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Europa, si apre il dibattito sul boicottaggio dei Giochi
di PIERLUIGI MENNITTI

[27 mar 08] Se per Pechino sul piano militare appare più difficile del previsto riportare l’ordine a Lahsa, su quello mediatico la partita può considerarsi già perduta. Solo qualche giorno fa sarebbe stato impensabile che i governi occidentali prendessero in considerazione l’ipotesi di una qualche forma di boicottaggio verso i giochi olimpici cinesi del prossimo agosto. Ma la durezza della repressione e la sensibilizzazione di media e opinione pubblica ha aperto in molti paesi un dibattito che ormai occupa stabilmente le prime pagine dei giornali. E’ quanto la Cina temeva più di ogni cosa. La clamorosa protesta dei rappresentanti di Reporter sans Frontieres in occasione dell’accensione della fiaccola ad Olimpia, lascia presagire che i prossimi mesi saranno uno stillicidio per l’immagine mondiale della Cina: per quanto l’autocrazia cinese si dimostri apparentemente ermetica rispetto alle proteste, un Paese ormai immerso nel mercato economico globale è destinato a risentirne, anche pesantemente. Il passo più lungo lo ha compiuto per ora il presidente francese Nicolas Sarkozy, il quale ieri non ha escluso l’ipotesi di una qualche forma di boicottaggio se la Cina dovesse proseguire nella sua azione repressiva contro il Tibet. Sollecitato da un appello pubblicato da Le Monde, Sarkozy ha lasciato intendere che la Francia prende in considerazione tutte le opzioni possibili. Informalmente, il presidente non si è spinto fino all’ipotesi estrema del boicottaggio dei giochi da parte degli atleti francesi ma ha lasciato trapelare la possibilità di non far partecipare la squadra alla cerimonia d’apertura. Sarkozy ha così risposto indirettamente anche a quanti, nel suo stesso partito, avevano considerato troppo morbida la sua posizione: lunedì il presidente aveva invitato il governo cinese alla moderazione. E sprezzante era stato il commento di Alain Juppé sul suo blog: “Insomma, noi chiediamo al potere cinese di uccidere con moderazione”. Le Monde aveva ricordato a Sarkozy l’enfasi mostrata in campagna elettorale sul tema dei diritti dell’uomo, l’ex primo ministro Dominique de Villepin lo aveva invitato a brandire con decisione la minaccia del boicottaggio, il Partito socialista aveva chiesto gesti forti.

Su Sarkozy incombeva anche il confronto con Angela Merkel che, alcuni mesi fa, aveva affrontato le ire del governo cinese e le polemiche dei realisti raccolti attorno al ministro degli Esteri socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier incontrando ufficialmente alla Cancelleria il Dalai Lama. Neppure la comunità economica tedesca, che con la Cina ha avviato da tempo rapporti intensi, aveva apprezzato il gesto simbolico della cancelliera. Sembrava che la Merkel avesse creato il finimondo, sostiene ancora Le Monde, eppure alcune settimane dopo le tensioni sono scemate. Tuttavia la posizione del governo tedesco verso la Cina resta centrale, anche rispetto a Parigi, per misurare il polso della reazione europea, tanto intensi sono i rapporti commerciali fra i due Paesi. Il dibattito in Germania ha preso piede in questi giorni e il tema del boicottaggio è balzato di colpo al centro della discussione. L’esecutivo non ha ancora preso ufficialmente posizione e i ministri si astengono per il momento dal fare dichiarazioni. In verità, nonostante quello che sostiene Le Monde, le polemiche anche interne seguite all’incontro della Merkel con il Dalai Lama non si sono affatto sopite, anche sul piano interno. Ecco perché la prima preoccupazione del portavoce del governo Thomas Steg è stata quella di assicurare che, per la nuova visita del Dalai Lama in Germania il prossimo maggio, non è previsto alcun incontro alla Cancelleria. Ufficialmente perché in quei giorni Angela Merkel sarà in visita all’estero. E diplomatica è al momento anche la posizione di Steinmeier che chiede al governo cinese “trasparenza” nella politica verso il Tibet. Più o meno quello che aveva chiesto lunedì scorso Sarkozy. Mentre il suo portavoce si mantiene sul vago: è saggio non parlare affatto di boicottaggio anche se questa opzione non è del tutto esclusa.

Più vivace è invece il confronto che si agita fra i partiti. A gettare benzina sul fuoco è stata l’intervista concessa alla Frankfurter Allgemeine da Thomas Bach, presidente della Lega olimpica tedesca e vicepresidente del Comitato olimpico internazionale. Bach ha sostenuto con tono piuttosto secco che gli atleti non devono occuparsi di politica e che il loro compito è solo quello di partecipare ai giochi. Possono avere le idee che vogliono ma non hanno il diritto di esprimerle in alcun luogo olimpico: “Le regole prescrivono la neutralità politica e i luoghi olimpici devono restare liberi da ogni dimostrazione politica”. Nessun gesto eclatante durante una premiazione o una conferenza stampa verrà tollerato, insomma. E se la nuotatrice Antje Bushschulte replica con candore che “se si prende come misura il rispetto dei diritti dell’uomo, allora non si sarebbero dovuti concedere i giochi olimpici alla Cina” e “nella nostra società chiunque ha il diritto di esprimersi liberamente e questo deve accadere anche alle Olimpiadi”, i politici accusano Bach di aver invaso un terreno che è competenza della politica e non di un dirigente sportivo. Dai Verdi giungono le critiche più feroci. La leader Claudia Roth ha stigmatizzato la dichiarazione di Bach “come una cambiale in bianco consegnata dalla Germania ai dirigenti cinesi per il proseguimento delle violenze in Tibet”. La Cdu sposa al contrario una linea di una prudente Realpolitik: percorrere tutte le vie del dialogo politico per risolvere le sofferenze e far cessare le violenze. Ma la frazione europarlamentare del partito si spinge fino a ipotizzare sanzioni economiche. Il boicottaggio, per ora, non viene preso in considerazione, “anche se nessuno può dire come evolverà la situazione nelle prossime settimane”, dichiara Eckart von Klaeden, l’esperto di esteri della Cdu. E mentre in Italia il tema non entra nel confronto elettorale fra i partiti, giunge da Lubiana (la Slovenia è presidente di turno dell’Ue) la prima dichiarazione ufficiale dell’Unione Europea: si richiama la Cina al rispetto dei diritti umani. Forse un po’ poco. Ma una posizione comune europea su eventuali ritorsioni verso i giochi olimpici può forse essere la strada giusta per superare timori e timidezze nazionali.


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