Nella campagna elettorale per le
presidenziali francesi, la settimana appena conclusasi ha segnato
una rottura rispetto ai trend passati. Se nell'ultimo mese i due
candidati si erano più o meno affiancati nelle preferenze degli
elettori, con piccoli scostamenti a favore dell'uno o dell'altro,
questi ultimi sette giorni hanno segnato il declino della candidata
socialista Ségolène Royal e l'offensiva del candidato di
centrodestra Nikolas Sarkozy. Insomma, nel momento in cui la corsa
elettorale è passata dal palcoscenico propagandistico delle
convention di partito al territorio, Sarkozy sembra aver messo in
campo la sua capacità politica, Royal la sua inadeguatezza. E'
troppo presto per parlar di fuga: la campagna elettorale è ancora
agli inizi, gli scivoloni sono possibili per tutti e Sarkozy è tanto
bravo quanto imprudente e non è detto che non inciampi pure lui.
D'altro
canto la Royal sconterà questa falsa partenza fatta di gaffes
internazionali, di approccio errato alla campagna elettorale, di
beghe interne al partito e alla sua famiglia. Il dato riportato nel
grafico in alto a sinistra (fonte Ipsos-Economist) testimonia lo
stacco feroce tra i due candidati nelle intenzioni di voto degli
elettori. La nostra impressione è che, per quanto la Francia sia
stata rappresentata in questi ultimi anni come un paese molto
conservatore, timoroso delle riforme, legato a sicurezze sociali
anche difficilmente sostenibili (si pensi alla legge sulle 35 ore),
profondamente anti-americano (e quindi anti-capitalista,
anti-liberista etc., etc.), la realtà sia ben diversa o almeno molto
più variegata rispetto alla rappresentazione mediatica.
Probabilmente esiste un'altra Francia che sembra disposta a seguire
un programma che si annuncia - almeno nelle intenzioni di Sarkozy -
di forte rinnovamento, che non rinnega le tradizioni del paese ma
intende svecchiarlo, modernizzarlo, indirizzarlo con ottimismo verso
riforme che ne rivoluzioneranno mentalità e struttura. Questa
Francia, finora, non aveva trovato una proposta politica che la
rappresentasse: né fra i socialisti, lì poco riformisti, né nel
centrodestra, appesantito dal conservatorismo d'apparato di Chirac.
Insomma, una Francia reale contrapposta a quella ufficiale
descritta dalle élites, dai media e dagli intellettuali.
Sull'esistenza di questa "altra Francia" si gioca la
scommessa di Sarkozy. Se davvero esiste, come d'altronde i sondaggi
sulle intenzioni di voto lascerebbero presumere, allora la partita è
aperta e il paese transalpino potrebbe essere la novità più
interessante e dirompente dello scenario europeo dei prossimi anni.
La Royal, al contrario, e al di là della novità femminile che
rappresenta, sembrerebbe più affine a un paese che voglia proseguire
sulla strada imboccata nell'ultimo decennio dai governi socialisti o
neo-gollisti, che si sono alternati senza grande distinzione: quasi
una sorta di grossa coalizione (o coabitazione al governo) spalmata
su un lasso di tempo più ampio. Rottura o continuità: questa è la
partita politica che si gioca in Francia, e da essa dipenderà il
risultato del voto. A prescindere dalle gaffes o dagli inciampi dei
singoli candidati.
(c)
Ideazione.com (2006)
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