“Il paradiso
in cielo, lo Zhejiang sulla terra”. Se il regno dei cieli esiste,
raccontano gli antichi cinesi, deve essere molto simile allo
Zhejiang, una terra di ineguagliabile bellezza, un giardino
lussureggiante ricco di fiumi e selvaggina. E in effetti il
viaggiatore che arriva in questa provincia cinese d’Oriente nutrendo
“celestiali” aspettative non rimane deluso. Le montagne fitte di
vegetazione e i laghi naturali, come il West Lake nei pressi della
capitale Hang Zhou, immersi nella foschia che accompagna l’umido
clima subtropicale, disegnano paesaggi dal grande potere evocativo.
Ma la bellezza della natura, peraltro oramai compromessa dal pesante
inquinamento figlio della crescita industriale, non è tra i motivi
che spingono ogni anno milioni di stranieri a visitare lo Zhejiang.
A portare quaggiù un numero crescente di persone è solo ed
esclusivamente il potenziale economico di questa provincia, che è la
più piccola ma anche la più ricca della Cina e vanta una crescita
del Pil del 13 all’anno. Con i suoi 50 milioni di abitanti, gli
studi cinematografici più grandi dell’Asia, le scuole d’eccellenza e
le campagne fertili, lo Zhejiang è la punta di diamante del miracolo
economico cinese. Un miracolo che viene realizzato in primo luogo
dalle industrie, in gran parte private, che qui producono,
letteralmente, di tutto. “Dall’ago all’elefante”, lo slogan dei
magazzini londinesi Harrods, meglio si addice a quest’angolo di
mondo, che un paradiso in fondo lo è rimasto, ma fiscale, e
riservato a chi gestisce attività di import-export.
Agli
operai indaffarati alle catene di montaggio per dodici ore
al giorno, sette giorni su sette alla settimana, per uno
stipendio mensile che si aggira intorno ai 120 euro, più che
l'Eden lo Zhejiang deve sembrare un campo di concentramento.
Un luogo di fatica e, nei fatti, di reclusione, visto che i
contadini che si trasferiscono in città per lavorare (e sono
molti) a causa dei costi proibitivi degli affitti sono
costretti a vivere nelle camerate comuni situate all’interno
degli stabilimenti. Una scelta obbligata che comporta, tra
l’altro, la rinuncia a qualsiasi tipo di vita privata. Ma
l'abbondanza di manodopera a basso costo è solo uno dei
fattori che spingono gli investitori nello Zhejiang. La
provincia fa grossi sforzi per attrarre capitali dall’estero
e concede mille agevolazioni a chi sceglie di impiantare qui
la propria impresa. Le tasse sono basse, per un’attività di
esportazione, ad esempio, la tassazione sul profitto è circa
dell'11 per cento l’anno, le infrastrutture sono moderne ed
efficienti, e i ritmi serrati di lavoro permettono di
evadere gli ordini con una velocità impensabile in Europa.
La provincia dispone anche di una città-vetrina, Yiwu, dove
grandi magazzini espongono la produzione locale.
Passeggiando per un corridoio qualsiasi di questo “shopping
paradise” capita di vedere sfilare uno dopo l'altro negozi
di finto corallo, ricostruzioni della Venere di Milo, babbi
natale grandi quanto un uomo che suonano “Jingle Bells” al
saxofono dimenandosi (a Yiwu viene prodotto l’80 per cento
delle decorazioni natalizie del mondo), finti diamanti,
bigiotteria, Buddha e Confucio di varie misure e in tutti i
colori, ancora bigiotteria, vestiti e accessori, finte
statuette africane, giocattoli.
Una
quantità di oggetti di pura plastica dura che verrebbe da
definire ciarpame se il giro d’affari che genera non
contribuisse a trainare l’economia della Cina e quindi
dell’intero pianeta. Oggetti che hanno, se non altro, il
pregio di soddisfare “on demand” qualunque requisito, dalla
certificazione di sicurezza Ce, necessaria per la vendita in
Europa, al prezzo competitivo per i mercati dell’Africa. .Ma
la produzione della provincia non si esaurisce qui. Dello
Zhejiang vanno ricordati anche gli stabilimenti chimici, che
scatenano le ire dei contadini e delle organizzazioni
ambientalistiche come “Green Watch” che lamentano la
contaminazione dei fiumi e dei terreni, e l'industria
pesante. Vicino ad Hang Zhou si trova la sede del “Wangxiang
Group”, una multinazionale cinese che produce parti d'auto e
vanta tra i propri clienti Audi, General Motors e Ford.
Un'industria modello che il presidente, Lu Guanqiu, ha fatto
sorgere dal nulla. La storia di Lu, un povero contadino che
cerca di migliorare la propria posizione sociale prima
aprendo un negozio di biciclette, poi mettendo in piedi
un'officina per riparare i macchinari agricoli, e così via
fino a diventare uno degli uomini più ricchi della Cina, non
ha niente da invidiare all'“American dream”. Ed è proprio
con Lu che la prossima settimana parleremo del sogno
americano “made in China”.
(c)
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