Ne avessero azzeccata
una gli strateghi elettorali del centrodestra! Hanno giocato in difesa su
tutta la linea e la vendetta della politica li ha colpiti in pieno. Prima
si sono inventati la "porcata" elettorale della proporzionale
senza preferenze, e hanno perso per 24mila voti elezioni che, con la vecchia
legge, molto probabilmente avrebbero vinto. Poi hanno evitato l'election
day, l'unificazione del voto nazionale e amministrativo, e oggi hanno beccato
una bella batosta preannunciata dalla scarsa affluenza alle urne. Se avessero
utilizzato il traino delle politiche, forse, sarebbe andata diversamente.
Ma la politica è anche sfida e azzardo, il resto è ragioneria
di bassa bottega, una specialità dalle nostre parti. La sinistra
ha confermato i suoi sindaci con percentuali trionfali (e vergognose per
quei poveracci che hanno corso con il centrodestra, da Alemanno a Buttiglione
a Malvano); la Casa delle Libertà ha confermato i suoi sul filo di
lana. Ha vacillato la roccaforte destrorsa di Milano, dove la buona candidatura
di Letizia Moratti ha sopperito anche a una fine legislatura Albertini non
proprio decorosa, non quella sinistrorsa di Napoli, dove le ammuine di Apicella
non hanno sciolto il sangue... degli elettori.
Non
ci consola l'osservazione che le amministrative sono tradizionalmente negative
per i moderati. Dopo quindici anni, questa spiegazione è una barzelletta,
una stupida dichiarazione per gli idioti, e noi idioti non siamo. Manca
una politica radicata sul territorio. Manca una selezione della classe dirigente
che sia degna di questo nome. Manca la capacità di mandare a quel
paese riciclati di tutti i tipi. Manca la voglia di immaginare un futuro
che vada oltre le spallate, le depressioni, gli interessi personali, i riconteggi,
gli amici degli amici, gli affari, i privilegi perduti, le posizioni consolidate.
A via del Plebiscito (sì, avete letto bene, via del Plebiscito, non
quel simulacro di indirizzo che suona via dell'Umiltà) sembra vada
in onda, ogni sera, un film dell'orrore. Nulla si è mosso rispetto
alla scorsa legislatura, i capigruppo sono gli stessi, la musica non è
cambiata. Se qualcuno è davvero convinto che una politica di opposizione
possa fondarsi sul riconteggio dei voti, si faccia una bella doccia fredda,
perché il mondo va avanti e noi non abbiamo alcuna intenzione di
rimanere indietro a contemplare il bel mondo andato. Chi ha organizzato
il partito in questo modo, o decide di cambiare rotta, e in fretta, rinnovando
(e possibilmente ringiovanendo) cariche e organigrammi o è meglio
che si faccia da parte. Prima che a metterli da parte ci pensino una volta
buona i propri elettori o quanti, nel mondo delle fondazioni e delle riviste,
stanno già lavorando per il cambiamento e per disegnare scenari politici
futuri nel centrodestra.
Si
torni dunque alla politica. E la si smetta con lo stucchevole gioco del
riconteggio dei voti. E’ capitato anche al centrodestra, altre volte
e in altri luoghi, di vincere un’elezione per pochi voti: capita di
vincere per un soffio. La metà di elettorato che ha votato per il
Polo vuole una politica diversa da quella che hanno iniziato a fare i ministri
del governo Prodi. Vuole alternative, possibilmente credibili. Vuole che
la CdL rimetta mano al suo personale politico che, specie a livello locale,
mostra una carenza morale e politica impressionante. Non crediamo che la
classe dirigente della sinistra sia migliore, basta dare un'occhiata all'esecutivo
che Prodi ha messo in piedi o al livello amministrativo delle giunte unioniste.
Iervolino è stato il peggior sindaco che Napoli ricordi, ma qualcuno
ricorda un nome autorevole di un politico napoletano del centrodestra? Insomma:
o il centrodestra cambia registro o il consenso, pur ragguardevole, mantenuto
ad aprile sarà destinato ad evaporare. Nell'ultimo editoriale di
Ideazione ci chiedevamo se il centrodestra potesse immaginare "qualcosa
di più della straordinaria vitalità di un leader impolitico".
Qualcosa di più, perché sono passati dodici anni dal 1994:
e dodici anni sono più o meno un ciclo politico. Ma anche qualcosa
d'altro, perché Fini e Casini sono qualcosa di meno, non qualcosa
di più di Berlusconi.
(c)
Ideazione.com (2006)
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