L’Italia che
cambia ha bisogno di una sinistra nuova, moderna e europea. E,
soprattutto, di una sinistra che non debba essere necessariamente
condannata alle alleanze tradizionali con la sua ala massimalista,
ma che possa, se lo ritiene opportuno, anche allearsi con un partito
altrettanto moderato del centrodestra, senza che si gridi allo
scandalo e all’inciucio. Questa, in estrema sintesi, la tesi
proposta da Antonio Polito durante la presentazione del suo ultimo
libro, “Oltre il socialismo” (edito da Marsilio e Formiche),
organizzata nella sede dei Circoli del buon governo di Marcello
Dell’Utri e introdotta da Stefano Caliciuri, responsabile del
settimanale “il Circolo”. Sicuramente l’ex direttore del Riformista
e neo senatore della Margherita non ha fra i suoi difetti quello
della reticenza, perché, approfittando di una platea più che
compiacente, non ha esitato a dichiarare obsoleti due dei tre grandi
ideali usciti dalla rivoluzione francese: l’egualitarismo e la
fratellanza.
L’egualitarismo, ha argomentato Polito, non può costituire
la base per una politica di governo, perché raggiunge un
punto limite oltre il quale degenera, creando
disuguaglianza. L’Italia di oggi è piena di esempi, dai
blocchi salariali nel pubblico impiego, alle università che
danno tutte un titolo di studi con lo stesso valore, pur non
essendo tutte ugualmente impegnative e prestigiose. Tutti
elementi che ostacolano il dinamismo della nostra società,
frustrando il talento e gli sforzi, non premiando il merito
e, di fatto, livellando la società verso il basso. Gli
uomini, ha continuato Polito, non nascono di certo tutti
uguali. Nascono semmai con il diritto di perseguire il
proprio talento in condizioni di parità e quindi il tema
dell’uguaglianza si va a giocare in gran parte sul piano
dell’istruzione, un piano dove contano, semmai, le
disuguaglianze di reddito più che quelle di nascita. Ma
nella gara della vita, secondo il senatore, ci sarà sempre
chi arriverà primo, chi secondo e chi terzo. E per fortuna,
aggiunge, perché la voglia di arrivare, di migliorarsi degli
individui è l’elemento fondante del dinamismo di una
società, che è dinamica, solo se è formata da individui
dinamici. Una cosa che risultava quasi banale alla platea
dei Circoli, ma che fa tutt’un altro effetto se si pensa che
a pronunciarla è qualcuno che proviene da un ambiente in cui
“individualismo” è ancora una parolaccia. E infatti Polito
sorride e aggiunge: “Certo, questo è un punto che mi porta
un po’ al di fuori della tradizione della sinistra”.
Rimane, dunque, l’ideale della libertà che, come
sottolineato da Caliciuri nella sua introduzione, è la
parola più ricorrente nel libro di Polito. Ed è intorno a
questo ideale che bisogna costruire la nuova identità del
centrosinistra, ricalcando un’operazione che molte sinistre
europee hanno già compiuto, come il New Labour in Gran
Bretagna o i socialdemocratici in Germania. E come, in
parte, è stato già fatto dal centrodestra nel ’94 anche se,
ha aggiunto Polito, oggi forse c’è bisogno di un ulteriore
scarto, traendo ispirazione ancora una volta dai nuovi
leader europei: da Nicolas Sarkozy che in Francia si
distacca fortemente dalla tradizione gollista, o David
Cameron che sta rinnovando radicalmente immagine e contenuti
dei conservatori britannici. I partiti nuovi, secondo
Polito, nascono quando cambiano le fasi storico-politiche
delle società ed è per questo che ora ha senso la nascita
del Partito democratico, per avere finalmente due grandi
raggruppamenti che si fondino sul principio della libertà. E
a questo punto il senatore Dell’Utri, presente in sala, non
ha resistito alla tentazione di prendere il microfono e
prospettare un futuro in cui si possa verificare un’alleanza
fra il Partito democratico e Forza Italia. Provocazione
raccolta di buon grado da Polito, ben conscio però di quanto
sarebbe difficile fare accettare un passo del genere alle
rispettive basi. Ma, ha chiosato Antonio Polito, “in
politica bisogna avere il coraggio di rischiare” perché è
chi rischia e riesce a interpretare le società che cambiano
che vince le elezioni. E allora coraggio.
(c)
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