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[16 apr 08] Silvio Berlusconi sarà premier per la terza volta. Quella del Popolo della Libertà e dei suoi due alleati, che hanno staccato Pd e Italia dei Valori di ben 9 punti sia alla Camera che al Senato, può essere definita una vittoria “landslide”, a valanga, inaspettata solo per chi aveva creduto nella rimonta veltroniana propagandata a tamburo battente dai grandi quotidiani. Con il 47,1 per cento al Senato e il 46,6 per cento alla Camera, Berlusconi godrà di una solida maggioranza in entrambe le Camere. Con i suoi 71 anni suonati, Berlusconi ha dato una grande dimostrazione di forza e di vitalità politica. E’ ancora in sintonia con la maggioranza degli italiani, che più che sui programmi ha giudicato i due principali contendenti sulla base della loro carriera politica. E così che il “nuovismo” di Veltroni non ha potuto fare breccia. La fusione tra Forza Italia e An, promossa in fretta da Berlusconi e battezzata nelle urne, ha avuto maggior successo della lunga gestazione del Pd, in cui Ds e Margherita sono confluiti dopo anni di estenuanti dibattiti. A dimostrazione che non sempre le vie che sembrano più democratiche lo sono davvero. Il progetto del PdL oggi, seppure avviato in modo “leaderistico”, ha ricevuto un convincente battesimo democratico.
Nel 2006 Fi e An avevano ottenuto insieme il 36 per cento dei voti. Il PdL non solo ha raccolto tutti i loro voti, ma ha guadagnato altri due punti. Per non parlare della Lega Nord, che dal 4,5 per cento del 2006 ha praticamente raddoppiato i suoi consensi (8,3 per cento). Sembra essersi verificato un consistente smottamento di voti da sinistra verso destra. L'impressione è che l'Udc di Casini abbia tenuto soprattutto grazie a voti centristi in uscita dal Pd, concendendo qualcosa dei suoi al PdL; che il Pd, grazie a una campagna impostata da Veltroni soprattutto per non perdere voti sul fronte sinistro, abbia sopperito (ed anzi migliorato di due punti il 31,3 per cento dell'Ulivo nel 2006) drenando voti dalla Sinistra Arcobaleno, che invece ne ha persi molti anche in favore di Di Pietro e delle piccole formazioni marxiste alla sua sinistra. E’ anche possibile che molti potenziali elettori dell'alleanza rosso-verde si siano astenuti, ma è più probabile che la maggior parte di loro si siano fatti affabulare dal “sogno” di Veltroni. Credendo nella rimonta, hanno scelto colui che sembrava meglio attrezzato per impedire a Berlusconi di tornare al governo, o quanto meno per inchiodarlo al pareggio. Oggi quegli elettori si staranno mangiando le mani. Cadendo nell’astuta trappola di Veltroni, che è rimasto ben 9 punti sotto al suo avversario, non solo non sono riusciti a evitare il ritorno al potere di Berlusconi, ma hanno determinanto persino la scomparsa della Sinistra Arcobaleno dal Parlamento.
Da parte nostra, non finiremo di ringraziare Veltroni per aver liberato il Parlamento italiano dalla forza politica più anti-moderna, dal partito dei “No” su tutto. Un Parlamento per la prima volta senza comunisti in un Paese che ha avuto il Partito Comunista più grande tra quelli del mondo occidentale. Gli italiani con il loro voto hanno anche decretato quella forte semplificazione del sistema partitico che da tempo aspettavano. L’hanno fatto scegliendo un sistema quasi bipartitico, punendo i responsabili dell'instabilità sistemica e concedendo ai due principali partiti, PdL e Pd, il 72 per cento delle preferenze. Avremo così tre gruppi parlamentari al Senato e solo quattro alla Camera. Berlusconi appare consapevole che gli italiani gli hanno consesso l'ultima occasione per rimettere in piedi l'Italia e per dimostrare di essere in grado di trasformare le promesse in fatti. Formerà rapidamente un governo di soli 12 ministri scelti per le loro specifiche abilità. Giulio Tremonti tornerà all'Economia, Stanca proseguirà con l’innovazione nella pubblica amministrazione e Frattini rappresenterà l’Italia all’estero. Gli atti di governo nei primi 100 giorni saranno determinanti nel dare il tono all’intera legislatura. Berlusconi ha promesso l’abolizione delle tasse sulla prima casa, sugli straordinari e sulle auto e, in un secondo tempo, la riduzione delle aliquote sul reddito.
Dovrà coprire le riduzioni fiscali tagliando drasticamente la spesa pubblica. Dovrà tagliare sprechi e privilegi nella pubblica amministrazione, rendere meno pesante la burocrazia e più efficiente la giustizia civile, ma anche mettere mano al welfare, al sistema pensionistico e al sistema educativo. Dovrà anche affrontare il problema della dipendenza energetica del nostro Paese ricorrendo alla diversificazione delle fonti (compreso il nucleare) e dei fornitori. Anche la politica estera italiana subirà dei cambiamenti. L’Italia di Berlusconi sarà più amica degli Stati Uniti e di Israele. E in Europa è probabile che si assocerà a Sarkozy nel sostenere la candidatura di Blair alla nuova presidenza dell’Unione. La sfida per il cambiamento sarà molto dura. Il governo Berlusconi si troverà di fronte la strenua opposizione dei sindacati e di mille corporazioni. Ma se Berlusconi non ingaggerà subito questa battaglia, sulle ali del successo elettorale, allora sarà improbabile che ne uscirà vincitore. Nella sua attività di governo Berlusconi sarà certamente influenzato dalla Lega Nord, che ha raddoppiato i suoi seggi al Senato, ma oggi tra i suoi alleati dovrebbe esserci maggiore coesione rispetto alla coalizione che lo appoggiò tra il 2001 e il 2006. Almeno l’Udc di Casini questa volta non ne farà parte. Cosa si aspettano, dunque, gli elettori del PdL e della Lega? Non più risse, non più “veto player”, non più alibi, non più ritardi nel decidere su ciò di cui l’Italia ha bisogno per riparare la sua economia in crisi.
Per quanto riguarda il Pd, di tutta evidenza Veltroni non ha potuto liberarsi del pesante fardello dei fallimenti e dell’impopolarità del Governo Prodi. Il suo risultato è stato comunque deludente, perché la sua principale preoccupazione è stata quella di “cannibalizzare” la sinistra. In questo è riuscito. E infatti non ha sfondato nell’elettorato centrista e non ha convinto né gli elettori del nord né gli indecisi. Non è riuscito a far dimenticare il suo passato politico e durante questa campagna ha assunto un profilo non sufficientemente innovativo, moderno, coraggiosamente riformatore e orientato al libero mercato. Non è bastata qualche candidatura di immagine per far abboccare i ceti produttivi – sia imprenditori che lavoratori – che ancora non si fidano delle performance economiche dei riformisti del Pd. Il successo della Lega Nord non va interpretato come semplice voto di protesta, né è pericoloso per l'integrità nazionale e la democrazia. E’ una consapevole denuncia contro lo statalismo e il centralismo romano. La gente che lavora duramente, che rischia in proprio e paga le tasse, è stufa delle chiacchiere romane e dell'eccessivo intellettualismo della sinistra. Come utilizzerà il suo accresciuto consenso la Lega? Resisterà alla tentazione di intraprendere la scorciatoia del protezionismo e di un assistenzialismo targato nord?
L’opposizione sarà per Veltroni e il Pd il vero banco di prova. Il segretario dovrà utilizzare questa traversata nel deserto per portare a compimento il processo di costituzione del Pd, per dargli un’identità che gli possa far recuperare credibilità presso dell’elettorato. I Democratici dovranno credere nel potere rigenerativo della sconfitta, se accompagnata da una sfida di reale rinnovamento politico e culturale. Tornare alle lotte intestine per la leadership sarebbe un grave errore. Dovranno rendersi disponibili a trattare con Berlusconi per le riforme istituzionali. Dovranno dotare il loro partito del linguaggio e della nuova cultura politica di cui necessitano per tornare al governo del Paese. Dovranno impegnarsi in una opposizione intelligente ed aperta, evitando di appiattirsi sulle posizioni conservatrici dei sindacati e della sinistra antagonista, bensì incalzando Berlusconi perché realizzi riforme più coraggiose e cambiamenti più incisivi. Se a prevalere sarà di nuovo l’odio per il nemico politico, allora assisteremo ad altre e più pesanti sconfitte. Se Veltroni dimostrerà di poter essere il leader di “rottura” che la sinistra non ha mai avuto, allora sulle rovine di oggi costruirà una nuova sinistra.
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