Internet killed the Tv star?
di Tiziana Lanza
[10 ott 07]
Era una canzone molto
popolare alla fine degli anni Settanta quella cantata da un gruppo
britannico, i Buggles, che con tono nostalgico rievocava i tempi
della radio, lamentando che la televisione aveva ucciso le sue star con un
ritornello che di tanto in tanto ancora ci torna in mente “Video killed the
radio star”. Non a caso, questo gruppo musicale era fra i primi a comporre
videoclip e il loro video fu il primo a essere trasmesso su Mtv.
Anche la televisione ha realizzato inimmaginabili sogni, come quello di
portarci tutti quanti sulla Luna. Ma quella scatola magica piano piano si è
affermata come unico e incontrastato media, diventando con il passare del
tempo anche un bel po’ invadente. Qualcuno può non leggere il giornale,
magari qualcun altro non ascolta tutti i giorni la radio. Ma è innegabile:
siamo ancora in molti a guardare la televisione, fosse soltanto per il
quotidiano appuntamento con i Tg. Ma sarà così ancora per molto?
A sentire gli esperti che hanno partecipato al convegno “Video on the net”
che si è svolto a Roma il 26 e 27 settembre scorso, la rete sta ormai da
tempo insidiando il potere incontrastato della televisione. Una botta oggi,
una botta domani anche la regina incontrastata delle case di tutto il mondo
dovrà cedere lo scettro ed andare in pensione. E allora come si stanno
organizzando i guru delle televisioni? E chi sono invece le nuove star? E’
innegabile che ormai la televisione generalista stia perdendo colpi e allora
seguendo le tendenze di mercato la strategia vincente sembra essere quella
dei canali tematici che si basano soprattutto sul pagamento di un canone che
dunque assicura l’utenza. Per questo dovranno essere sempre più numerosi e
di qualità. Anche il mondo della pubblicità dovrà adeguarsi. Lo ha sostenuto
con forza Davide Boggi, leader del digitale terrestre di Mediaset. Le sue
prospettive sono state ampiamente condivise da Marcello Berengo Gardin di
Sky Italia. In quanto alla interattività, entrambi si sono mostrati
disinteressati perché l’utente della televisione è contento di essere
passivo. A differenza del computer, la televisione continua a trovarsi a
diversi metri di distanza e a essere lo schermo davanti al quale vogliamo
rilassarci.
Non è stato però dello stesso avviso Marco Nuzzo presente al convegno per
rappresentare Rai Net. La televisione pubblica, ha sostenuto, ha una valenza
prevalentemente sociale e deve potere continuare a parlare con tutti. Per
questo la Rai si è sforzata di rendere la televisione, laddove possibile,
interattiva, proponendo da tempo Rai Click e proseguendo poi in questa
direzione. Ma allora, seguendo le nuove tendenze, cosa sta accadendo in
rete? Accogliendo l’entusiasmo di tanti giovani che hanno portato la
televisione in rete, la sfida è quella di offrire a tutti la possibilità di
fare la propria televisione. Sono in parte italiane le tendenze innovative
che hanno permesso a giovani promesse come Bruno Pellegrini, il fondatore di
TheBlogTV, di portare il blog in televisione (naturalmente quella digitale)
coniando il nuovo termine “vlog”. Ed è tutto italiano il video blog del
National Geographic dedicato ai viaggi-avventure degli stessi turisti
(Nat Geo Adventure) presentato da Dario D’Aprile della Fox International
Channel. Mentre con la rete la Tv è atterrata, assicura Andrea Tucci di
Ambiente.tv. A stupire sono stati anche un gruppo di giovanissimi guidati da
Andrea De Benedetti che hanno creato a Roma lo “You Tube dell’amore”. Con
soli 250 euro è nato il sito lucchettiamo.it dove gli innamorati possono
scambiarsi video con dichiarazioni d’amore.
Di notevole interesse sono state le parole di un teorico della comunicazione
in rete, Derrick De Kerckhove, direttore del McLuhan Program. Viviamo
con cinque schermi, ha asserito: la TV, il computer, il videogioco, internet
e il cellulare. Ma di questi, internet che è nato in ambito scientifico, è
passato prepotentemente dal mondo della ricerca al sociale. E così in rete
si parla soprattutto di “social networking” (cioè rete sociale), di “user
generated content” (ovvero del contenuto generato dagli utenti) che a sua
volta diventa una merce di scambio. La rete è allora una sorta di memoria
collettiva permanente ed è innegabile che questo per la pubblicità
tradizionale, che punta sul cambiamento, è un ostacolo. Dunque anche il
mondo della pubblicità dovrà adeguarsi. C’è dunque un cambiamento in atto e
i motivi sono stati snocciolati ad uno ad uno da Tommaso Tessarolo,
fondatore di N3TV. Se possiamo asserire che attualmente il pubblico della
rete copre una fascia che arriva soprattutto fino ai 34 anni, che bene o
male si divide tra la rete e la televisione, così non si può dire dei
giovanissimi, ovvero il pubblico dei bambini fino ai quindici anni che, come
le statistiche ci dicono, soprattutto quelle fatte in Inghilterra, non
guardano più la televisione. Il loro mondo è fatto di cellulari e di
comunicazione in rete. Non a caso per loro è stato coniato il termine di
“tag generation”. Questo perché in rete la gente può vedere quello vuole,
come e quando gli pare, diventando anche protagonista. Insomma la rete ha
decretato la fine del palinsesto televisivo.
Non soltanto: i costi in rete sono molto contenuti e la tecnologia avanza
così velocemente che con pochi soldi si può fare una televisione. Provare
per credere. Tessarolo al convegno si è portato dietro il suo portatile e un
modem costato circa 19 euro, di una compagnia telefonica che mette a
disposizione 5 giga di traffico a settimana. In pochi attimi ecco comparire
sullo schermo della conferenza il sito di Net3TV e Tessarolo su quello
stesso schermo a disposizione della “web-community”. E allora chi sono le
nuove star? Potenzialmente tutti gli utenti della rete. Ma attenzione però,
perché il rovescio della medaglia esiste anche in questo caso. In rete si
trova di tutto e allora addio contenuti, almeno quelli di qualità. Il monito
viene da un blogger che è riuscito a emergere in mezzo a tanti: bisogna
portare contenuti validi ha detto Diego Bianchi di Excite.it, che da anni
scrive sul suo blog “Tolleranza Zoro”.
Nessuno può negare che la rete ci ha resi tutti quanti felici di partecipare
all’informazione, di poterci raccontare, di potere contribuire a cambiare il
mondo, si spera in meglio (come negare il grande occhio vigile sulle
dittature di alcuni paesi, e basta ricordare quello che sta succedendo
proprio questi giorni in Birmania). Ma si potrebbe aggiungere in questa sede
che la rete potrebbe darci soltanto l’illusione di essere divenuti i
protagonisti di un grande villaggio globale, che per certi versi incoraggia
l’individualismo. Bisognerebbe forse cominciare a pensare a una educazione
dello stare in rete che non comporti tante rinunce come quella di
socializzare come si faceva tradizionalmente in passato. Un tempo, non molto
lontano, ci si metteva davanti alla televisione insieme ai propri compagni
di classe a ridere e scherzare durante un programma o davanti a un film. Ora
ognuno si guarda il film che vuole nel suo portatile o addirittura sul
telefonino. I bambini un tempo giocavano a nascondino, oggi invece li vedi
girare con il “game-boy” con lo sguardo fisso sempre nella stessa direzione.
Forse in un futuro non troppo lontano non ci guarderemo più negli occhi?
Chissà, e questo nonostante il “social networking”.
(c)
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