3. La ricerca di una strada alternativa
Le “sanzioni intelligenti” nascono con il duplice obiettivo di
concentrare i propri effetti sulle entità – Stati, ma anche gruppi o
individui – responsabili delle azioni che si intendono punire e di
limitare i costi umanitari di tali sanzioni. Alla base dello spirito
sul quale si basa questo approccio sta la convinzione che si possa
condizionare il comportamento di uno Stato facendo leva sui
meccanismi che lo muovono, ovvero gli individui o le organizzazioni
interne. La crescente preoccupazione dell’opinione pubblica mondiale
verso gli effetti indesiderati delle sanzioni economiche ha portato
i governi svizzero, tedesco e svedese ad organizzare tre differenti
conferenze internazionali con l’obiettivo di rendere le sanzioni più
intelligenti.[1]
Gli incontri, tenutisi tra il 1998 ed il 2001, ad Interlaken, Bonn,
Berlino e Stoccolma hanno avviato la discussione gettando le basi
per un nuovo approccio delle Nazioni Unite verso le sanzioni
economiche.[2]
In definitiva le sanzioni intelligenti hanno le caratteristiche di
massimizzare i loro effetti sulle persone o i gruppi che con le loro
azioni pongono una minaccia alla pace internazionale e di
minimizzare le conseguenze umanitarie. Ma cosa sono, in pratica, le
sanzioni intelligenti? Complessivamente se ne possono distinguere
quattro diverse categorie: restrizioni finanziarie, restrizioni di
movimento, restrizioni commerciali e embargo alle armi. Le
restrizioni finanziarie più comuni sono la cancellazione degli aiuti
economici elargiti da Stati o organizzazioni internazionali come la
Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e le Nazioni Unite,
la limitazione o l’esclusione dai mercati finanziari internazionali,
la proibizione di investimenti esteri ed il congelamento di fondi o
proprietà detenute all’estero da parte delle persone ritenute
responsabili di minacciare la pace e la stabilità internazionali.[3]
Questo tipo di sanzione è stato utilizzato in maniera efficace
contro la Serbia di Milosevic, ma non ha prodotto ottimi risultati
nel caso iracheno negli anni ’90.[4]
Un’altra tipologia di sanzioni intelligenti sono le restrizioni alla
libertà di movimento e possono assumere due varianti: divieto di
viaggiare all’estero, o divieto di utilizzare specifici mezzi di
trasporto per commerciare con l’estero. Questa pratica è utilizzata
pressoché regolarmente dall’Unione Europea verso i membri del
governo bielorusso, oppure verso gli indipendentisti della
Transnistria nella Repubblica di Moldavia.
[5]
La terza categoria si intreccia con le prime due e con le sanzioni
economiche del passato ma, al contrario di queste, le sanzioni
commerciali intelligenti sono rivolte solo a specifici settori
dell’economia maggiormente legati alle élites responsabili di azioni
ritenute pericolose per la stabilità internazionale. L’ultima
tipologia di sanzioni intelligenti dipende in parte direttamente
dalla terza ed è costituita dagli embarghi alle armi. Negli anni
scorsi, molti sono stati gli embargo alle armi imposti dalle sole
Nazioni Unite: Liberia, Afghanistan, Sierra Leone, ex-Yugoslavia,
Haiti e Libia, solo per citarne alcuni.[6]
Ma ci sono anche altri embarghi “unilaterali,” come quello degli
Stati Uniti all’Iran, oppure quello dell’Unione Europea alla Cina
imposto dopo la repressione violenta di Piazza Tiananmen nel 1989.[7]
Se le sanzioni intelligenti funzionano secondo una logica facilmente
comprensibile, la loro implementazione suscita problematiche molto
complesse. Prima di tutto, è necessario avere una conoscenza
approfondita del bersaglio e dei responsabili che si intende
colpire. Ad esempio, a seguito degli attentati terroristici dell’11
Settembre, ai talebani venne fortemente limitata la libertà di
movimento. Tuttavia, in molti rilevarono che la distinzione tra
talebano e non talebano fosse molto soggettiva: chi è un talebano?
Come si riconosce? Le difficoltà di implementazione appaiono
evidenti. Oltre a questo, identificare con certezza una persona non
significa solo avere nome e cognome, ma anche ruolo, data di nascita
ed altri dati che possano fugare ogni dubbio di omonimia. Ma anche
in questo caso è sempre molto complicato capire quali persone, oltre
ai funzionari ufficiali, siano coinvolte e rendano possibile il
funzionamento di una organizzazione.
Una corretta implementazione delle sanzioni intelligenti, inoltre,
richiede tecnologie estremamente avanzate che nella gran parte dei
casi non sono disponibili. Per di più, per garantire il successo
delle sanzioni intelligenti è necessaria anche una maggiore
collaborazione da parte dei paesi e degli istituti finanziari. Ad
esempio, fino a che punto le banche internazionali, soprattutto
quelle che fanno della segretezza dei clienti il loro punto di
forza, continueranno a garantire l’anonimato dei loro clienti? Chi è
a rischio di restrizioni finanziarie avrà sempre la possibilità di
aggirare tali misure appoggiandosi ad istituti di credito che non
sono disposti a cooperare nell’implementazione delle sanzioni
intelligenti.[8]
Inoltre, le sanzioni economiche hanno visto crescere la loro
popolarità nell’era della globalizzazione. In un mondo sempre più
integrato ed interdipendente gli Stati sono e saranno sempre più
dipendenti dall’estero per il loro benessere e la loro
sopravvivenza. In tale scenario, è chiaro che le sanzioni economiche
sembrano essere uno strumento decisivo per punire quegli Stati che
hanno violato il diritto internazionale o rappresentano una minaccia
alla sicurezza globale. Allo stesso tempo però, un mondo più
interdipendente fornisce anche maggiori strumenti ad ogni singolo
Stato per eludere le sanzioni. Se durante la guerra fredda un paese
in uno dei due blocchi aveva, al massimo, la scelta di “fare affari”
o con uno o con l’altro, in un mondo globalizzato i potenziali
partners sono molti. Ad esempio, un embargo alle armi contro un
paese può avere speranze di successo solo se il bersaglio ha
difficoltà a reperire armi, condizione difficile da raggiungere se
tutti gli Stati non si adeguano al regime sanzionatorio.[9]
Infine, anche le sanzioni intelligenti hanno un costo umanitario.
Certamente, il prezzo da pagare è ridotto rispetto al passato, ma
ciò non significa che tutti i costi siano spariti. Sanzioni
finanziarie o commerciali hanno sempre una ricaduta sulle
popolazioni, soprattutto se i governanti che ne vengono afflitti
hanno la possibilità di deviarne i costi. Anche un semplice embargo
alle armi, che può apparire a tutela dei più deboli, finisce per
privilegiare coloro che le armi le hanno già a discapito di altri
che, magari per difendersi, avevano tutto l’interesse a
procurarsele. Quindi, i costi umanitari ci sono e devono essere
tenuti in considerazione.[9]
Questi sono solo alcuni dei problemi che si incontrano
nell’implementazione delle sanzioni intelligenti. Tuttavia, i
sostenitori di questo strumento ritengono che sia presto per trarre
le somme su uno strumento così recente. Anche se “tutte le sanzioni
dalla fine della guerra fredda sono state [intelligenti],” è solo
dal 1997 che le Nazioni Unite hanno iniziato a ragionare su questo
nuovo strumento. Per questa ragione è importante migliorare le
procedure ed i mezzi in mano alle autorità competenti affinché le
sanzioni intelligenti siano applicate con maggiore efficacia. Detto
questo, le sanzioni del passato non sono comunque più efficaci di
quelle intelligenti, pertanto ogni critica o difficoltà di
implementazione deve essere vista in continuità con i fallimenti del
passato, non indipendentemente da esso.[11]
[1] Dall’inglese smarter.
[2] Peter Wallensteen e Carina Staibano, International sanctions: between words and wars in the global system, London, New York, Cass, 2005, p. 16; Manuel Bessler, Richard Garfield, e Gerard Mc Hugh, Field Guidelines for Assessing the Humanitarian Implications of Sanctions, OCHA e IAC, Ottobre 2004, e Manuel Bessler, Richard Garfield, e Gerard Mc Hugh, Sanctions Assessment Handbook - Assessing the Humanitarian Implications of Sanctions, OCHA, Ottobre 2004. Ad Interlaken si aprì il dibattito sulle sanzioni intelligenti e sulle reali opportunità di applicazione ed opportunità (Vedere il sito dedicato alla Conferenza di Interlaken <http://www.smartsanctions.ch>). Alla conferenza di Bonn-Berlino si discusse della possibilità di elaborare sanzioni che avrebbero colpito individui e/o gruppi all’interno di uno stato, senza colpire la società nella sua interezza (Vedere il sito dedicato alla Conferenza di Bonn-Berlino). Infine, a Stoccolma vennero affrontate tre questioni di grande importanza: primo, vennero avanzate delle proposte per una più efficace implementazione delle sanzioni economiche; secondo, vennero esaminate le sfide ai sistemi giuridici nazionali che provengono dalla globalizzazione; e terzo, furono affrontate le modalità con le quali si sarebbero potute aggirare le restrizioni delle sanzioni intelligenti (Vedere il sito dedicato alla Conferenza di Stoccolma).
[3] In passato, le sanzioni economiche avevano lo scopo di causare sofferenze nelle popolazioni civili per minare il consenso delle elites politiche, ma questo spesso non avveniva. Al contrario, le sanzioni intelligenti mirano a colpire solo i responsabili di tali politiche attraverso, ad esempio, il congelamento dei loro beni privati (beni detenuti all’estero, conti correnti, etc).
[4] Per inciso, dove mentre migliaia di civili subivano le conseguenze dello scarso approvvigionamento di beni, gli averi di Saddam Hussein non erano stati confiscati . Vedere David Cortright e George A. Lopez, Smart Sanctions: Targeting Economic Statecraft, Lanham. Md: Rowman & Littlefield Publishers, 2002.
[6] David Cortright, e George A. Lopez, The Sanctions Decade: Assessing UN Strategies in the 1990s, Boulder, Colo.: Lynne Reiner, 2000.
[7] Michel Brzoska, Smart Sanctions: the Next Steps: the Debate on Arms Embargoes and Travel Sanctions within the 'Bonn-Berlin Process', BICC, Bonn International Center for Conversion, No. 6, Baden-Baden: Nomos Verlagsgesellschaft, 2001, p. 20.
[8] Thomas J. Biersteker, Sue E. Eckert, e Peter Romaniuk, Targeted Financial Sanctions: A Manual for Design and Implementation, Watson Institute, Jan 2001.
[9] David Cortright e George A. Lopez, Smart Sanctions: Targeting Economic Statecraft, Lanham. Md: Rowman & Littlefield Publishers, 2002; e Peter Wallensteen e Carina Staibano, International sanctions: between words and wars in the global system, London, New York, Cass, 2005.
[10] Tostensen, Arne e Beate Bull, “Are Smart Sanctions Feasible?” World Politics 54. Aprile 2002.
[11] David Cortright, e George A. Lopez, Economic Sanctions: Panacea or Peacebuilding in a Post-Cold War World, Boulder, Colo,: Westview Press, 2000 e David Cortright e George A. Lopez, Smart Sanctions: Targeting Economic Statecraft, Lanham. Md: Rowman & Littlefield Publishers, 2002.
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