Il modello Sarkozy
di Vittorio Mathieu
Ideazione di gennaio-febbraio 2007

Soggettivamente la Testimonianza (Témoignage, Editions XO, 2006, pp. 185, euro 18,60) di Nicolas Sarkozy va intesa come una professione di fede: quella che un tempo si chiamava anche “confessione” (come le Confessioni di Sant’Agostino). Oggettivamente va intesa come un manifesto elettorale per le presidenziali del 2007, in cui Sarkozy ha in partenza due competitori pericolosi: la Royale nel partito di opposizione e Chirac nel suo stesso partito. Alla candidata socialista Sarkozy oppone un programma moderno, essendo il socialismo rimasto ancorato a speranze ottocentesche, da cui son derivate continue delusioni. Al potenziale candidato gollista oppone un carattere virile, un sentimento autenticamente francese, di figlio di immigrati: della prima generazione per parte di padre (venuto dall’Ungheria dopo «la drammatica spartizione di Yalta»); di seconda generazione per parte di madre, originaria da una famiglia ebrea di Salonicco. Grazie a ciò, Sarkozy può professarsi autenticamente francese, secondo una tradizione proclamata fin dal 2004 in La Répubblique, les religions, l’espérance.

Per de Gaulle ebbe un’immediata ammirazione fin da quando il generale troncò la chie-en-lit del maggio 1968, mentre la borghesia benpensante si limitava a rabbrividire. Poi, dopo Pompidou, il gaullismo andò degenerando e, d’altro canto, «il mondo è molto cambiato dall’epoca del generale». Tuttavia su parecchi punti il gaullismo «rimane attuale come scelta di tener viva la Francia eterna mediante il movimento e la riforma, piuttosto che con l’immobilismo» (ivi). Sugli atteggiamenti concreti di Chirac Sarkozy si esprime con molta prudenza, perché dopo tutto è un suo ministro, sotto una Costituzione che dà al presidente della Repubblica forti responsabilità in politica estera, e anche interna. Il giudizio di Sarkozy sulla Costituzione gaullista interessa poco il lettore italiano, anche se alcuni suoi punti sarebbero adottabili con vantaggio: ad esempio, l’incompatibilità del mandato parlamentare con le responsabilità di governo. Per coloro che professano «la cultura del risultato» la cronaca di avvenimenti francesi che, per quanto locali, hanno avuto una forte eco anche tra noi è decisiva. In primo luogo la «crisi delle banlieus». Giovani cittadini francesi, perlopiù figli di immigrati educati in regime di laicità e libertà, si sono abbandonati contemporaneamente in varie parti a distruzioni immotivate, in particolare di automezzi. Si sentivano “emarginati” esclusi da una società che, apparentemente, offriva loro possibilità senza paragone migliori di quelle che avrebbero avute se i genitori li avessero fatti nascere nei paesi d’origine, generalmente musulmani. In altre parole, una scuola di liberalismo laico aveva fatto di loro i seguaci di un fanatismo distruttivo. Buona occasione per ripensare le «zone di educazione prioritaria» (Zep) con cui il «pensiero autorizzato» (espressione di Sarkozy per il “politicamente corretto”) ha dimostrato ampiamente la sua incapacità «di reagire altrimenti che con la caricatura, la denuncia e l’indignazione, senza tentar di pensare e di agire diversamente».

Andando a piedi sul luogo dei disordini, Sarkozy si sentì apostrofare da una donna di origine magrebina affacciata a una finestra: «Signor Sarkozy, liberateci da questa racaille (gentaglia)». Naturalmente appena si conobbe questa espressione del pensiero delle banlieus autentiche i titolari del “pensiero autorizzato” presero a dire che Sarkozy definiva “gentaglia” i diseredati.

Più grave la persecuzione giudiziaria dell’affaire Clearstream. Nel 2004 Sarkozy fu accusato di aver percepito tangenti sulla vendita di alcune fregate a Taiwan. La calunnia fu confutata solo nel 2006, a causa della studiata lentezza del giudice competente. Dunque, tutto il mondo è paese, e non meraviglia che Sarkozy deprechi nei magistrati «persone che hanno un potere enorme sulla vita dei loro concittadini senza essere tenuti a rispondere a nessuno». In Italia la responsabilità civile del magistrato è stata sancita da un referendum, ma io mi accontenterei che fosse punita la responsabilità penale, in caso di dolo o di colpa grave. Sarkozy fu accusato, in quelle circostanze, di parlare come Le Pen e di «diffidare della magistratura: inizio di dissoluzione sociale».

La testa di turco di Sarkozy è il “pensiero unico” o “autorizzato”, politicamente corretto, che, come disse bene Del Noce, consiste nel «divieto di far domande». Questo pensiero censorio è assolutamente identico in tutti i paesi occidentali e si fa valere senza restrizioni in particolare da noi. Lo si potrebbe attribuire all’egemonia marxista e gramsciana, ma sarebbe un ignorarne le origini, ben più lontane. Il politicamente corretto nacque dalla rivoluzione francese, che non si presentava come una particolare forza politica contro un’altra, bensì come il bene contro il male, la schiavitù, il dispotismo. All’interno dei buoni potevano sorgere litigi e lotte sanguinose, ma questi dissensi non avevano nulla in comune con la separazione che divideva il popolo dai “nemici del popolo”. Separazione come quella che divide musulmani e miscredenti. I musulmani si dividono continuamente al loro interno, ad esempio tra sunniti e sciiti, e fan saltare con decine di morti le rispettive moschee, ma queste divisioni non hanno nulla in comune con la separazione tra fedeli e infedeli.

Tra i mali che affliggono la Francia Sarkozy – non sciovinista, ma decisamente patriottico – non annovera la convinzione che assegna a la Nation per eccellenza il compito di redimere l’umanità. Rivede molti giudizi, ma non giunge a riconoscere che la presa della Bastiglia, solennizzata ogni 14 luglio, non fu un atto di guerra civile bensì la ricerca di un simbolo che coincise con un delitto: l’uccisione degli invalidi di guerra che difendevano la fortezza (ormai con pochissimi detenuti condannati per reati comuni, ai quali era stata promessa salvezza). Da noi il revisionismo storico è censurato, eppure non è ancora giunto a riconoscere che la vera colpa di Vittorio Emanuele III non fu di non aver firmato lo stato d’assedio nel ’22 – contrari essendo i generali e i prefetti – ma nell’aver firmato la dichiarazione di guerra nel ’15 contro il parere del parlamento, quando ormai era chiaro che cosa fosse divenuta la prima guerra mondiale.

La battaglia però non si sviluppa sul terreno della storia ma dell’azione. Qui dobbiamo «rompere con la menzogna», non meno in Italia che in Francia e molte menzogne derivano dalla tradizione socialista. Molti meriti vanno riconosciuti al socialismo e Sarkozy ne attribuisce in particolare al Front populaire di Léon Blum; ma la prima menzogna con cui occorre rompere è «la specialità dei socialisti francesi di voler distribuire collettivamente ricchezze inesistenti, anziché aiutare ciascuno a crearne. È appunto la pretesa della nostra legge finanziaria per il 2007. Sarkozy ricorda il fallimento della legge delle 35 ore lavorative, in base allo slogan “lavorare di meno per lavorare tutti”. È un mezzo opposto al fine: è un’esperienza fatta dappertutto che i paesi con più disoccupati sono quelli in cui si lavora poco e viceversa. Il lavoro genera ricchezza pecuniaria e il denaro «comanda lavoro» (Smith). Il capitolo quarto potrebbe essere stato scritto da Forza Italia: «la precarietà è una realtà e la sola arma per farla regredire è il cambiamento». Al contrario si privilegia l’immobilismo, si vuol mettere in soffitta la Legge Biagi, si depreca la mobilità e l’elasticità, la capacità di reinserirsi nel ciclo produttivo con attività nuove. Si sanciscono così «nuove diseguaglianze sociali». «La percentuale della spesa pubblica sul pil è la più elevata tra tutti i grandi paesi industrializzati». «Da vent’anni non si cessa di scoraggiare l’iniziativa e punire il successo». «Siamo occupati a creare statuti: statuto della madre isolata, statuto del giovane, dell’handicappato, dell’insegnante, del funzionario […] mentre si dovrebbe occupare il tempo a interessarsi delle persone nella specificità dei loro problemi». Ciò che dice Sarkozy della Francia può ripetersi tal quale per l’Italia.

La morale che si può trarre dagli scritti di Sarkozy è cinica ma realistica. Sarkozy sa che ha bisogno dei voti di musulmani francesi per divenire presidente della Repubblica, e parla di conseguenza. I musulmani, a loro volta, avrebbero bisogno di Sarkozy e di paesi come la Francia per vivere meglio: nei loro vivono malissimo e rischiano la vita. Tuttavia in tutto il mondo i politicamente corretti si alleano con i musulmani per bloccare i tipi come Sarkozy e cercar di distruggere la civiltà occidentale. C’è una globalizzazione che dovremmo combattere: la globalizzazione dell’idiozia.

 

 



Vittorio Mathieu, accademico dei Lincei, presidente del comitato scientifico della Fondazione Ideazione.

(c) Ideazione.com (2006)
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