McCarthy, un eroe americano
di Paolo Guzzanti
da
Il Giornale, 7 settembre 2005
Fu o no
Joseph McCarthy un paranoico anticomunista e un persecutore di innocenti
artisti? La risposta degli storici è no, mentre quella dei cineasti che
possiedono la comunicazione di massa e la usano come arma di distruzione
della storia, è ovviamente opposta. La appassionante vicenda del
senatore McCarthy è una di quelle in cui il conformismo parassitario di
sinistra, che abbiamo imparato a chiamare «politically correct», prevale
sulla realtà. In definitiva cinema e televisione comandano e sono loro
che incidono il solco della memoria, falsa, nella mente del pubblico:
Oliver Stone ha fatto assassinare Kennedy dalla Cia seguendo forse
inconsapevolmente un vecchio copione scritto dagli specialisti del Kgb,
il film Le Cinque Lune fa assassinare l’anticomunista Aldo Moro
(trasformato da morto in ciò che non è mai stato: un fautore dei
comunisti al governo) da altri killer della Cia.
E adesso
abbiamo il film di George Clooney che calpesta la verità su Joseph
McCarthy il quale sostanzialmente aveva ragione. Niente paranoia,
soltanto buone, vere, autentiche spie sovietiche quando la guerra fredda
stava per diventare calda. A chi ha amato il famoso libro di Mordechai
Richtler «La versione di Barney» ricorderemo che lo scrittore canadese
definisce Joseph McCarthy il più grande critico cinematografico
americano di tutti i tempi, perché fece cacciare da Hollywood i peggiori
registi e sceneggiatori, i quali erano peraltro anche attivisti
comunisti. C'è poi un enorme e disonesto equivoco sulla persona e
l’opera del senatore Joseph McCarthy. E quell’equivoco ci invita a
chiarire un lettore americano, Vic Senise da Palm Beach Gardens, Florida
che protesta perché, dice, persino noi del Giornale non raccontiamo come
stavano le cose. E ha ragione, c'è un equivoco e l’equivoco è questo:
Joseph McCarthy, non fu mai il presidente della Commissione sulle
attività antiamericane, per la semplice ragione che quella Commissione
apparteneva alla Camera dei Rappresentanti, The House, e lui invece era
un senatore. E come senatore presiedeva qualcos'altro: la «Senate
Permanent Subcommittee on Investigations» che aveva lo scopo di
sorvegliare le attività eversive, lo spionaggio e il sostegno agli
agenti sovietici fornito dal non troppo piccolo PcUsa: lo stesso partito
comunista americano che aveva già eseguito dal 1939 al 1941, quando
Hitler e Stalin cominciarono insieme e dalla stessa parte la seconda
guerra mondiale, l’ordine di Mosca di promuove manifestazioni popolari
contro la guerra al nazismo e contro i prestiti americani alla Gran
Bretagna, come ben ricordava Georges Orwell nella sua invettiva contro i
pacifisti. Naturalmente lo stesso PcUsa diventò poi «guerrafondaio»
quando l’Urss fu pugnalata alla schiena dall’ex alleato, e restò uno
strumento notevole della penetrazione sovietica in Usa chiamando a
raccolta gli intellettuali insieme a molti uomini della «Lincoln
Brigade» che avevano combattuto per i repubblicani in Spagna e che
avevano formato i quadri dell’Oss. Alcuni di loro passarono poi
direttamente alla Cia e soltanto con grande fatica alcuni di loro furono
poi individuati come agenti sovietici, senza McCarthy e molti anni dopo.
Dunque
McCarthy non fu mai l’inquisitore dell’Un-American Activities Committee
(Huac) e non praticò mai quella «caccia alle streghe» di cui scrisse
Arthur Miller nel «Crogiolo». Ma dette la caccia, in maniera energica e
con eccellenti risultati, agli agenti sovietici annidati nelle quinte
colonne. Sulla materia esistono molti documentatissimi libri che
ricostruiscono la storia di Joseph McCarthy, il più recente dei quali è
«Treason, Crown Forum Publishing, 2003» di Ann Coulter, ma il primo è
stato «Not without honor», non senza onore, perché la guerra che il
senatore scatenò contro le infrastrutture sovietiche fu una guerra vera
contro un nemico vero che puntava alla distruzione e alla sottomissione
del mondo libero che si era appena liberato del nazismo. Naturalmente
tutto ciò non toglie nulla al fatto che McCarthy al culmine della sua
popolarità pensò di poter forzare le regole e la buona creanza in
politica, cosa tassativamente vietata negli Stati Uniti. La sua
esuberanza, quando assunse un atteggiamento di sfida nei confronti del
Presidente repubblicano Ike Eisenhower causò il suo isolamento politico
e la fine della sua carriera.
Ma il
senatore McCarthy oggi è riconosciuto dagli storici come un vero eroe e
servitore della democrazia, perché non fece una piega di fronte alla
travolgente campagna di stampa di sinistra che si rovesciò, e ancora si
rovescia su di lui e sulla sua memoria: la stessa stampa americana che a
quei tempi si dichiarava pazza del sistema sovietico e che aveva
chiamato Stalin «Uncle Joe», zio Peppe, un po’ come da noi si diceva
Baffone.
15 settembre 2005
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