Quest’anno, a
Berlino, la notizia migliore per celebrare il primo maggio tedesco
non è venuta dalle strade di Kreuzberg, dove si è consumato il
rituale chiassoso e violento degli anarchici, ma dalle stanze
ovattate del ministero del Lavoro. Nel mese di aprile, il numero dei
disoccupati è sceso, per la prima volta dopo cinque anni, sotto la
soglia psicologica dei 4 milioni. La cifra esatta è 3milioni
967mila. Il ministro Franz
Müntefering, che è anche il vice-cancelliere
socialdemocratico della Grosse Koalition, ha scelto proprio il
giorno della festa del lavoro per lanciare l’ennesimo segnale
positivo per l’economia tedesca, ormai in pieno boom, anticipando
così di un giorno le comunicazioni ufficiali tradizionalmente
fornite dall’Agenzia federale per il lavoro di Norimberga. E se i
numeri della produzione o delle esportazioni entusiasmano il mondo
delle imprese, quello degli occupati spande ottimismo in tutta
l’opinione pubblica. Il dato di aprile è molto importante perché
rafforza un trend positivo che dura ormai da due anni: nell’ultimo
mese il recupero è stato di 140mila lavoratori, nell’ultimo anno di
800mila. Nell’aprile 2005 il numero complessivo dei disoccupati
aveva addirittura superato i 5 milioni, sollevando preoccupanti
richiami ad altri oscuri periodi della storia tedesca, in primo
luogo quello della grande depressione dei primi anni Trenta.
Oggi tutto sembra passato. Le dolorose
ristrutturazioni industriali, le riforme pur timide e
tardive del governo Schröder
e la congiuntura internazionale favorevole stanno dando il
loro risultato: la combinazione di questi tre fattori ha
spazzato via i vaticini sulla crisi irreversibile del
“Modell Deutschland”, ridisegnando gli scenari economici
della Germania e rafforzandone di conseguenza anche il ruolo
centrale nella nuova Europa. Tutti gli indicatori vengono
corretti al rialzo: il prodotto interno lordo crescerà del
2,4 per cento sia nel 2007 che nel 2008, i fatturati delle
imprese si gonfiano grazie alle esportazioni, gli
investimenti ripartono, i cantieri edili tornano ad aprirsi
in molte città e ogni giorno milleduecento persone trovano
un nuovo posto di lavoro. A Berlino riprendono a pieno ritmo
i lavori per l’ammodernamento e il risanamento dei vecchi
quartieri orientali, dopo un periodo di stallo seguito alle
immense ristrutturazioni urbanistiche degli anni Novanta. Il
ricasco sul mercato interno è ormai evidente. Accompagnato
dalla liberalizzazione degli orari di apertura, il commercio
vive una nuova primavera e, dopo tanti anni di lamenti e
depressioni, i consumi interni tornano a crescere. Ancora
pochi anni fa la Germania era l’unico grande paese
industrializzato a non conoscere il rito dello shopping del
sabato pomeriggio: anche nelle grandi città le serrande
venivano tirate giù alle 14 di ogni sabato, dando il via a
un lungo e sonnacchioso fine settimana. Oggi l’orario si
dilata, nei grandi centri anche sino alle 20 o alle 22 e le
aperture domenicali non sono più un tabù.
Il ministro Müntefering, tornando sui dati
dell’occupazione, ha sottolineato come la ripresa sia dovuta
anche a una migliore efficienza delle agenzie di
collocamento che sono oggi in grado di collegare meglio il
lavoratore con il mondo dell’impresa. Ora tocca ad Angela
Merkel e al suo governo di compromesso gestire questa fase
di ottimismo che si preannuncia lunga e duratura. Per
rendere solida la ripresa dell’occupazione, due sono le
direttrici su cui il governo intende muoversi. Da un lato,
introdurre nuovi elementi di dinamismo, proseguendo nella
semplificazione dei contratti e nel recupero delle sacche di
parassitismo formatesi nelle pieghe di uno Stato
assistenziale fin troppo generoso. Dall’altro, investire
risorse pubbliche per riportare istruzione e formazione ai
fasti di un tempo. Un percorso obbligato ma non facile per
un governo che in politica interna raggiunge con lentezza
faticosi compromessi.
(c)
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