Ingloriosa fine, quella di Rai Doc. Quando nasce, su satellite e
digitale terrestre, si propone generosamente come un canale
“interamente dedicato ai linguaggi artistici e alle loro
contaminazioni”, destinato “esclusivamente all’intrattenimento
culturale” (a prova di ossimoro). Apparentemente, un sogno diventato
realtà, almeno per i sostenitori della missione educativa della
televisione di Stato e per i (pochi) appassionati di arte in
televisione. Di fatto, i risultati non devono essere stati così
soddisfacenti, se ad appena un anno dall’esordio sembra opportuna
una correzione di rotta. La rete comincia così a ospitare
trasmissioni “Per noi giovani” (titolo che sembra uscito da un
programma radiofonico degli anni Cinquanta), fa spazio a un
palinsesto sperimentale denominato “Futura TV”, finché dal 30 maggio
2005 assume il nome di “Rai Futura” (il
sito sull’Internet Archive), convertendosi totalmente al
pubblico giovanile.
I toni
sono, se possibile, ancora più trionfalistici: la nuova
emittente viene presentata come l’ombelico dell’intera
azienda, un luogo di circolazione di nuove idee, dal quale
dovrebbe addirittura partire la riscossa del prodotto
televisivo nazionale contro i format stranieri. Il canale
tratta argomenti che spaziano dalla poesia alla musica, dai
fumetti al cinema, dalla politica alla TV, con l’obiettivo
di muoversi tra cultura “alta” e sperimentazione (ma con
l’effettivo risultato di scontentare sia i fautori della
prima, che avrebbero preferito la vecchia Rai Doc, che della
seconda, i quali ritengono opinabile la scelta dei progetti
per le sei ore di trasmissione). Finisce un po’ più di un
anno dopo, con una decisione del CdA del dicembre 2006 che
decreta lo spegnimento del canale (prima sembra solo sul
digitale terrestre, in realtà anche su satellite) per fare
posto a una nuova rete Rai. È così che, dal primo giugno
2007, parte Rai Gulp (un po’ in sordina: a tutt’oggi il
portale ufficiale Rai la ignora). Frutto dell’esperienza di
Rai Sat Ragazzi, la rete
intende fare dell’interattività il suo punto di forza nel
rapporto con l’audience, composta da bambini e
preadolescenti; quasi una risposta alla berlusconiana “Boing”,
primo canale gratuito in Europa sul digitale terrestre
dedicato all’infanzia grazie alla joint venture tra Rti e
Turner. Di fatto, però, la parte del leone nella
programmazione di Rai Gulp la giocano i cartoni animati,
prescindendo dalle applicazioni interattive del digitale
terrestre, mentre la parte web è ancora in preparazione.
Piccoli
segnali fanno temere che la nuova rete precipiti negli
stessi errori che avevano già nuociuto ai due canali
predecessori, primo tra tutti il didascalismo: negli spot
autopromozionali tra un programma e l’altro si propone come
un’alternativa al mondo tecno-orientato dei piccoli
spettatori, ma l’invito a spegnere i telefonini, a mettere
in pausa la partita sulla Playstation e ad abbassare il
volume dell’Mp3 - che vorrebbe dare un segno di
consapevolezza del contesto - finisce per riecheggiare i
toni dissuasivi della cara vecchia tata. Ancora, il filo
conduttore rispetto alle esperienze precedenti resta
l’insistenza sulla produzione italiana (che così sbandierata
sembra quasi la versione catodica della battaglia
sull’italianità in corso su ben altri versanti nel nostro
paese); ma quando la programmazione è divertente, colorata e
attraente senza essere esagitata o violenta, in una parola
di qualità, importa davvero sei chi produce i contenuti si
chiama Rai o Turner?
(c)
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