rhetorica di Aristotele acquista una centralità ed una
rilevanza del tutto inconsueta per la cultura filosofica del tempo (il
terzo capitolo della prima parte occupa un numero di pagine pari a circa
la metà dell’opera). Ciò deriva dalla elaborazione della categoria del
“parlare-assieme” che definisce ontologicamente il Dasein. Questo
“parlare-assieme” agisce da ponte tra lo Sprechendsein
(“essere-parlante”) e il Miteinandersein (“essere-assieme”) dell’uomo.
Heidegger interpreta al modo di categorie originarie del Dasein le
universali definizioni aristoteliche dell’uomo in quanto zoon logon
echon e della polis come koinonia. Nel “parlare-assieme” umano, la
retorica manifesta in senso fondamentale la “definizione” e la
“concettualità” del Dasein: in quanto codeterminati dal logos e dalla
polis, gli uomini sono cooriginariamente esseri linguistici ed esseri
politici (non esiste il Dasein che sia fuori da questo “stato
interpretativo”). Al tempo stesso, la metafora heideggeriana del Grund
(“fondamento”) si sviluppa insistentemente sul piano
metaforico-associativo del Boden (“suolo, terreno”) e della
Bodenständigkeit (“suolo di base”).
Questa ricerca della “basilarità” esprime in Heidegger una tensione particolare per la enucleazione della “concretezza” dell’originario. “Basilari” sono infatti i concetti nei quali affondano le radici vitali del Dasein. Una “concretezza di fondo” va dunque ritrovata anche nella retorica del “parlare-assieme”, e “fondamentalmente” su quel “terreno” del logos che è la pathe (“passione”). “Base” del “parlare-assieme” è il linguaggio che si radica nelle “passioni” e il Dasein che “parla retoricamente” trae dalle “passioni” la “consistenza” originaria.
I Grundbegriffe appaiono pertanto non solo come un prezioso incunabolo della produzione heideggeriana ma anche come un commento specifico alla citazione della retorica aritotelica in Sein und Zeit. Sul finire del paragrafo 29 dell’opus maius dedicato all’analisi della Befindlichkeit (“situazione emotiva”), Heidegger cita lo studio della pathe nel libro secondo della Rhetorica e afferma di voler sottrarre la retorica alla “interpretazione tradizionale” per intenderla invece come “erste systematische Hermeneutik der Alltäglichkeit des Miteinandersein” [“prima ermeneutica sistematica della quotidianità dell’essere-assieme”]3.
Tale riferimento ha un significato paradigmatico in ragione della sua stessa densità terminologica: “situazione emotiva”, “ermeneutica”, “quotidianità” ed “essere-assieme” indicano parole-chiave del glossario di Sein und Zeit. Ma il significato complessivo di questa nuova interpretazione proposta da Heidegger rimane un enigma: qual è la natura di questo rapporto – rapporto per di più “sistematico” – tra la retorica e l’ermeneutica? Perché l’ermeneutica si articola nella “situazione emotiva”? In che senso la “quotidianità” e il modo d’essere del “si” impersonale hanno una dimensione retorica? Cosa intende Heidegger quando afferma che la Rhetorica rappresenta una insuperata «interpretazione ontologico-fondamentale dei principi delle emozioni?»4.
L’architettura labirintica di Sein und Zeit non fornisce risposte univoche a questi interrogativi, ma rimanda a costrutti di tipo analogico: la “comprensione”, l’“interpretazione”, l’“asserzione”, e poi la “chiacchiera”, la “curiosità”, l’“equivoco” eccetera sono categorie ontologico-esistenziali correlate ad un vasta gamma di figure retoriche e riconducibili storicamente alla organizzazione retorica del linguaggio. Rimane il fatto che la retorica emerge in Sein und Zeit come una singolare epifania storico-filosofica per manifestarsi nascostamente in una diversa forma teoretica. I Grundbegriffe registrano al contrario una onnipresenza delle categorie retoriche che aiutano a fare luce sui significati della citazione aristotelica di Sein und Zeit ma che, d’altra parte, permettono di misurare l’ampiezza della evoluzione, concettuale e terminologica, raggiunta da Heidegger dopo il periodo di Marburg.
Heidegger
and Rhetoric
Viene dagli Stati Uniti il primo volume che tratti in modo approfondito
il rapporto tra Heidegger e la retorica: Heidegger and Rhetoric.
Daniel M. Gross and Ansgar Kemmann (Eds.). State
University of New York Press. Albany, NY 2005; pp. 196 [ = HR].
L’opera è curata da due docenti di retorica, Daniel M. Gross (University of Iowa) e Ansgar Kemmann (Universität Tübingen, Universität München), e raccoglie sette interventi. I contributi affrontano il tema da molteplici angolazioni. I saggi di Gross, Hyde e Kisiel esaminano i Grundbegriffe in rapporto a Sein und Zeit e alla produzione heideggeriana successiva. L’intervento della Struever è l’unico a proporsi di analizzare la struttura del corso del 1924. Michalski e Pöggeler studiano il problema dal punto di vista storico-filologico e storico-letterario. L’intervista di Gadamer è principalmente di testimonianza.
Pathos e
retorica
Il saggio introduttivo di Gross (“Being-Moved: The Pathos of Heidegger’s
Rhetorical Ontology”; [“Essere-commosso: il pathos dell’ontologia
retorica di Heidegger”]) (HR 1-45) sottolinea come la storia dei
rapporti tra Heidegger e la retorica «has not been adequately told» (HR
1) ma poi inquadra i testi di Heidegger facendo uso delle categorie
derridiane di différance e di voix moyenne. La retorica viene presentata
come la «political philosophy» di Heidegger e un «antidote to
metaphysics» (HR 5). Ci sarebbe un «rhetorical pluralism» nello
Heidegger di Marburg che lo Heidegger di Sein und Zeit ha provveduto ad
annullare. «When Being and Time was published in 1927, rhetoric as a
discipline had been substantially absorbed into the body of H.’s
existential analytic, never again to fully resurface» [«Quando Sein und
Zeit fu pubblicato nel 1927, la retorica come disciplina era stata
sostanzialmente riassorbita nel corpo dell’analitica esistenziale di
Heidegger, per mai più riemergere»] (HR 2).
La tesi di Gross è che le lezioni del 1924 vadano attualizzate poiché segnano – assieme alle lezioni di retorica tenute a Basilea dal giovane Nietzsche – «the emergence of modern discourse theory» (HR ibid.). «Heidegger’s treatment of pathos in his 1924 course thus marks a turning point in the history of modern philosophy and in the history of the rhetorical tradition as well» («La trattazione di Heidegger della passione nel corso del 1924 segna una svolta nella storia della filosofia moderna e anche nella storia della tradizione retorica») (HR 27). Heidegger ha condotto «in new philosophical terms» una revisione radicale della tradizione retorica (HR 3) e ha marcato «the rhetorical turn in twentieth-century philosophy» (HR 40).
Sulla stessa lunghezza d’onda del contributo di Gross appaiono gli interventi di Michael J. Hyde (“A Matter of the Heart: Epideictic Rhetoric and Heidegger’s Call of Conscience”; [“Una materia del cuore: la retorica epidittica e la chiamata di coscienza di Heidegger”]) (HR 81-104) e di Theodore Kisiel (“Rhetorical Protopolitics in Heidegger and Arendt”; [“La retorica protopolitica in Heidegger e nella Arendt”]) (HR 131-160).
Hyde cita Gadamer per la «violent appropriation» del testo aristotelico da parte di Heidegger riguardo alla identificazione di phronesis con Gewissen (“coscienza”) (HR 81, 91 n. 21) e stabilisce una relazione tra «emotion and rhetoric» in Sein und Zeit, il ragionamento per entimemi esposto nelle lezioni del 1924 e l’analisi ontologico-esistenziale del Ruf des Gewissens (“chiamata della coscienza”) nella seconda sezione di Sein und Zeit. Hyde afferma che la “chiamata della coscienza” implica un “dire” profondamente caratterizzato dalla retorica: «conscience calls; it appeals to us most forcefully by way of an emotion (anxiety) that transforms time and space, opens us to the openness of our own existence, and thereby challenge us to think and act for the purpose of creating a meaningful existence that perhaps marks an improvement in our self-undestanding and in our communal being-with-others. The call of conscience, which lies at the heart of human being, is a showing-forth (epideixis) of this heart, a rhetorical revelation par exellence, whereby a call for concentrated thought and decisive action is announced» [«la coscienza chiama; ci attira vigorosamente tramite un’emozione (angoscia) che trasforma il tempo e lo spazio, ci apre all’apertura della nostra propria esistenza, e dunque ci sfida a pensare ed agire con lo scopo di creare un’esistenza significativa che indica forse un miglioramento della nostra autocomprensione e del nostro comune essere-con-gli-altri. La chiamata della coscienza, che si trova al cuore dell’essere umano, è un “mostrarsi” (epideixis) di questo cuore, una rivelazione retorica par excellence, per mezzo della quale si annuncia una chiamata per il pensiero capace di sollecitudine e per l’azione decisiva»] (HR 95).
Hyde, a differenza di Gross, vuole dimostrare una continuità dell’interesse di Heidegger per la retorica fino a Sein und Zeit, mentre il secondo Heidegger della “chiamata dell’Essere” andrebbe considerato in chiave anti-retorica per la svalorizzazione compiuta del linguaggio umano (HR 99).
Il contributo di Kisiel si propone di storicizzare i Grundbegriffe attraverso la cronaca degli eventi politici che squassarono la Repubblica di Weimar nel 1923. «Far from coincidentally, Heidegger at this time was busy developing his hermeneutical and protopractical ontology of Dasein by way of a wholesale confrontation of the phenomenological and practical Aristotle» [«Lungi dall’esser una coincidenza, Heidegger in questo periodo era impegnato a sviluppare la sua ontologia ermeneutica e protopratica del Dasein tramite un confronto a tutto campo con Aristotele fenomenologo e pratico»] (HR 131).
Questa «psychohistorical explanation» (cfr. Gross cit.
HR 39) vuole accostare la lettura
heideggeriana della polis alla situazione politica tedesca del primo
dopoguerra (cfr. HR 132). Lo spazio riservato alla retorica nei
Grundbegriffe costituisce la prova della volontà di Heidegger di
interpretare Aristotele politicamente. Il testo
aristotelico «depicts a speech community, a being-with that is
equiprimordially a speak-ing-with (...). It is by way of this
fundamental speaking-with-one-another that a rudimentary protopolitics
begins to take shape and to seek its site in Heidegger’s emerging
fundamental ontology» [«dipinge un comunità di linguaggio, un essere-con
che è cooriginario di un parlare-con (...). È tramite questo
fondamentale parlare-con-un-altro che una rudimentale protopolitica
comincia a prendere forma e a cercare una collocazione nella emergente
ontologia fondamentale di Heidegger»] (HR 132).
Kisiel sostiene che anche la distinzione tra autenticità e
disautenticità in Sein und Zeit va fatta risalire alla concezione
politica della retorica di Heidegger «The distinction between the civil
rhetoric of the Greeks and the propaganda rhetoric of postwar Weimar
Germany reflects a distinction present in 1924, but muted in the text of
Being and Time, between an authentic and an inauthentic doxa (view,
opinion, positing of positions) latent in the ethos of a cultivated
language» [«La distinzione tra la retorica civile dei Greci e la
retorica propagandistica della Germania di Weimar nel dopoguerra
rispecchia una distinzione presente nel 1924, ma poi modificata nel
testo di Sein und Zeit, tra la doxa (il punto di vista, l’opinione, la
presa di posizione) autentica e la doxa inautentica latente nell’ethos
di un linguaggio colto»] (HR 147).
Anche per Kisiel il tardo Heidegger si connoterebbe per l’anti-retorica poiché il recupero arcaico di una polis pre-politica avverrebbe a scapito del linguaggio umano come mezzo di comunicazione (HR 152). La Arendt invece svilupperà per suo conto la riflessione sulla retorica delle lezioni di Marburg, valorizzando in senso liberale e cosmopolita lo spazio pubblico della doxa negativizzato da Sein und Zeit.
Retorica fra polis e
logos
L’intervento di Nancy S. Struever (“Alltäglichkeit, Timefulness, in the
Heideggerian Program” [“Quotidianità e tempo propizio nel programma
heideggeriano”]) (HR 105-130) mette in evidenza come le lezioni di
Marburg «represent an extraordinary opportunity for the historian of
rhetoric» (HR 105).
Heidegger predispone
una «ingenious strategy» che utilizza la Rhetorica di Aristotele «to
gloss the Grundbegriffe» (HR ibid.).
I concetti fondamentali come “essere”, “bene”, “virtù”, “felicità”,
“fine”, “potenza” e “atto” vengono reinterpretati da Heidegger secondo
le peculiari modalità retoriche che caratterizzano il discorso politico
dei Greci. Retorica e politica costituiscono infatti l’essenza della
polis: la retorica del Miteinanderreden (“discorrere-assieme”) è
rivelatrice del Miteinandersein umano.
Il logos dei Greci ha carattere ontologicamente politico. Gli uomini hanno il logos perché sono una polis e in questo Sein-in-der-polis consiste la vita autentica degli uomini (HR 105-106). Non esiste separatezza tra logos retorico e logos filosofico così come «there is no gap between nature and culture» (HR 106), tra logos e physis. «Die Begriffe vom Sein-in-der-polis haben ihre Grundlagen in der Naturbegriffen» [«I concetti dell’essere-nella-polis hanno i loro fondamenti nei concetti della natura»] (HR ibid., cfr. Grundbegriffe 241 cit.). Heidegger elabora una «zealous intrication» tra la Rhetorica e i testi aristotelici di scienze naturali (de Partibus Animalium, de Motu Animalium, Physica) (HR ibid.) in modo da stabilire una serie di omologie tra il principio del moto e la kinesis delle “passioni” che costituiscono la dimensione vitale del Dasein (HR 106-107).
Nell’interpretazione heideggeriana la retorica diventa così una «Life Science», una scienza naturale: Heidegger mette in corrispondenza le «life capacities – passions (pathe), desire (orexis), choice (prohairesis), habit (hexis), and cares (Besorgen) – with the basic strategic concerns of rhetoric: belief (pistis), opinion (doxa), shared opinion (endoxa), commonplaces (topoi), and rhetorical argument (enthymeme)» [«capacità vitali – passioni, desiderio, scelta, abitudine e cure – con i nodi strategici basilari della retorica: credenza, opinione, opinione condivisa, luoghi comuni e argomentazione retorica»] (HR 107). L’entimema illustra bene questa coalescenza di natura e cultura: il termine deriva dalla parola thymos, che Struever traduce con «“affective desire”», «“heart”» (HR ibid.). Il corso di Heidegger ha il suo momento cruciale nell’analisi della doxa.
La doxa rappresenta la chiave di comprensione del fenomeno fondamentale della Alltäglichkeit (HR ibid.). “Opinioni” e “credenze” sono articolazioni del logos retorico. «Die doxa ist die Weise, in der wir das Leben in seiner Alltäglichkeit da haben» [«La doxa è il modo in cui noi abbiamo la vita nella sua quotidianità»] (HR ibid., cfr. Grundbegriffe 138 cit.).
La “temporalità” costituisce l’essenza della “quotidianità” e il deliberare del Dasein “orientato” da opinioni e credenze si caratterizza per la capacità di cogliere e di coltivare il kairos, il “tempo propizio” o ‘tempo opportuno’ (HR 110 ss.). La Struever si trova in sintonia con Hyde e Kisiel per questa esegesi dei Grundbegriffe basata sulla “revisione” del concetto di tempo dal punto di vista della retorica e sulla dichiarata equivalenza di retorica, politica e vita autentica (HR 117 ss., 125-126). Il corso di Marburg diventa così un manifesto del «Politics First» (HR 123) e il «reversal of the priorities of the history of philosophy» (HR 126) messo in atto da Heidegger con la Rhetorica di Aristotele rimane una sfida per la filosofia politica di oggi, stigmatizzata dalla Struever perché «insufficiently rhetorical» (HR 127).
Mark Michalski, il curatore dei Grundbegriffe, dedica il suo intervento (“Hermeneutic Phenomenology as Philology” [“Fenomenologia ermeneutica come filologia”] (HR 65-80) ad un’analisi serrata dei criteri filologici utilizzati a Heidegger nelle lezioni del 1924.
Il
“poetare pensante”
Il contributo di Otto Pöggeler (“Heidegger’s Restricted Conception of
Rhetoric” [“La concezione ristretta della retorica in Heidegger”]) (HR
161-176) si distingue per l’estensione della interpretazione retorica
all’intera produzione filosofica heideggeriana. In Pöggeler la retorica
viene però restituita alla storicità delle sue categorie, prima tra
tutte la inventio che organizza il discorso in luoghi esemplari (topoi)
(HR 163).
Il grande studioso heideggeriano avanza un’esegesi del tutto nuova ricorrendo alla metodologia ideata dagli storici della letteratura, la Toposforschung di Curtius nella Europäische Literatur und Lateinisches Mittelalter e i Leitworte di Auerbach in Mimesis: Dargestellte Wirklichkeit in der abendländischen Literatur (HR 162). Pöggeler sottolinea come il tardo Heidegger in Aus der Erfahrung des Denkens [Dall’esperienza del pensare] usi le espressioni “Topologie des Seyns” e “Ortschaft” («Aber das denkende Dichten ist in der Wahrheit die Topologie des Seyns // Sie sagt diesem die Ortschaft seines Wesens» [«Ma il poetare pensante è nella verità la topologia dell’Essere. // Essa gli dice il luogo dimorante della sua essenza»] codificando la metafora del ricercare topico (HR 161; cfr. HGA 13, 75 ss. cit.). Il “poetare pensante” è il “luogo” del logos. Esso “parla” e parlando si “colloca” nel “luogo” dell’Essere. Il “poetare pensante” si rivela nel “dire” e “dice” all’Essere che l’Essere è l’essenza di questo “luogo” in cui “dimora”.
La filosofia di Heidegger va dunque intesa, a parere di Pöggeler, come una ricerca di luoghi esemplari retorici per “dire” questo “luogo” inafferrabile che “dice” l’Essere e che è a fondamento di ogni cosa. In Unterwegs zur Sprache [In cammino verso il linguaggio], nel saggio Die Sprache im Gedicht. Georg Trakl, eine Erörterung seines Gedichts [Il linguaggio in poesia. Georg Trakl, il luogo della sua poesia] Heidegger illumina il significato della parola Erörterung (“discussione”) con il termine Ort (“luogo”): erörtern rimanda al “luogo” da indicare e da osservare (HR 162; cfr. HGA 12, 31 ss. cit.).
Nella tradizione della retorica i topoi orientano la memoria dell’oratore e secondo Pöggeler ciò influenzerebbe il pensiero di Heidegger L’esegesi topica di Pöggeler ha subito però una parziale smentita dallo stesso Heidegger che in una lettera del 1958 all’autore scriveva: «I use the term “topology” quite literally: the speaking of place; that is, thinking the truth (the disclosure of the self-concealed [das Entbergen des Sichverbergens]) of being [des Seyns]. In using this term I was not aware of the historical connotations that you have suggested» [«Io uso il termine “topologia” proprio alla lettera: il parlare del luogo; cioè, pensare la verità (lo svelamento dell’auto-occultamento) dell’essere.
Nell’usare questo termine non ero consapevole delle connotazione storiche da Lei suggerite»] (HR 162)5. Pöggeler tuttavia ribadisce che la “topologia dell’Essere” va intesa “as searching out a new place for being”: in questo senso, le intenzioni e le autointerpretazioni di Heidegger sono irrilevanti poiché conta soltanto l’opera “oggettiva” del pensatore (HR ibid.). Pöggeler ritiene che l’ostilità di Heidegger davanti alla tradizione retorica latina e rinascimentale sia al tempo stesso indicativa della difficoltà di riconsiderare l’importanza della retorica per la filosofia (HR 170 s.). La retorica gioca un largo ruolo nei Grundbegriffe, ma in Sein und Zeit Heidegger «had (...) already restricted crucial dimensions of Aristotle’s Rhetoric» (HR 168) abbassando la Öffentlichkeit (“pubblicità”), cioè la vita pubblica della polis, a vita inautentica.
La breve intervista di Kemmann a Gadamer (“Heidegger as Rhetor” [“Heidegger come retore”]) (HR 47-64) raccoglie una testimonianza diretta degli anni di Heidegger a Marburg (HR 48 s., 50 ss.). Gadamer ribadisce l’importanza della rottura operata dal ritorno di Heidegger ad Aristotele contro l’establishment accademico neo-kantiano della Germania dell’epoca. La traduzione heideggeriana di logos con “linguaggio” rappresentava una novità dirompente quando per il neo-kantismo «logos was just “reason”» (HR 47). Nel ricordare il seminario del 1923 sull’Ethica Nicomachea Gadamer descrive la sua straordinaria esperienza di giovane studente davanti alla “rinascita filosofica” dell’antico in virtù della «enormous radiance» della parola di Heidegger (HR 50). «How Aristotle came alive for me!» (HR 48): filosofi e filologi trattavano Aristotele come «pure history» ma con Heidegger «Aristotle suddenly came alive» (HR 50). Le osservazioni di Gadamer sono di notevole interesse, specialmente riguardo ai rapporti tra techne e dynamis (HR 49, 60), tra logos e pathos (HR 57), tra ethos, pathe e legein (HR 60) sul corso del 19246 .
Da questa sintesi di lettura possiamo delineare i pregi e i difetti del volume curato da Gross e Kemmann. L’analisi dei Grundbegriffe si presenta accettabile per la valenza “strategica” attribuita alle lezioni di Marburg nella filosofia di Heidegger. Gli autori, con la doverosa eccezione di Pöggeler, mostrano talento meno felice nella disamina testuale e nello studio dei rapporti tra il corso e la piena maturità di Heidegger. I Grundbegriffe vengono nel complesso male analizzati come primo e compiuto “dizionario” heideggeriano. La sovrapposizione e la divergenza dei “fuochi tematici” nei Grundbegriffe e in Sein und Zeit meritano quei raffronti puntuali e dettagliati che mancano in HR: i contributi banalizzano la questione limitandosi a segnalare zone di continuità ed eventuali aree di contrasto. Nuoce infine alla serietà e al rigore del lavoro storiografico il frequente ricorso ad ‘attualizzazioni’ dei testi di Heidegger in chiave di aggiornamento della politica e della filosofia contemporanee.
HR si chiude con un’appendice bibliografica di Kemmann ("Selected Bibliography: Heidegger and the Rhetoric") (HR 177-183). L’apparato è suddiviso in tre sezioni: a) definizioni e citazioni del termine “retorica” nelle opere di Heidegger; b) elenco dei lavori pubblicati e degli inediti di Heidegger nei periodi immediatamente antecedenti e successivi alle lezioni del 1924; c) letteratura secondaria. Per quanto riguarda la sezione a), i testi richiamati delineano una mappa preliminare degli indicatori lessicali e ciò risulta di qualche beneficio allo studioso che rimane privo di strumenti adeguati di ricerca come potrebbe essere un Heidegger-Lexikon condotto sugli spogli della HGA e deve invece accontentarsi di lavori parziali come gli indici di Feick e Ziegler e di Petkovsek (cfr. HR 177). Sul piano della gestazione dei Grundbegriffe spicca la citazione della Rhetorica nella conferenza inedita del 1923/24 intitolata Wahrsein und Dasein. Aristoteles, Ethica Nicomachea Z [Essere-vero e Dasein. Aristotele, Ethica Nicomachea VII”] (la pubblicazione è prevista in HGA 80). Duole però sottolineare una certa sciatteria nella compilazione, poiché questa conferenza è citata in due versioni diverse a distanza di una sola pagina di testo, correttamente nella sezione b) (HR 177) ed erroneamente nella sezione a) (Wahrsein und Dasein nach Aristoteles) (HR 176). A indicazione di una imperfetta curatela del volume, va rilevato che la medesima conferenza viene citata e commentata anche nel contributo di Kisiel (HR 132-140) ma con titolazione nuovamente difforme (Dasein und Wahrsein nach Aristoteles. Interpretation von Buch 6 der Nikomachischen Ethik) dove per di più il libro Zeta diventa il sesto libro (!). Per quanto riguarda c) la raccolta di testi va giudicata di discreta qualità ma rimane lontana dalla completezza che sarebbe necessaria. L’elencazione si ferma al 2003 e andrebbe integrata, anche a questa data, con un supplemento di titoli: Aristotle. On Rhetoric. A Theory of Civic Discourse. George A. Kennedy (Newly transl., Intr., Notes, App.). Oxford University Press. New York, Oxford 1991; Gerald Bruns. "The Hermeneutical Anarchist: Phronesis, Rhetoric, and the Experience of Art." In: Gadamer’s Century. Essays in Honor of Hans-Georg Gadamer. Jeff Malpas, Ulrich Arnswald, Jens Kertscher (Eds.). The MIT Press. Cambridge, MA.; London 2002: 45-75; Gerd Haeffner. [Rez. Grundbegriffe]. Theologie und Philosophie 78 (2003): 129-132; Robert N. Gaines. "Aristotle’s Rhetoric and the Contemporary Arts of Practical Discourse." In: Rereading Aristotle’s Rhetoric. Alan G. Gross, Arthur E. Walzer (Eds.). Southern Illinois University Press. Carbondale, IL; Edwardsville, IL 2000: 3-23; Michael J. Hyde. Craig R. Smith. "Hermeneutics and Rhetoric: A Seen But unobserved Relationship." Quarterly Journal of Speech 65 (1979): 347-363 [Repr. in: Landmark Essays on Contemporary Rhetoric. Thomas B. Farrell (Ed.). Lawrence Erlbaum. Mahwah, NJ 1998: 65-83]; Eugene Francis Kaelin. Heidegger’s Being and Time. A Reading for Readers. University Press of Florida. Tallahassee, FL 1988; Martin Kusch. Language as Calculus vs. Language as Universal Medium. A Study in Husserl, Heidegger and Gadamer. Kluwer Academic Publishers. Dordrecht 1989; Herman Philipse. Heidegger’s Philosophy of Being. A Critical Interpretation. Princeton University Press. Princeton, NJ 1998; Calvin O. Schrag. Philosophical Papers. Betwixt and Between. State University of the New York Press. Albany, NY 1994; Daniel Smith. "Intensifying Phronesis: Heidegger, Aristotle, and Rhetorical Culture." Philosophy and Rhetoric 36 (2003): 77-102; George Steiner. Martin Heidegger. With a new Introduction. University of Chicago Press. Chicago 1991; Claude Thérien. "Rhétorique et phénoménologie du discours dans 'Être et temps'." Archives de philosophie 61 (1998): 293-315 ; Franco Volpi. "Sein und Zeit: Homologien zur Nikomachischen Ethik." Philosophisches Jahrbuch 96 (1989): 225-240 ( = "Being and Time: A 'Translation' of the Nicomachean Ethics?" In: Reading Heidegger from the Start. Essays in His Earliesr Thought. Theodore J. Kisiel, John van Buren (Eds.). State of New York University Press, Albany N.Y. 1994: 195-211).
Note
1. Martin Heidegger, Grundbegriffe der aristotelischen
Philosophie, Gesamtausgabe, II, Abteilung: Vorlesungen 1919-1944. Bd.
18. [Marburger Vorlesung Sommersemester 1924. Mark Michalski (Hrsg.)].
Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 2002
2. Cfr. Mark Michalski, “Nachwort des Herausgebers.” In:
Grundbegriffe cit., 405-418.
3. Martin Heidegger, Sein und Zeit, Niemeyer, Tübingen 200118,
138.
4. Martin Heidegger, Sein und Zeit cit., 139.
5. Cfr. anche la corrispondenza tra Heidegger e Ebbinghaus: HR
171-172.
6. L’intervista a Gadamer risale al dicembre 2001 e precede la
pubblicazione dei Grundbegriffe, ma Gadamer conosceva il contenuto delle
lezioni grazie a una copia della trascrizione di Walter Bröcker (HR 63
n. 7).
Riccardo Sanchini, docente di Retorica giuridica alla Lumsa di Roma e all’Università di Teramo.
(c)
Ideazione.com (2006)
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