“I rifiuti
valgono oro” ebbe a dire un pentito della mafia. Aveva ragione da
vendere, perché intorno all’emergenza rifiuti in Campania si è messa
in moto una macchina che da anni macina denaro lasciando i rifiuti
li dove sono. Se è ridicolo continuarla a chiamare emergenza, visto
che sono più di quattordici anni che si cerca di risolvere con
interventi straordinari la situazione, a quella sorgente
inesauribile di denaro hanno attinto non soltanto camorristi e
malavitosi, ma anche uomini politici e gente comune che sotto la
veste di lavoratori socialmente utili si sono visti elargire denaro
per occuparsi della raccolta differenziata direttamente dai consorzi
di bacino. Data la natura stessa del lavoratore socialmente utile, a
ciò non è seguito un impegno lavorativo adeguato. Il ritratto a
tinte fosche viene fuori direttamente dalla sala del Cenacolo della
camera dei deputati di Roma, dove l’Isat (Istituto per le scelte
ambientali e tecnologiche), rappresentato dal suo presidente Mario
Signorino con l’aiuto di Daniele Capezzone dei Radicali e altri
rappresentanti del mondo politico e giornalistico, lo scorso 16
maggio ha cercato di fare un quadro attendibile della situazione.
E infatti, come ha concluso, a fine lavori, lo stesso Capezzone, quello che è veramente grave è che di alcuni aspetti mancano ancora i dati. L’Isat ha ricostruito, per quanto le è stato possibile cifre da capogiro. Si parla di 3 milioni di tonnellate di rifiuti da smaltire e che ancora non si sa dove andranno a finire. Un milione e seicentomila tonnellate di rifiuti sono stati smaltiti fuori regione dal 2001 al 2005, di cui circa seicentomila in Germania con una spesa totale per trasporto e smaltimento di 80 milioni di euro. Il che vuol dire che tutto il denaro servito per mettere in moto la macchina emergenza rifiuti non è servito allo scopo. Ma qual è il costo complessivo di un commissariamento che dura dal 1994? I dati sono incerti ma Mario Signorino una cifra l’ha detta. L’Isat ha stimato a 1100 milioni di euro la cifra complessiva, con un rilevante debito sommerso dovuto al futuro smaltimento delle “ecoballe”, ovvero pacchi di rifiuti preparati ecocompatibilmnete e pronti per essere smaltiti. Ma a proposito di “ecoballe”, tutti i partecipanti ai lavori erano più o meno concordi nel dire che quella più clamorosa l’ha detta Pecoraro Scanio, quando insediandosi al ministero dell’Ambiente promise di ridurre a zero i rifiuti. Quale era nella sua testa la formula magica allora, nessuno lo sa visto che tutti, bene o male, si sono messi le mani nei capelli nel cercare di individuare alcune soluzioni.
D’altra parte il problema va risolto immediatamente: siamo quasi ai “moti di piazza”. Ultimamente nelle news di radio giornali e televisioni si vedono cassonetti dell’immondizia incendiati da gruppi di persone esasperate da una presa in giro durata decenni. Questa non è certo una soluzione. Dalle fiamme si sprigionano sostanze tossiche che inquinano ancora di più l’ambiente. Ma a fronte di un’ennesima maleodorante calda estate si preferisce il fai-da-te. E pensare che se qualcuno si fosse preso la briga di ascoltare degli ambientalisti evoluti, nuovi inceneritori potrebbero essere già in funzione. La denuncia è di Rosa Filippini, degli Amici della Terra, che ha parlato di un vero e proprio fallimento in quanto il tabù degli inceneritori nemici dell’ambiente non è stato cancellato. Sin dal lontano 1995, ogni volta che provavano a far passare il messaggio venivano sistematicamente boicottati da stampa e televisione. Scherziamo, degli ambientalisti amici degli inceneritori? E così, se tutto va bene, soltanto fra 14 anni avremo degli inceneritori, aveva detto in apertura Signorino. Ma visto che su di essi non si può contare e visto che la raccolta differenziata è un mezzo ma non un fine quale può essere la soluzione a questo rompicapo?
Il governo ha emanato l’11 maggio scorso un decreto legislativo che si propone di chiudere la vicenda entro la fine dell’anno. L’asso nella manica è Guido Bertolaso, il capo della Protezione Civile, anche se non possono ricadere soltanto su di lui responsabilità decennali. Non è certo un super-eroe e di questo, si spera, tutti dovranno tener conto. In ogni modo tra le soluzioni c’è la provincializzazione delle discariche. Ai presidenti delle province è stato assegnato il compito di sub-commissari, e sono già stati individuati cinque siti, uno dei quali è Terzigno, a Napoli nel cuore del Parco nazionale del Vesuvio. Roberto Barbieri, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti non a caso ha parlato del decreto come di una “chemioterapia”: a mali estremi, estremi rimedi. Anni di abuso delle discariche esistenti, la cui gestione scellerata ha portato alle denunce da parte dell’Iss e dell’Oms richiedono il pugno di ferro. Ora ogni provincia si assuma le sue responsabilità, e ognuno lavi i panni sporchi a casa propria. Guai a pensare di nuovo di esportare i propri rifiuti in Romania, oppure in Germania. Ma fra le altre soluzioni suggerite nell’ambito della riunione di mercoledì scorso, si è parlato anche di un meccanismo di compensazione per coloro che si troveranno ad abitare aree limitrofe alla discarica. Una possibilità questa, ha concluso Capezzone, che renderebbe giustizia a tanti cittadini. Non rimane altro che sperare che al più presto si passi all’azione, perché un paese coperto di immondizia non è degno di dirsi civile.
(c)
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