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[18 apr 08]
Pagliarini, una vita per il federalismo
Giancarlo Pagliarini, già ministro al Bilancio ed alla Programmazione economica del primo governo Berlusconi nel 1994, è da sempre portavoce delle istanze federaliste. Leghista della prima ora, nel giugno 2006 è eletto consigliere comunale a Milano, ma nel gennaio 2007 abbandona il Carroccio e passa al gruppo misto, perché non lo ritiene più attivamente coinvolto nello sviluppo del federalismo. Nel giugno 2007 aderisce al network liberale promosso da Daniele Capezzone. Il 18 gennaio 2008 pur sostenendo di essere “rimasto leghista nell'anima e nella mente”, aderisce a La Destra, il partito fondato da Francesco Storace e Daniela Santanché, per i quali è stato candidato, come indipendente, capolista in Lombardia e Veneto alle ultime politiche del 13 e 14 aprile. Una decisione presa quasi in sordina, senza polemiche o squilli di tromba.
“La Lega l’ho lasciata con affetto e anche con la speranza di poterla aiutare di più dall’esterno, magari con qualche critica e soprattutto con l’esempio, che non dall’interno. L’ambiente si era veramente deteriorato e poi si figuri se mi mettevo a combattere contro gente a cui avevo voluto bene e che consideravo fratelli. Meglio andarmene zitto zitto senza fare polemiche”.
A bocce ferme, con La Destra fuori dal parlamento e la
Lega in grande spolvero, rifarebbe la scelta?
Nel mio sito personale ho inserito la lettera con cui dicevo a
Bossi che non avrei rinnovato la tessera della Lega. In campagna elettorale ho sempre chiesto di votare per me
e per Santanchè premier. Ma subito dopo ho sempre aggiunto: “Oppure, in
alternativa, votate per la Lega, che è comunque meglio degli altri, solo
che purtroppo ho paura che abbia le mani legate da Berlusconi”. Spero di
sbagliarmi ma credo proprio che anche questa legislatura andrà proprio così,
con Berlusconi che detterà i temi e gli amici leghisti che lo seguiranno
a ruota.
Eppure anche nel programma del Pdl è presente un capitolo
relativo al federalismo.
Certo, nel libretto che i militanti del Pdl hanno distribuito durante la
campagna elettorale c'è un chiaro e formale impegno a realizzare il
federalismo fiscale, facendo approvare dal Parlamento la proposta di
legge "Nuove norme per l'attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione", adottata dal consiglio regionale della Lombardia il 19
giugno 2007, grazie anche alla benevola astensione della sinistra. Non
serve nessuna commissione bicamerale e non è necessario esaminare
proposte della Conferenza delle regioni o del vecchio consiglio dei
ministri. Gli impegni sono impegni. Berlusconi si è impegnato a far
approvare dal Parlamento il testo della regione Lombardia e la Lega ha
preso, giustamente, una montagna di voti anche e soprattutto perché ha
ottenuto questo impegno da Berlusconi. Se portiamo subito a casa questa legge, e quando dico subito
significa non oltre il prossimo mese di luglio, tutto bene. Altrimenti,
vorrebbe dire che ormai gli unici obiettivi sono poltrone e potere.
Come procede il dialogo all’interno de La Destra?
Soprattutto, come fa a convivere in un partito considerato centralista e
statalista?
Vede, in molti appena hanno saputo della mia candidatura hanno
commentato: “Oh signor, è diventato matto”. In realtà non è così. Ho
aderito in base all’articolo 2 del loro Statuto, che prevede il
federamento al movimento anche da parte di associazioni e gruppi di
persone. Su questa base ho stipulato con Daniela Santanché e Francesco
Storace un vero e proprio “patto” tra La Destra e la mia Associazione,
la "Giancarlo Pagliarini
per la riforma federale". Il patto è finalizzato a lavorare assieme
perché la Repubblica italiana possa diventare al più presto la
Repubblica federale italiana.
Che vantaggi otterrebbero gli italiani con una riforma di questo tipo? Innanzitutto la riduzione dell’intermediazione dello Stato ed una maggior trasparenza degli atti, sia amministrativi che politici. Diciamo che la riscrittura della Costituzione, che ormai è un documento vecchio, specchietto retrovisore di una realtà che non esiste più, dovrebbe tenere in considerazione un fattore assoluto: la libera concorrenza tra le Regioni. Soltanto in questo modo gli amministratori lavorerebbero davvero per il bene comune del loro territorio. Senza contare che con un sistema di questo tipo anche i cittadini sarebbero più liberi scegliere: a parità di tassazione si guarderebbero i servizi migliori. O viceversa.
In conclusione, una battuta sul rilancio dell’economia
nazionale?
Non è semplice ridurre ad una battuta una questione come la ripresa
dell’economia nazionale. Mi faccia esporre almeno quattro questioni che
secondo me dovrebbero essere introdotte sin da subito se vogliamo
risollevare le sorti del Paese e dei suoi conti.
Primo: pensare locale e agire globale. Essere “glocali”. Ma questo sarà
possibile solo con una forte riforma federale. Secondo: flat tax ed seria
riforma federale. L’aliquota unica non deve essere progressiva e
dovrebbe sostitutire le attuali Irpef e Ires, valida dunque per i
redditi di qualunque tipo, senza distinzione tra persone fisiche e
imprese. La percentuale obiettivo che proponiamo è il 20 per cento da
raggiungere in tre anni, riducendo del 2,5 per cento all’anno l’attuale
aliquota del 27,5 per cento. Per quanto riguarda invece il federalismo
fiscale, l’obiettivo è sapere chi paga le tasse, regione per regione, e
come le pubbliche amministrazioni usano quei soldi. Ferma restando,
naturalmente, la tutela dei diritti civili e sociali di tutti i
cittadini, una riforma fiscale seria che alleggerisca la pressione su
cittadini e imprese, improntata a criteri di trasparenza e
territorialità, deve consistere
nell’identificare i compiti operativi e i compiti
legislativi dello Stato, che saranno alcuni “esclusivi” e altri
“concorrenti” con le Regioni, alle quali spetta la responsabilità delle
altre leggi. Questo non è caos, ma è competizione tra Regioni per
determinare chi amministra meglio, dove la qualità della vita è
migliore, dove si attirano più investimenti e dove c'è più sicurezza e
meno ladri a piede libero.
Terzo: per quanto
riguarda la solidarietà secondo me il contratto
federale dovrebbe prevedere che tutti i cittadini accettino
consapevolmente di pagare una tassa per la solidarietà il cui gettito
andrà in un "piatto comune". Si calcolerà il PIL medio pro-capite
nazionale. Le regioni che lo supereranno non riceveranno niente. Quelle
dove si genererà un PIL pro capite inferiore alla media nazionale
incasseranno quote della tassa per la solidarietà, a condizione che non
vi sia significativa evasione fiscale e contributiva. I calcoli non
saranno effettuati sulla base dei valori nominali, ma sulla base del
"potere d'acquisto". E
infine vera trasparenza dei conti pubblici. Per me questo è un punto
assolutamente importante, è fondamentale che i cittadini siano
informati, consapevoli e convinti.
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