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		Bill Clinton sul viale del tramontodi Franco Oliva
 [22 maggio 05]
 
		“Da quando non sono più presidente, ho il vantaggio di poter viaggiare 
		con più frequenza e dire quello che mi pare e piace. Il problema è che 
		ora nessuno mi ascolta”. Bill Clinton, dalla Svizzera, dove si trovava 
		per dare una conferenza, ha sfogato la sua frustrazione di ex “uomo più 
		potente del mondo”.
 E’ sicuramente più fortunato di tanti suoi colleghi pensionati. Per lui 
		non c’è la classica panchina al parco da dove scrutare l’erba che 
		cresce, ma un aereo che lo porta in giro per il mondo a spargere i 
		tesori della sua scienza ed esperienza. Tesori intellettuali, 
		naturalmente, perché quelli materiali lui li custodice con cura e 
		continua ad accumularli con grande impegno e dedizione. Gli hanno fatto 
		i conti in tasca: l’ex presidente ha pronunciato 59 conferenze in giro 
		per il mondo, con un incasso di 9,2 milioni di euro. Non male, anche 
		perché vanno sommati gli altri milioni intascati per la sua 
		autobiografia. Non male, anche se si cominciano ad avvertire i segnali 
		di una certa stanchezza ai botteghini, quegli stessi segnali che sono 
		l’incubo dalle star dello spettacolo, che ne temono l’effetto valanga e 
		distruttore di carriere che sembravo eterne ed inattaccabili.
 
 Un giovane e intraprendete albergatore di Berna, Olivier Stoldt, di 36 
		anni, voleva fare il colpaccio sperando di vendere i 1.000 posti 
		disponibli a un prezzo di 853.000 euro cadauno. Ma gli è andata male e 
		alla fine ha dovuto svendere i biglietti, senza peraltro riuscire a 
		riempire la sala della conferenza. Il tema, per la verità, non era 
		eccitante: “Comprendere la nostra umanità comune: sicurezza e prosperità 
		nel secolo XXI”. Forse, se avesse parlato delle sue performances con 
		Monica Lewinski avrebbe avuto più successo e avrebbe sicuramente 
		divertito di più i suoi ascoltatori, che si sono invece dovuti 
		accontentare di raccogliere il livore di Clinton contro il suo 
		successore, George W. Bush. Peraltro con frasi lapidarie quanto banali 
		del tipo: “Il maggior pericolo del pianeta non è il terrorismo ma il 
		riscaldamento della Terra”.
 
 Ma bisogna capirlo. Al suo successore non può perdonare prima di aver 
		offuscato e poi, con la sua seconda elezione, di aver fatto tramontare 
		definitivamente quella che i suoi tifosi avevano cercato di definire 
		“era clintoniana”. E per difendere quella fragile icona era stato quasi 
		costretto, agli sgoccioli delle presidenziali 2004, a scendere in campo, 
		insieme alla moglie Hillary, per sostenere il candidato democratico John 
		F. Kerry: un appoggio ritenuto “decisivo” dai guru del giornalismo 
		liberal americano. Un gesto degno della fortunata coppia con la faccia 
		di tolla più sperimentata del mondo, esibendo la quale ha saputo e 
		potuto superare crisi - dagli scandali sessuali a quelli finanziari - 
		che avrebbero affondato qualsiasi politico in qualsiasi parte del mondo. 
		In effetti, la senatrice ex-first lady non riusciva proprio a nascondere 
		la sua speranza di un flop di Kerry per avere la strada spianata a 
		candidarsi lei stessa alle presidenziali del 2008. Il “gufaggio”, 
		evidentemente, sommandosi a ragioni meno esoteriche, ha funzionato. E 
		forse ha meritato la gratitudine dello stesso Bush che negli ultimi mesi 
		ha recuperato Bill in due occasioni di grandissima visibilità: nel 
		sud-est asiatico, per il coordinamento degli aiuti post-tsunami, e a 
		Roma, per partecipare alle esequie di Giovanni Paolo II.
 
 Ma il povero Clinton è alla ricerca di un ruolo stabile, certificato, di 
		prestigio. Forse sperava in qualcosa di più, ricordandosi di quando era 
		venerato, considerato un leader siderale e un modello imperituro per i 
		progressisti, i liberal, della sinistra europea e in particolare di 
		quella italiana, per intenderci quelli alla Walter Veltroni sempre in 
		cerca di padrini e padroni, che purtroppo per loro o tradiscono oppure 
		si sciolgono al primo sole dell’avvenire (ricordiamo i più recenti: 
		oltre Clinton, ci sono Blair, Schroeder, Jospin, Zapatero…). Ora, forse, 
		al povero Bill non resta che sperare di poter diventare il primo “First 
		gentleman” della storia americana. Allora sì che avrà un ruolo, anche se 
		per svolgerlo appieno dovrà risolvere il problema di revisione 
		statutaria delle benemerite associazioni benefiche femminili 
		tradizionalmente presiedute dalla moglie del presidente. E dovranno 
		cambiare anche i parametri di assegnazione degli “stage” che danno 
		accesso alla Stanza Ovale: questa volta, solo di genere maschile.
 
		
		22 maggio 2005 
          
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