Il popolare Pöttering alla guida dell'Europarlamento
[19 gen 07]

E’ fatta. Hans-Gert Pöttering si volta a destra e a sinistra nella solenne aula parlamentare di Strasburgo, oggi ancora più blu e rilucente del solito, guarda i suoi colleghi che si alzano per applaudirlo e si scioglie in un lungo sorriso. Non la smette più di sorridere, questo energico e distinto sessantenne tedesco, deputato europeo eletto alla guida dell’Assemblea continentale nella consueta staffetta di mezzo mandato. La sua felicità è la cosa più commovente di questa elezione che in verità poco o nulla aveva di emozionante. La vita istituzionale europea declinata a livello parlamentare vive spesso di compromessi che hanno più il sapore di una prudente diplomazia che di un’accesa battaglia politica. La presidenza del Parlamento è una scelta di consuetudine, che i partiti popolare e socialista si spartiscono in accordi a inizio legislatura: una staffetta a metà mandato che non lascia spazio a colpi di teatro o alle ambizioni degli outsider. I due schieramenti non si combattono e decidono di appoggiare il candidato nominato dall’avversario, che a sua volta avrà fatto in modo di non avanzare una candidatura sgradita. Così il tedesco Pöttering succede al socialista spagnolo Borrell tra sorrisi e abbracci. Una sorta di bon ton istituzionale che rende l’esperienza parlamentare a Bruxelles e Strasburgo una dolce vita con pochi strappi e molta cortesia.

E scortese non poteva essere la candidatura popolare di Hans-Gert Pöttering, uno dei deputati di più lungo corso. Calpesta le moquettes delle due sedi parlamentari fin dal 1979, anno in cui gli elettori votarono per la prima volta direttamente i loro rappresentanti europei. Di questa attività continentale, Pöttering ha fatto la sua professione e la sua carriera, in omaggio anche alla moralità della politica tedesca, che prende l’Europa sul serio e manda a rappresentarla politici capaci e appassionati, non parcheggiati di lusso in attesa di pronto rimpatrio. E’ nato a Bersenbrück, un paesino vicino alla più famosa Osnabrück in Bassa Sassonia, nel settembre del 1945, quando la Germania capitolava in un mare di rovine. La Bassa Sassonia è la regione nord-occidentale della Germania, al confine con l’Olanda, strapazzata d’inverno dalle tempeste di vento e di pioggia che si abbattono sul Mare del Nord. Dalla sua gente ha preso la cordialità e la tenacia e pure l’allegria. Dalla sua storia familiare la passione per l’Europa unita. Il padre non l’ha mai conosciuto: morì in battaglia negli ultimi scampoli della seconda guerra mondiale, quando non c’era più nulla per cui combattere. Non si stanca di rimarcare questo dato biografico quando spiega i motivi della sua dedizione alla causa europea: mai più guerra sul Continente.

Il suo curriculum universitario sembra fatto apposta per arrivare fin qui: studi di legge, politica e storia fra Bonn e Ginevra, una veloce esperienza alla Columbia di New York. Poi ricercatore nell’università della sua Osnabrück e una carriera sacrificata per la passione politica: nel 1995 sarà nominato professore onorario. Ma è nel parlamento europeo che Pöttering trova la sua consacrazione. Ci entra nel 1979 come deputato di Osnabrück e della Frisonia orientale, non ne uscirà più. Si infila nelle Commissioni più impegnative, non perde una conferenza o un gruppo di lavoro, sgobba come solo i tedeschi sanno fare. Diventa il riferimento europeo del suo partito nazionale, la CDU che lo inserisce stabilmente nel comitato esecutivo e federale e nel board della Fondazione Adenauer. Scala le cariche all’interno del partito popolare europeo: vice capogruppo nel 1994, capogruppo dal 1999. Guida i gruppi di lavoro più importanti, si distingue per la passione con cui segue le politiche dell’allargamento ai paesi dell’Europa centro-orientale.

Gioca sempre in attacco, ha del futuro una visione positiva. Con lui il Ppe ha avviato il suo duplice allargamento. Da cattolico, ha spinto e guidato la trasformazione del Ppe da partito dei cattolici a più ampio raggruppamento conservatore. Da europeo ha premuto l’acceleratore verso l’integrazione dei partiti moderati che nascevano nei paesi post-comunisti. In un partito dove la segreteria ha una funzione più rappresentativa e il vero potere è nei gruppi parlamentari, Pöttering lascia in eredità un Rassemblement che conta il maggior numero di deputati e che è l’unico presente in tutti e 27 i paesi membri dell’Unione, Romania e Bulgaria compresi.

Con l’Italia ha un legame speciale. Ha spinto con determinazione per l’ingresso di Forza Italia nel Ppe, nonostante l’impopolarità in Germania di Silvio Berlusconi. Ha sudato sette camicie per arginare gli effetti della sciagurata polemica del Cavaliere con il connazionale Schulz. E’ diplomatico verso l’ipotesi di ingresso nel Ppe di Alleanza Nazionale: ha evitato le roboanti dichiarazioni che sono sfuggite al suo collega belga Martens, preferendo affrontare la discussione sul terreno politico. E’ una sorta di Dottor Sottile dei conservatori, che sembra aver preso da ciascuno dei suoi colleghi europei qualcosa del loro costume nazionale. Parla correntemente molte lingue e si sforza di raccogliere il vocabolario necessario per non sfigurare anche in quelle che non padroneggia. I suoi colleghi italiani – notoriamente impacciati negli idiomi stranieri – lo adorano, perché lui li prende sottobraccio conversando in italiano. Da presidente potrà dare all’Assemblea un maggiore profilo politico. Tra le tante polemiche che ebbe con il presidente della Commissione Romano Prodi, una può dare il senso della sua strategia: contestando all’attuale premier italiano la sua assenza di legame con le famiglie politiche europee, si augurò che in un futuro non troppo lontano il presidente della Commissione potesse essere scelto all’interno dei partiti presenti nel parlamento europeo. Una spinta verso l’assunzione di un maggior profilo politico da parte delle istituzioni europee. E, forse, anche un’autocandidatura. (p. men)

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