La netta
vittoria dell’Ump al primo turno delle elezioni legislative francesi
lascia prevedere che Sarkozy avrà quella “maggioranza per agire” che
lui e il suo fidato primo ministro Fillon avevano chiesto ai
francesi all’indomani della conquista dell’Eliseo. A quel punto,
sparito dalla scena il fantomatico polo centrista di Bayrou e
fortemente messa in discussione la leadership socialista
Royal-Hollande, Sarkozy non avrà più alibi nel realizzare la
promessa di una “rupture” rispetto alla politica francese degli
ultimi anni. È interessante chiedersi se e come tale rinnovamento
investirà anche il campo della politica estera.
Il primo incontro di Sarkozy con un altro capo di governo è
stato con Angela Merkel, a ribadire simbolicamente il
proclamato impegno prioritario di sbloccare la riforma delle
istituzioni dell’Ue. Il prossimo Consiglio Europeo
costituirà il banco di prova per le ambizioni francesi, e
per le speranze di uscire dall’impasse in cui versa l’Unione
dal referendum del 2005. Sul versante transatlantico il
neo-presidente ha dichiarato a caldo, la notte della
conquista dell’Eliseo, che gli Stati Uniti “potranno contare
sull’amicizia” della Francia, ma nello stesso discorso
Sarkozy ha ribadito che il suo concetto di amicizia
comprende anche il diritto di dissentire. D’altronde negli
anni scorsi ha duramente criticato la guerra in Iraq
definendola “uno storico errore”, anche se allo stesso tempo
ha voluto evitare che i disaccordi con Washington dessero
luogo a scontri sul piano personale ed eccessi di arroganza,
difetto di cui ha peccato, secondo il neopresidente, la
politica francese all’Onu nel 2003 sulla questione irachena.
Secondo un editoriale di Le Monde “pur mettendo da parte
l'ostilità e l'esasperazione verso gli Usa che hanno marcato
negli ultimi anni le reazioni di Chirac, (…) con
l’amministrazione Bush verranno alla luce gli stessi
disaccordi: il protocollo di Kyoto, il ruolo futuro della
Nato, la modalità della presenza militare occidentale in
Afghanistan, temi sui quali l’approccio di Sarkozy è in
continuità con la politica estera di Chirac”.
È vero che Sarkozy ha adottato un approccio molto “americano” alla politica, almeno rispetto ai canoni francesi, sia nello stile che nei contenuti. Ma non bisogna dimenticare che il suo filo-americanismo si è espresso prevalentemente su questioni socio-economiche, a partire da riduzione delle tasse e flessibilità del mercato del lavoro, e non è automatico che ciò condurrà anche ad una politica estera maggiormente atlantista. Specie considerando che Sarkozy avrà bisogno di tutto il sostegno possibile da parte dell’opinione pubblica francese per far digerire a sindacati e corporazioni il suo pacchetto di riforme liberiste, e difficilmente vorrà minarlo tendendo la mano ad un presidente impopolare in Francia come Bush. Insomma, come ha subito notato un commento dell’International Herald Tribune, “se qualcuno a Washington pensa che il nuovo presidente sarà la versione francese di Tony Blair sarà presto deluso”. Bisogna però attendersi comunque delle novità nella politica estera francese. Un primo cambio di rotta, dal grande valore simbolico, si annuncia sulla questione mediorientale: Sarkozy non ha avuto paura di affermare, nel bel mezzo della campagna presidenziale e di fronte ad un’opinione pubblica filo-araba come quella francese, il suo deciso sostegno alla “sicurezza di Israele”. Ciò non vuol dire necessariamente la fine della tradizionale politica araba della Francia, ma costituisce un indizio che, unito alla mancanza di quei legami personali che Chirac coltivava con le leadership musulmane, fa pensare ad un cambio di rotta in questo campo già ravvisabile nella maggiore fermezza della linea francese nei confronti dell’Iran.
Tale cambio di rotta rientra in un approccio complessivo del nuovo presidente
alle relazioni internazionali definibile quasi come “idealista”: il proclamato rifiuto di ogni compromesso con le dittature, comprese quelle “amiche” della Francia, l’accento posto sulla difesa dei diritti umani come caposaldo della politica estera, la presa di distanza da Putin, sono elementi che lasciano pensare ad un cambiamento netto rispetto al solco tracciato dai precedenti presidenti della Quinta Repubblica. In questo senso le impressioni di alcuni esperti francesi di politica estera raccolte da Le Figaro all’indomani della vittoria alle presidenziali, rilevano una certa “impronta ideologica in Sarkozy che potrebbe preludere a cambiamenti sostanziali, tanto che, nell'equilibrio tra stabilità e realismo da un lato e democratizzazione e idealismo dall’altro, il pendolo della politica francese si potrebbe spostare verso il secondo polo”. La nomina come ministro degli Esteri di un socialista quale Kouchner, fortemente impegnato sul tema della difesa dei diritti umani del mondo e da sempre tra gli esponenti più atlantisti del Ps, è un ulteriore indizio in questa direzione.
Occorre naturalmente considerare diversi fattori che
spingono per la continuità ed il realismo nella politica
estera. In primis i rapporti di forza internazionali, che ad
esempio sul fronte energetico lasciano ben poco spazio di
manovra con la Russia. Poi la tradizionale forma mentis
del Quay d’Orsay, con la quale in ogni caso l’Eliseo
dovrà fare i conti. In terzo luogo a Sarkozy conviene di
certo aspettare il prossimo presidente americano per
reimpostare una nuova relazione transatlantica. Infine non
va dimenticata la formazione culturale gollista e
nazionalista del neopresidente, che costituisce naturaliter
un freno a qualsiasi forma di “americanizzazione” della
posizione francese. Sull’altro piatto della bilancia pesa
però il carattere forte e innovatore di Sarkozy, che ha
finora dimostrato di saper rompere alcuni cliché politici,
culturali e psicologici che hanno portato negli ultimi anni
la Francia a ripiegarsi su se stessa. Inoltre il favore con
cui Berlino, Londra, Bruxelles e Washington hanno accolto il
nuovo presidente fanno sperare che sui principali temi sul
tappeto, dalla Costituzione europea all’Iran e alla Russia,
la Francia tornerà a giocare un ruolo costruttivo e più in
sintonia con entrambe le sponde dell’Atlantico.
(c)
Ideazione.com (2006)
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